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Ucraina: partito l’assalto a Lugansk, giornalista torturato e ucciso

Sta tentando di bruciare le tappe il regime di Kiev, lanciando il proprio esercito contro le due grandi città ribelli dell’est dopo aver conquistato nei giorni scorsi le importanti posizioni di Slaviansk e Kramatorsk, a lungo roccaforti dell’opposizione antigolpista.
Dopo aver intensificato nei giorni scorsi i raid via terra e soprattutto i bombardamenti con i mortai e i caccia su alcuni quartieri di Donetsk e Lugansk – causando un nuovo bagno di sangue e incassando comunque la perdita di numerosi soldati – ieri pomeriggio le agenzie di stampa locali hanno battuto la notizia dell’inizio dell’assalto vero e proprio. Obiettivo dell’attacco con una consistente colonna di mezzi blindati e carri armati è stata Lugansk, dove le forze lealiste sono riuscite a sbloccare il locale aeroporto, da settimane assediato dalle milizie. «Abbiano notizie di un’offensiva proveniente dalla città di Aleksandrovka e messa in atto con il sostegno di 50 blindati e due caccia» ha riferito un portavoce delle autodifese popolari della città assediata. Ieri venivano segnalati violenti combattimenti dopo che le truppe di Kiev che hanno attaccato da sud e da ovest, ha riferito il capo militare dei ribelli Igor Strelkov, secondo cui sarebbero entrate in azione a Lugansk anche forze speciali scese a terra dagli elicotteri.
L’esercito di Kiev ha anche attaccato nuovamente Maryinka, sobborgo di Donetsk, servendosi di missili Grad, blindati e sistemi di artiglieria. Tra i feriti anche un operatore dell’agenzia di stampa Anna-News. Le milizie di autodifesa avrebbero perso ieri 30 combattenti, caduti sotto il fuoco dell’artiglieria dell’esercito ucraino nel villaggio di Aleksandrovka, nella regione di Lugansk. A renderlo noto è Kostiantyn Knyryk, curatore del centro informazione del ‘Fronte Sudorientale’.

Intanto è di nuovo salita alle stelle la tensione tra i golpisti ucraini e il governo di Mosca dopo che una granata sparata dai militari di Kiev è esplosa in territorio russo distruggendo una casa nella città di Donetsk, nella regione di Rostov, e provocando un morto. “In Russia consideriamo questa provocazione come un atto di aggressione aggiuntivo dell’Ucraina”, ha detto il ministro degli esteri russo mentre il Cremlino ha ieri messo in guardia il regime di Kiev contro “conseguenze irreversibili” se il suo territorio continuerà ad essere oggetto di attacchi.
Ma il portavoce del Consiglio di Difesa e Sicurezza dell’Ucraina, Andrei Lysenko, ha negato che i militari ucraini abbiano rivolto l’artiglieria contro il territorio russo, anche se in realtà non è la prima volta che ciò avviene dall’inizio della guerra civile nel Donbass.
Finora sono oltre 30 mila gli ucraini hanno chiesto lo status di rifugiato o l’asilo politico in Russia: lo ha reso noto il capo del servizio federale per l’immigrazione Konstantin Romodanovsky in un incontro a Mosca con Vincent Cochetel, direttore dell’ ufficio per l’Europa dell’alto commissario per i rifugiati dell’Onu. Circa 500 mila ucraini, ha aggiunto Romodanovsky, hanno invece scelto di stare nelle regioni russe di confine e 130 mila hanno richiesto un soggiorno più lungo.
Scalpore ha destato nelle ultime ore la notizia che Serghei Dolgov, un giornalista di Mariupol (Ucraina orientale) sequestrato il 18 giugno scorso da sconosciuti, é stato ritrovato morto vicino a Dnipropetrovsk (Ucraina centrale). A renderlo noto è stato Konstantin Dolgov, il co-presidente dell’organizzazione antigolpista ‘Fronte popolare Novorossia’, secondo il quale dopo il rapimento il reporter sarebbe stato portato a Dnipopetrovsk e torturato. Dolgov era il direttore del giornale ‘Khaciu’ v Sssr’ (Voglio tornare all’Urss) e raccoglieva informazioni sulle violazioni dei diritti umani delle forze armate ucraine e delle milizie di estrema destra contro gli oppositori politici e le popolazioni del sud-est del paese. 

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