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Jihadisti in Iraq, il doppio gioco della Turchia

Fra i miliziani jihadisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil) o della Siria (Isis), l’organizzazione legata ad Al Qaeda che in questi giorni sta avanzando a tappe forzate su Baghdad ci sarebbero almeno 3000 turchi, addestrati nei campi della rete internazionale dell’estremismo sunnita in Afghanistan e Pakistan.  E alcuni di loro sarebbero ben pagati, anche fino a 20 mila dollari all’anno. A rivelare un aspetto finora largamente ignorato è stato ieri il quotidiano turco Milliyet, secondo il quale i miliziani turchi sono stati reclutati negli scorsi mesi in diverse città, fra cui Istanbul, Bursa, Ankara, Bingol, Adana, Gaziantep ed Eskisehir. 

L’appeal delle milizie jihadiste sarebbe aumentato tra i giovani estremisti turchi dall’inizio della guerra civile in Siria e con l’arrivo nel paese di migliaia di volontari islamisti da varie parti del pianeta a dare man forte ai vari gruppi in lotta contro l’esercito regolare di Damasco. 
La rivelazione di Milliyet mette di nuovo l’esecutivo turco sul banco degli imputati. Recentemente Erdogan ha messo sia l’Isis sia l’altra organizzazione qaedista che opera in Siria, il Fronte al Nusra, nella lista delle organizzazioni terroristiche, ma a lungo analisti, esponenti politici, giornalisti e addirittura membri della polizia e delle forze armate – poi opportunamente epurati o processati – hanno denunciato l’aperto sostegno di Ankara nei confronti delle bande jihadiste che combattevano nella vicina Siria. Bande che hanno potuto contare su appoggio logistico, finanziamenti e rifornimenti di armi e addirittura su campi di addestramento realizzati nelle regioni turche al confine con Damasco.
L’opposizione laica turca ha più volte accusato il governo di proteggere nei campi miliziani sunniti appartenenti a organizzazioni vicine ad Al Qaeda, fra cui proprio l’Isis, permettendo ai jihadisti di reclutare migliaia di combattenti e mettendo oltretutto a rischio l’incolumità delle popolazioni – alcune delle quali di origine siriana – che vivono alla frontiera dei due paesi.

 Il giornale Milliyet mette in evidenza come gli appartenenti all’Isis abbiano operato in territorio della Turchia per mesi praticamente indisturbati. È il caso di Mazen Abu Mohammad, uno dei miliziani che qualche giorno fa ha attaccato il Consolato turco a Mosul e che lo scorso 16 aprile è stato addirittura curato in un ospedale pubblico della Mezzaluna in seguito ad alcune ferite riportate in azioni terroristiche. 
Ora che 49 ostaggi turchi, tra i quali il console di Ankara a Mosul, sono nelle mani delle bande dell’Isis le accuse di Milliyet rappresentano una tegola non indifferente nei confronti non solo di Erdogan ma anche del suo ministro degli Esteri e braccio destro Ahmet Davutoglu. 

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