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“Flessibilità”. Renzi implora Berlino di dargli una copertura

Repubblica già grida all’”ennesimo successo di Renzi”, quindi possiamo esser certi che si tratti di pura propaganda. Però ci sembra utile andare a guardare meglio cosa si sta trattando in queste ore al vertice di Ypres-Bruxelles, anche per capire cosa ci aspetta nei prossimi anni.

Com’è noto, dopo le elezioni del 25 maggio bisogna rinnovare tutte le cariche dell’Unione Europea e raggiungere un accordo sull’”interpretazione autentica del Trattato di stabilità e crescita”. Si badi bene: come spiega chiaramente persino IlSole24Ore, “Nessuno vuole modificare nella sostanza le regole del Patto di Stabilità e di Crescita”. Da dove nasce dunque quella “tensione”, oppure “scontro” tra Merkel e Renzi di cui parlano alcuni giornali?

Da Renzi, appunto. Che ha un bisogno disperato di far credere che “anche in Europa” quando arriva lui tutti gli dicono “bene, bravo, bis!”. E che quindi tornerà da Bruuxelles avendo “strappato” un via libera tedesco a “più crescita” e “meno stabilità”. Ovvero, una “maggiore flessibilità” nell’interpretazione delle regole.

Le cose stanno decisamente in un altro modo. Quello di cui si sta discutendo è assai meno glorioso. La “flessibilità” – spiegano in molti – nela Ue c’è sempre stata. Almeno da quando Francia e Germania sforarono ripetutamente il 3% nel rapporto deficit/Pil senza che nessuno osasse “sanzionarle”. Anche l’Italia renziana sta godendo attualmente di altrettanta liberalità, sebbene non ne sia stata data ufficialmente notizia; per esempio, nonostante i conti pubblici e le previsioni del governo siano decisamente poco convincenti, in ambito Ue nessuno ha preteso una “manovra correttiva”. Ovvero tagli di spesa mostruosi e aumento delle tasse.

Per quest’anno c’è insomma una “moratoria” nella rigidità, decisa di comune accordo per dar tempo al “ggiovane” Renzi di prendere in mano le redini del paese senza correre il rischio di bruciare in un attimo il suo appeal. Gli 80 euro, per quanto truffaldini, sono stati possibili grazie a questa finestra di flessibilità.

Il problema del governo è non ritrovarsi l’anno prossimo con una procedura d’infrazione per deficit eccessivo in conseguenza di un anno – il 2014 – vissuto senza troppe preoccupazioni. Su questo, sì, Renzi e lo staff diplomatico ai tavoli chiede che Merkel “ci metta la faccia”. Ma è davvero poca roba.

Il passaggio è però indispensabile su due piani. Su quello mediatico, il più semplice da realizzare, perché al governo serve dimostrare che anche in Europa lo stanno a sentire. Su quello finanziario – molto più complicato – perché l’entrata in vigore del Fiscal Compact, già insostenibile, non può essere aggravata da procedure d’infrazione.

Al contrario, la Merkel e Schaeuble hanno bisogno di dimostrare che “le regole non cambiano”. La trattativa in corso è tutta sulle formule linguistiche da usare perché sia chiaro che l’Italia non farà scherzi il prossimo anno, ma che possa anche dichiarare al suo popolino d’aver conquistato “maggiore libertà d’azione”; e sulle garanzie da parte comunitaria sull’assenza di ricadute negative.

Cosa dobbiamo perciò aspettarci? Che Renzi proseguirà l’opera di Monti e Letta, con molta più velocità e capacità di captatio benevolentiae. Con quel tocco di riforme costituzionali che possano mettere al riparo i prossimi governi dal malumore popolare.

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