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Poroshenko stringe l’assedio sul Donbass e minaccia Mosca: “pronti a guerra totale”

Kiev preme l’accelleratore dello scontro frontale con Mosca, spalleggiata da Stati Uniti e Unione Europea. “Siamo preparati ad una guerra totale con la Russia” ha detto ha detto l’oligarca ucraino, Petro Poroshenko, che oscilla tra dichiarazioni concilianti e frasi del genere. Il presidente golpista in un’intervista pubblicata dal tabloid tedesco Bild ha pure detto di “non essere preoccupato di una guerra con le truppe russe. (…) Non vogliamo la guerra, vogliamo la pace e stiamo combattendo per valori europei. Ma la Russia non rispetta alcun accordo». Lo sgangherato esercito ucraino non riesce a tenere testa neanche a poche migliaia di miliziani delle Repubbliche Popolari nell’est ribelle, figurarsi combattere con l’esercito russo. Ma le dichiarazioni belliciste di quello che passa ancora come un “moderato” ben rendono il clima che si respira tra i nazionalisti di Kiev, coccolati e manovrati da una Nato che spinge per aprire basi militari sul territorio ucraino e per stringere l’assedio alla Russia accerchiata dal Baltico all’Afghanistan. A muovere la bocca è Poroshenko, ma a parlare sono i responsabili dell’Alleanza Atlantica, quando l’oligarca afferma che ora Kiev sarebbe meglio preparata ad affrontare l’offensiva dei separatisti: «Il nostro esercito é ora in uno stato migliore rispetto a 5 mesi fa e siamo sostenuti dal mondo intero», cioè dall’Occidente che in queste ore ha deciso di allungare la lista dei leader politici e militari del Donbass colpiti da sanzioni, mentre Mosca da parte sua ha espulso “per attività incompatibili con il loro incarico” alcuni funzionari delle ambasciate di Polonia e Germania. Se è vero che per ora l’Unione Europea ha escluso nuove sanzioni contro la Federazione Russa – che d’altronde avrebbero effetti più dannosi sull’economia europea che su quella di Mosca – la cancelliera di Berlino a Sidney, nel corso del G20, ha pronunciato contro Putin un discorso di fuoco. “Qui non si tratta solo dell’Ucraina. Si tratta della Moldavia, della Georgia e, se si va avanti così, ci si può chiedere se ci si debba interrogare anche sulla Serbia e sugli stati dei Balcani dell’ovest” ha accusato Angela Merkel. “La Russia porta avanti un vecchio ragionamento per cui l’Ucraina rientra nella sua sfera di influenza. Dopo l’orrore della seconda guerra mondiale, e la fine della guerra fredda, questo rimette in questione tutto l’ordine di pace europeo” ha detto la premier tedesca dimenticando che è stata l’Ue, insieme agli Stati Uniti, a sostenere un golpe a Kiev per rovesciare un governo legittimo e imporne uno prono ai suoi interessi. Assai significativa un’altra affermazione di Angela Merkel, secondo la quale “La storia ha dimostrato che i conflitti regionali possono convertirsi rapidamente in un incendio”, esattamente quanto vanno dicendo coloro che – Contropiano è tra questi – denunciano l’espansionismo europeo e statunitense ad est e l’irresponsabilità degli apprendisti stregoni che rischiano di precipitare il mondo in una guerra di dimensioni devastanti. 

Intanto sul campo, in attesa di “sbaragliare l’esercito russo”, i militari di Kiev continuano a bersagliare le case di Donetsk e Lugansk con mortai e cannoni, provocando un numero crescente di vittime civili, e subendo comunque attacchi sanguinosi da parte dei volontari delle Repubbliche Popolari che sono assai più combattivi e determinati – difendono le loro case e le loro comunità – e infliggono all’esercito e ai battaglioni punitivi pesanti perdite. “Nella giornata odierna otto soldati sono morti e otto sono rimasti feriti da spari o dall’esplosione di ordigni artigianali” ha informato poche ore fa Vladyslav Seleznyov, portavoce dell’esercito ucraino.
A fare scalpore, ma non sulla stampa italiana, è stato lo sterminio qualche giorno fa di un’intera famiglia – padre e madre trentenni e i due figli di otto e cinque anni – centrati da un missile Grad sparato dai governativi contro le aree residenziali della città di Gorlovka, mentre altri civili inermi sono morti nel bombardamento di una clinica oste­trica a Pervomaijsk. Durante il finesettimane decine tra soldati ucraini e miliziani della Nuova Russia sarebbero rimasti uccisi nei durissimi combattimenti avvenuti per il possesso di ciò che rimane dell’aeroporto di Donetsk. Visto che non riescono a prevalere sul piano militare, i nazionalisti di Kiev cercano di strozzare le popolazioni insubordinate del Donbass per fame, stringendo ancora di più l’assedio contro alcuni milioni di persone rimaste all’interno delle Repubbliche Popolari. La rappresentante degli Stati Uniti all’Onu Samantha Power riprende gli slogan degli ambienti più reazionari del governo ucraino sostenendo la necessità di sigillare il confine tra Russia e regioni orientali dell’Ucraina, dai quali passano certamente armi e rifornimenti ma anche cibo, medicine e attrezzature fondamentali per la sopravvivenza di una popolazione stremata. Nel frattempo alcuni giorni fa il “moderato” Poroshenko ha firmato un decreto che impone il blocco economico totale del Donbass, misura accolta come “atto di genocidio” dal presidente della Repubblica Popolare di Lugansk, Igor Plot­ni­tskij.
Il presidente ha ordi­nato a magistrati e funzionari di eva­cuare la zona interessata dalla cosiddetta “operazione antiterrorismo” (cioè dal terrorismo di stato ucraino), di trasferire i detenuti e di interrompere le operazioni bancarie, avver­tendo il Con­si­glio d’Europa sulla sospen­sione dei diritti dell’uomo da parte ucraina nella zona del conflitto, dopo che da mesi il governo centrale ha completamente bloccato il pagamento di stipendi e pensioni a centinaia di migliaia di persone.
Nel Don­bass intanto, continuano a singhiozzo gli scambi di prigionieri tra le due parti. 

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