Durante l’ultimo fine settimana Ferguson è tornata in voga sui giornali grazie a #FergusonOctober, una quattro giorni di iniziative, incontri e manifestazioni che hanno portato per le strade della località e di tutta St. Louis migliaia di persone. Giovani di ogni colore (principalmente studenti universitari) e provenienti da ogni angolo degli Stati Uniti si sono ritrovati in Missouri per rilanciare un movimento nazionale per ottenere giustizia per Michael Brown e contro la Police brutality: una piaga troppo poco discussa sui giornali nostrani e con cui gli USA prima o poi dovranno fare i conti. Una piaga che colpisce principalmente le minoranze ed in particolare gli Afro-americani. Da uno studio del Malcom X Grass-root movement viene fuori che le forze di polizia e di sicurezza statunitensi uccidono una persona di colore ogni 28 ore, e che l’80% delle vittime è disarmato. Una piaga che non fa eccezioni geografiche: dopo l’assassinio di Micheal Brown, 18enne nero, che ha rappresentato la scintilla della rivolta di Ferguson, l’8 ottobre un’altra giovane vita, quella del 17enne Vonderrit Myers, residente di St. Louis a pochi chilometri da Ferguson, è stata stroncata dalle forze di polizia che hanno sparato contro il ragazzo ben 17 volte.
La quattro giorni è stata organizzata da “Hands Up United”, un gruppo che racchiude la parte più riformista della rivolta di Ferguson e che quindi è stata scelta dai media come volto di una mobilitazione portata avanti anche da frange più radicali. Il fine settimana è stato ricco di eventi e di discussioni che hanno raggiunto l’apice con una manifestazione molto partecipata che ha sfilato pacificamente per le strade di St. Louis terminando con una serie di interventi realizzati da alcuni dei protagonisti dell’eroica rivolta di Ferguson. Poi una serie di manifestazioni che hanno avuto come epicentro la stazione di polizia di Ferguson reclamando a gran voce l’arresto di Darren Wilson, il poliziotto che ha sparato a Michael Brown, e le dimissioni del capo di polizia, entrambi bianchi in una comunità composta per il 70% da afro-americani. Molti degli attivisti arrivati in città per il fine settimana hanno pernottato di fronte la stazione di polizia con un accampamento in stile Occupy. Altro obiettivo della protesta era quello di ottenere le dimissioni del sindaco di Ferguson, anche lui bianco come d’altronde la grande maggioranza dei dirigenti delle istituzioni della città.
Come da tradizione nella sinistra americana, sono stati molti i nomi altisonanti e celebri accorsi in solidarietà con Ferguson. E non è mancata neanche la possibilità di farsi ritrarre in pose eroiche durante gli arresti avvenuti ieri durante un presidio pacifico. Arresti puramente a favore di telecamera che si sono conclusi in non più di qualche ora passata nella stazione di polizia, in perfetto stile statunitense.
Quello che è molto meno rappresentato nei media è l’altra Ferguson. Quella che si incontra nelle strade. Quella che esce di notte. Quella che con la polizia non negozia e non chiede permessi su dove e come protestare. Quella che è la vera forza motrice della rivolta iniziata oltre due mesi fa. Quest’altra Ferguson non è semplicemente fatta di giovani del ghetto che vomitano la propria rabbia. È organizzata e ragiona in maniera strategica ma senza compromessi. Per evitare di essere cooptata nella macchina pacificatrice delle ONG sono nati “Tribe-X” e “las voices”. Due gruppi composti da giovani e giovanissimi, alla guida delle manifestazioni notturne di Ferguson e che, per gran parte, non hanno partecipato alle manifestazioni organizzate durante il giorno.
Questa “Ferguson” si è spostata dalle strade dove Mike Brown è stato assassinato e si incontra nella parte Sud di St. Luis dove mercoledì scorso Vonderrit Mayers è stato ucciso. E si incontra di notte, a cavallo della mezzanotte. Sabato notte oltre 400 compagni hanno tentato di occupare un benzinaio ricevendo un trattamento dalle forze di polizia drammaticamente differente rispetto a quello riservato alla manifestazione pomeridiana. Nonostante una condotta pacifica, i dimostranti sono stati accolti da oltre 300 celerini in tenuta anti-sommossa, decine di volanti e addirittura un veicolo corazzato a prova di mine anti-uomo (!). Nella notte di domenica, a cavallo con le prime ore di lunedì, una folla di oltre 1000 persone ha marciato per le strade silenziose di St. Louis bloccando il traffico in vari incroci e culminando con un’occupazione di una piazza della “St. Louis University”. Alla guida del corteo non c’erano personalità importanti ma i familiari di Vonderrit Mayers. A mantenere l’ordine nella manifestazione non erano poliziotti ma i peace-keepers della ‘Islam Nation’.
A Ferguson la rabbia nelle strade è forte e non si placa. Ed anche il motto “”Hands up, don’t shoot”, dall’enorme potere evocativo, iniziare ad andare stretto ad alcuni. E c’è chi inizia già a gridare “hands up, shoot back!”.
* Dagli Stati Uniti
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