Questa mattina il presidente russo Vladimir Putin e quello ucraino Petro Poroshenko nel corso di una conversazione telefonica diretta avrebbero concordato sulla necessità di un cessate il fuoco nelle regioni orientali teatro da mesi dei combattimenti tra le truppe di Kiev e le milizie popolari del Donbass. Secondo il portavoce di Putin Dmitri Peskov “i due capi di stato hanno concordato sulla necessità di mettere fine quanto prima allo spargimento di sangue nel sudest dell’Ucraina”. Secondo le informazioni diffuse Kiev e Mosca avrebbero deciso anche di cooperare nella somministrazione di aiuti umanitari alla città martire di Lugansk la cui popolazione è assediata da mesi.
A informare la stampa è stato il Cremlino, evidentemente forte del risultato ottenuto sul campo dalle milizie delle Repubbliche Popolari che hanno letteralmente messo in rotta le forze armate ucraine e consigliato al regime di Kiev di tentare la carta delle trattative per evitare che i territori in mano agli insorti si allarghino eccessivamente nei prossimi giorni.
Nelle ultime ore le forti difficoltà dell’esercito ucraino hanno acquisito d’altronde la dimensione di una vera e propria disfatta. Di fatto la città portuale di Mariupol, sul Mar d’Azov, e quasi del tutto circondata dalle milizie della Novorossija e alcune centinaia di militari ucraini e di membri della Guardia Nazionale sono bloccati: “Le milizie controllano l’autostrada Donetsk-Mariupol escluso il villaggio di Manhush che rimane sotto controllo delle forze ucraine. Tutte le strade che portano a Mariupol da altre città sono pienamente sotto il controllo delle milizie. A Mariupol rimangono solo alcune unità del ministero degli Interni e i battaglioni Azov e Shakhtarsk“ informa l’ufficio stampa della Repubblica di Donetsk. Gli osservatori dell’Osce, citati dall’agenzia russa Itar-Tass, confermano che le forze di Kiev hanno perso l’aeroporto di Lugansk, distrutto negli scontri di questi giorni e fonti indipendenti hanno confermato anche la caduta delle due cittadine di Komsomolskoye e Telmanovo, a nord di Mariupol. Inoltre per evitare di rimanere imbottigliato una parte dell’esercito di Kiev si è ritirato da altre località della Repubblica Popolare di Donetsk – come Yelenovka, Volnovakha, Marinka e Kurakhovo – ripiegando verso i territori di Zaporozhye e Dnepropetrovsk per evitare un ulteriore sfondamento ad ovest delle milizie.
Vedremo se i colloqui diretti tra l’oligarca Poroshenko e Vladimir Putin porteranno effettivamente ad una sospensione dei combattimenti e all’inizio di un processo negoziale che metterebbe sul piatto una forte autonomia delle regioni di Donetsk e Lugansk (Mosca spinge per una Ucraina federalizzata ma gli insorti parlano di una quasi completa indipendenza). Comunque uno schiaffo sonoro per il regime nazionalista ucraino nato dal golpe di febbraio.
D’altronde se i combattimenti dovessero continuare, la tenuta dell’esercito ucraino è assai dubbia. A lanciare l’allarme era stato nei giorni scorsi il giornale tedesco Der Spiegel che aveva scovato un rapporto ‘segreto’ dell’Alleanza Atlantica secondo il quale con l’inizio dell’offensiva scatenata dalle milizie popolari una decina di giorni fa il destino della cosiddetta operazione ‘antiterrorista’ lanciata dal regime di Kiev era ormai segnato. Per questo la Nato avrebbe improvvisamente deciso di aumentare la militarizzazione del confine della Federazione Russa con la creazione di altre cinque basi militari – in Polonia, Romania, Lituania, Estonia e Lettonia – di formare una Forza di Reazione Rapida forte di 4000 uomini da dislocare nell’Europea Orientale (con una esplicita funzione antirussa) e addirittura di mandare un corpo di spedizione di 10 mila uomini a Kiev. Un muro contro muro al quale Putin non potrà non rispondere e quindi segno di debolezza da parte della Nato – che preferisce tenersi l’ovest dell’Ucraina a costo di aumentare il livello dello scontro con Mosca – e non certo di stabilità e forza. Secondo il rapporto interno ‘scovato’ da Der Spiegel, da solo lo schieramento delle forze Nato ai confini della Russia non sarebbe bastato a salvare Poroshenko e soci. “Al massimo l’Ucraina potrà implorare spazi di manovra politici, ma militarmente la guerra che Poroshenko e il suo ministro della Difesa Valeriy Heletey definiscono ‘senza precedenti dal secondo conflitto mondiale’ l’hanno già persa” avrebbe detto un alto ufficiale Nato al comando dell’alleanza.
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