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Iraq, battaglia furiosa a Tikrit, islamisti a un passo da Baghdad

I miliziani dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis o Isil), continuano la loro avanzata e si sono attestati nelle ultime ore a Mansuriya, nella regione orientale di Diyala nel nord-est del Paese. Le avanguardie del gruppo legato ad Al Qaeda sarebbero ormai a neanche un’ora di marcia dalla capitale irachena.

L’esercito iracheno, sostenuto dall’aviazione militare, è impegnato nelle ultime ore in un’operazione di terra nel tentativo di riprendere il controllo di Tikrit, il capoluogo della provincia settentrionale di Salaheddine caduto lo scorso 11 giugno nelle mani degli estremisti sunniti . Le forze regolari sono entrate nell’Università di Tikrit, 160 km a nord di Baghdad, facendone l’avamposto per lanciare un assalto sul centro città. Gli aspri combattimenti hanno però obbligato migliaia di civili ad abbandonare la propria casa, non solo a Tikrit.
Nell’altra regione passata sotto il dominio del gruppo armato, la provincia di Ninive e il suo capoluogo Mosul, l’Agenzia Onu per i Rifugiati ha riferito della fuga di più di 10.000 persone, in maggioranza delle comunità cristiane, dalla località settentrionale di Qara Qosh, dirette verso la capitale del Kurdistan iracheno, Erbil. A spingere la popolazione del centro situato alle porte di Mosul e di tutta la zona di Hamdaniyah, sono stati alcuni colpi di mortaio sparati sulle abitazioni.
Sfollati che si sommano ad almeno un milione di profughi che hanno abbandonato negli ultimi mesi le loro case per sfuggire alle violenze degli jihadisti che si danno a massacri, esecuzioni sommarie ed angherie.
Secondo le Nazioni Unite, sarebbero stati finora almeno 1.700 i soldati governativi giustiziati sommariamente dai fanatici sunniti e ieri da Tikrit è giunta la notizia che tra l’11 e il 14 giugno i miliziani dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante avrebbero ucciso più di 150 prigionieri.
Nel tentativo di indebolire gli alleati del governo di Baghdad gli islamisti hanno colpito mercoledì il Duroy Hotel di Beirut, attaccando la comunità sciita libanese e sfidando Hezbollah, ed hanno intensificato gli attacchi anche alla frontiera con l’Iran. Da parte sua Teheran ha informato di aver inviato nuovi consiglieri militari in Iraq guidati dal generale Qassim Suleimani, capo delle milizie Quds, unità di élite delle Guardie Rivoluzionarie iraniane.
Anche la Russia aumenta il suo sostegno all’asse tra Teheran-Baghdad-Damasco. Ieri il governo iracheno ha annunciato la firma di un contratto con Mosca per l’acquisto di caccia che arriveranno nel paese già nei prossimi due giorni.
A Baghdad invece sono entrati in azione nelle ultime ore alcuni droni armati statunitensi che hanno sorvolato i cieli della capitale senza però intervenire mentre Washington sembra puntare al rafforzamento dei ribelli siriani cosiddetti moderati, ai quali ieri è stato concesso un nuovo finanziamento di 500 milioni di dollari, nel tentativo di controbilanciare il rafforzamento delle milizie vicine ad Al Qaeda attive sia in Iraq sia in Siria.
Gli Stati Uniti avrebbero deciso anche di accelerare le spedizioni di 800 missili Hellfire in Iraq per fornire una maggiore potenza di fuoco alle forze armate di Baghdad senza esporsi direttamente nel conflitto. La tabella di marcia, confermata dal portavoce del Pentagono John Kirby, prevede un primo invio da 200 missili nelle prossime settimane e i restanti 600 entro la fine di luglio. Oltre ai missili Hellfire, Washington dovrebbe fornire all’esercito iracheno anche due caccia F-16 (ma solo il prossimo autunno), come parte di un accordo che prevede la consegna di 36 di questi esemplari nei prossimi anni.
In questo quadro è stata annunciata per il 1° luglio la prima sessione del Parlamento, eletto lo scorso aprile. Entro 30 giorni i deputati dovranno scegliere un presidente della Repubblica che, a sua volta, avrà due settimane di tempo per riconfermare l’incarico al primo ministro uscente, lo sciita Nouri Al Maliki, la cui formazione ha vinto le legislative ottenendo però una minoranza di seggi. 

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