Dopo essere scesi in campo tutti uniti, sostenuti dal “terrorismo” mediatico fatto da grandi banche e gruppi finanziari, per sostenere il no al referendum sull’indipendenza scozzese, i leader dei principali partiti inglesi iniziano a sparare le proposte per la prossima campagna elettorale.
I sondaggi danno per favorito Ed Miliband, candidato laburista, avvantaggiato, più che dai meriti personali, dalla pessima gestione Cameron e dalla situazione ormai invivibile per le classi meno abbienti.
Risalgono a poche settimane fa i sondaggi che attestano il livello della povertà relativa al 23,2%. Tra coloro che hanno una casa, invece, essa si attesta addirittura al 33%, e i tre quarti delle persone incluse in questa percentuale lavorano più di otto ore al giorno. Quello che ci viene spacciato quotidianamente come un modello che funziona egregiamente, poiché il mercato del lavoro svincolato da qualunque tipo di tutela del lavoratore dovrebbe permettere di aumentare la produttività ed attirare investimenti, mostra in realtà tutte le proprie debolezze. E d’altronde, per capire la falsità di quest’immagine dell’Inghilterra come terra di opportunità straordinarie, basta farsi un giro nelle periferie di Londra, dove milioni di persone lavorano per garantirsi una sopravvivenza al di sotto della soglia della decenza, vivendo in case fatiscenti e sovraffollate, lontanissime dai luoghi di lavoro. Dall’altro lato, è sempre di pochi giorni fa l’annuncio che il tasso di disoccupazione è sceso ai livelli del 2008; tuttavia, anche i peggiori quotidiani si sono trovati costretti a rimarcare che le modalità del calcolo di tale tasso sono quantomeno discutibili, dato che si considerano come occupati anche coloro che lavorano poche ore a settimana. Si aggiunga che invece i salari non sono cresciuti affatto allo stesso ritmo del costo della vita, aumentando la massa di persone sotto la soglia della povertà e incrementando le disuguaglianze tra ricchi e poveri.
Questi pochi dati per provare a dare un quadro, delineato solo da numeri, della situazione del Regno Unito.
Intanto il 7 maggio 2015, data delle elezioni, si intravede all’orizzonte, e quindi cominciano le prime dichiarazioni dei candidati dei vari partiti.
È chiaro che le questioni scottanti, su cui si giocherà la campagna sono prevalentemente due: il tema dell’immigrazione e il tema del deficit, correlato alla spesa pubblica per il welfare.
Un Miliband piuttosto incolore si concentra sull’aumento della spesa per il servizio sanitario nazionale, senza toccare il tema del deficit e dell’immigrazione, su cui deve ancora decidere cosa fare. Considerati il crescente razzismo e l’intolleranza per gli stranieri, Miliband sarà “costretto” a proporre una stretta sulla politica dell’immigrazione (peraltro modificata solo un anno fa). Ciò che ancora non si è compresa è la portata di tale maggiore rigidità: il partito laburista non vuole infatti spingersi su posizioni così estreme che gli permetterebbero di recuperare i voti che stanno andando ai nazionalisti xenofobi dell’Ukip, poiché questo causerebbe un’emorragia di consensi a sinistra.
Le dichiarazioni più martellanti arrivano però dall’attuale presidente Cameron e dal suo partito, che sentono la pressione a destra dell’Ukip.
Le proposte sono un mix estremamente aggressivo di misure dirette contro gli strati meno abbienti e contro gli immigrati.
I progetti principali riguardano il congelamento per due anni dei sussidi per la disoccupazione e il taglio di tutti i sussidi agli immigrati che non parlano inglese. La dose è rincarata dalle sparate sulla Corte Europea dei Diritti Umani: sostenendo che la politica inglese, su argomenti come il terrorismo, non può più essere vincolata dalla Corte, si propone di cambiare lo status di tali sentenze, che dovrebbero diventare meramente “consultive”. Al di là dell’assurdità dell’affermazione, che rende quasi difficile riportarla in una maniera sensata, ci limitiamo a ricordare che la corte di Strasburgo ha da sempre assunto una linea estremamente prudente, che le ha anche causato severe critiche, specie sui diritti degli immigrati. Giusto per fare un esempio, come dimenticare l’affermazione della prevalenza del diritto di uno stato ad escludere gli stranieri dal proprio territorio (diritto umano?!?) rispetto ad altri diritti umani basilari.
Senza giri di parole si afferma inoltre letteralmente che le tasse non devono essere aumentate, perché questo consisterebbe nell’accrescere le “spese delle persone maggiormente benestanti”.
Nel Regno Unito, dove prevalgono la logica della competizione sfrenata e quella calvinista, che considera la povertà come una colpa, non ci si vergogna affatto ad ammettere di perseguire l’obiettivo che da noi in Italia si cerca di raggiungere più velatamente, con mistificazioni tra il ridicolo e il disgustoso.
Ultima proposta è un’ulteriore rigidità sulla politica migratoria poiché, si sostiene, l’enorme massa di lavoratori immigrati disposti di accettare qualunque lavoro a qualunque prezzo fa abbassare i salari degli inglesi.
Infine l’Ukip di Farage, che continua a registrare un aumento di consensi, si concentra su proposte estremamente nazionalistiche legate alla chiusura delle frontiere e al referendum per l’uscita da destra dall’UE. La proposta, ovviamente subito osteggiata dai grandi gruppi finanziari, che temono l’incertezza negli scambi con il blocco continentale che rimane il maggior partner economico per Londra, è concentrata quasi esclusivamente sull’ossessione xenofoba e razzista: non sono infatti messi in discussione il ruolo dell’UE o le sue politiche lacrime e sangue, tanto più che al contempo si cerca di rassicurare gli investitori proponendo trattati di libero scambio, che non prevedano però la libertà di movimento per le persone. Insomma, libertà per i capitali, non per le persone.
Possiamo dire che anche in Gran Bretagna si manifesta la tendenza dell’Europa continentale: più o meno sparita qualunque proposta di “sinistra”, qualunque visione alternativa del mondo, i partiti appaiono schierati sulla medesima linea di fuoco, che ha come obiettivo classi popolari e immigrati. La dicotomia tra proposte nazionalistiche e semplicemente conservatrici è solo apparente: come già affermato dai Wu Ming nell’eccellente analisi del nostrano Movimento 5 Stelle, non vi è nessuna reale diversità sulle proposte di società e dell’equilibrio tra capitale (qua soprattutto finanziario) e lavoro.
*Da Londra
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