Pochi giorni fa l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha approvato una storica risoluzione che potrebbe permettere la vigilanza internazionale sul rispetto dei diritti umani da parte delle multinazionali in tutto il pianeta. Una possibilità tutta teorica, tenendo conto del fatto che nella maggior parte dei casi gli stati e anche la stessa Onu risponde e protegge gli interessi delle corporation, ma comunque il fatto che le Nazioni Unite stabiliscano un principio – le multinazionali devono essere controllate e non sono al di sopra della legge – è assai importante. Tanto che quasi tutti i rappresentanti delle grandi potenze occidentali hanno votato contro il progetto di risoluzione, passato giovedì a Ginevra con 20 voti favorevoli, 14 contrari – tra questi l’Unione Europea e gli Stati Uniti – e 13 astensioni. Approvando la risoluzione le Nazioni Unite si sono impegnate a creare un gruppo di lavoro con i diversi governi per creare un quadro legislativo e un trattato che permetta ai singoli stati di supervisionare il rispetto dei diritti umani da parte delle corporation.
“L’idea è creare un trattato vincolante per tutte le multinazionali affinché non possano violare i diritti umani nei paesi che lo ratifichino. Ora iniziano i negoziati, è una cosa che non ha precedenti. Prima esistevano solo norme che proteggevano gli interessi degli investitori, come i Trattati di Libero Commercio, ma non c’era nessuna norma vincolante nel diritto internazionale rispetto alle violazioni da parte delle multinazionali. Ci sono molti casi in cui si è cercato di portare le aziende davanti ai tribunali dei singoli paesi ma per limiti vari non ci si è riusciti” spiega Diana Aguiar, ricercatrice del Transnational Institut, una delle realtà promotrici dell’iniziativa insieme a un vasto arco di forze ecologiste, ong e paesi del Sudamerica.
Il trattato dovrebbe permettere – gli Stati che lo adottassero avrebbero due anni di tempo per metterlo in pratica a partire dal 2015 – di proteggere i lavoratori da condizioni di supersfruttamento e schiavitù, i minori, le donne, garantendo condizioni di lavoro minimamente accettabili. Ma secondo la Aguiar la norma permetterebbe anche di tutelare l’ambiente e gli ecosistemi dalla rapacità delle multinazionali.
Tra i paesi che hanno votato a favore della risoluzione proposta ufficialmente dall’Ecuador e dal Sudafrica ci sono la Cina, la Russia, Cuba, l’India e il Venezuela, mentre contro quella che viene denunciata come un’ingerenza indebita della politica nelle questioni economiche si sono pronunciati non solo i rappresentanti di Ue e Stati Uniti, ma anche della Germania, della Francia, della Gran Bretagna. E anche il rappresentante italiano non ha fatto mancare il suo sostegno agli interessi delle multinazionali e delle banche invece di sostenere un’iniziativa che almeno potenzialmente potrebbe consentire di frenare gli abusi delle corporation e degli stati conniventi con esse. Di fatto a bocciare la risoluzione, chiarisce la Aguiar, sono stati quei paesi dalle quali provengono la stragrande maggioranza delle multinazionali che operano sul mercato mondiale. “La rappresentante di Londra ha criticato la risoluzione perché a suo dire potrebbe disincentivare gli investitori dall’investire nei paesi del sud del mondo” denuncia la ricercatrice intervistata dal quotidiano Publico. Comunque per ora alcune centinaia di organizzazioni che operano per la difesa dell’ecosistema e dei diritti umani in tutto il mondo si godono la vittoria parziale. Sapendo che per trasformare la risoluzione in qualcosa di più effettivo dovranno continuare le mobilitazioni e le pressioni nei confronti delle stesse Nazioni Unite e dei singoli governi.
In ballo c’è una posta in gioco molto alta, soprattutto per i popoli e i paesi del sud del mondo. “Comincia a farsi strada anche all’Onu l’idea che non necessariamente le imprese debbano essere difese a spada tratta dai governi dei paesi in cui esse sono basate – spiega la Aguiar – Nel caso della Chevron (autrice di una contaminazione della giungla amazzonica in Ecuador alla base di un annoso contenzioso internazionale, ndr) le vittime hanno vinto il processo ma prima della sentenza la Chevron è fuggita dal paese e quindi i tribunali di Quito non hanno potuto rivalersi sulle sue proprietà per risarcire le vittime. Se si approva il trattato di cui siamo promotori, in un caso simile lo Stato potrebbe espropriare parte delle proprietà di una multinazionale per sostenere le rivendicazioni delle popolazioni colpite”
Durante la scorsa settimana, per sostenere l’approvazione della risoluzione, da diversi paesi le organizzazioni sociali, i movimenti indigeni, le ong hanno presentato nel corso di un’udienza speciale del Tribunale Permanente dei Popoli di Ginevraben 12 casi di violazioni sistematiche dei diritti umani da parte delle multinazionali. Tra questi, quelli della società petrolifera Chevron-Texaco in Ecuador e della Shell in Nigeria, dell’israeliana Mekorot in Palestina, della multinazionale mineraria anglo-svizzera Glencore Xstrata in 7 diversi paesi, della Lonmine in Sudáfrica o della Coca Cola in Colombia, e infine della impresa spagnola Hidralia in Guatemala.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa
Federico
Molto bene, interessi diversificati possono depotenziare i cartelli . Poi se ne creeranno altri, almeno nel frattempo però qualcosa si ratifica. Per quello che verrà applicato!