Prosegue la marcia forzata del nuovo governo ellenico che nelle scorse ore ha deciso la destituzione dei vertici dell’agenzia per le privatizzazioni varata dai precedenti esecutivi. A riferirlo é stato l’amministratore delegato dell’ente, Paschalis Bouchoris, spiegando che il vice ministro delle Finanze, Nadia Valavani, ha chiesto a lui e al presidente dell’agenzia Emmanuel Kondylis di dimettersi immediatamente. Il vice ministro, ha spiegato Bouchoris, “ci ha spiegato che il piano di privatizzazioni verrà chiuso e quindi non avrebbe senso che l’agenzia prosegua le attività nella sua forma attuale”. L’obiettivo del governo di Alexis Tsipras, riferiscono i media greci, è metter fine alla politica di “svendita da cessata attività. D’ora in poi le privatizzazioni saranno realizzate solo se porteranno nuovi posti di lavoro e rilanceranno l’economia”.
Una delle prime decisioni del nuovo governo greco è stata martedì il congelamento delle privatizzazioni della compagnia elettrica DEI (che è in attivo e alla quale è interessato il Gruppo italiano Terna), delle ferrovie, delle raffinerie della Hellenic Petroleum, delle società di gestione degli aeroporti regionali e di importanti porzioni dei porti del Pireo e di Salonicco, misure imposte dalla troika in cambio degli aiuti finanziari. Dopo l’annuncio che sarebbe stata bloccata la vendita, già avviata, alla cinese Cosco del 67% del capitale della compagnia che gestisce il porto di Atene, venerdì Tsipras ha annunciato che verranno invece rispettati gli accordi già siglati con Pechino e il suo maggior gruppo di trasporto marittimo. Il parziale passo indietro è stato comunicato dal ministro dell’Economia Giorgos Stathakis, il quale ha assicurato che il nuovo esecutivo greco “porterà avanti gli accordi del precedente governo”. “Abbiamo contatti molto stretti con la Cina” – ha spiegato il neo-ministro greco – “le cose sono molto chiare e siamo favorevoli a procedere con le iniziative già avviate”. Il via libera a proseguire gli accordi esistenti è arrivato anche dal ministro della Marina Mercantile, Theodoros Dritsas, che pure appena insediatosi aveva dichiarato la volontà del nuovo esecutivo di cancellare la privatizzazione dello scalo marittimo che già possiede due terminal container del Pireo. Il 30 gennaio durante la conferenza stampa di ruotine, la portavoce del ministero degli Esteri cinese Hua Chunying ha affermato che la parte cinese ha apprezzato il dietrofront di Tsipras. Da quando la Cosco ha acquistato una parte del porto di Atene il traffico di container è aumentato di ben 8 volte facendo del Pireo uno degli scali commerciali più importanti di tutta l’Europa.
Sul fronte del lavoro, in controtendenza con il precedente governo Samaras, il vice ministro greco per la Riforma amministrativa, Giorgos Katrougalos, ha informato di voler discutere un nuovo piano di valutazione del personale del settore pubblico con i responsabili del sindacato Adedy. Parlando alla TV privata Skai, Katrougalos ha detto che il nuovo sistema di valutazione non funzionerà in maniera punitiva come in passato, quando era finalizzato a licenziare i lavoratori, ed ha sottolineato che saranno annullati i licenziamenti effettuati attraverso il vecchio programma di messa in mobilità, risultati illegali o condotti in modo anti-costituzionale. Ciò significa – ha concluso Katrougalos – che circa 3.500 dipendenti statali saranno reintegrati al loro posto, soprattutto le addette alle pulizie nei ministeri, i custodi scolastici e gli insegnanti di educazione tecnica, da un anno e mezzo protagonisti di occupazioni, manifestazioni e presidii. «Penserò soprattutto a chi ha perso il lavoro come le donne delle pulizie al ministero delle Finanze e non agli spread» aveva promesso il neo ministro delle Finanze Yanis Varoufakis.
Da parte sua il vice-ministro della Prevenzione sociale, Dimitris Stratoulis, ha assicurato che i pagamenti delle pensioni saranno garantiti, dopo una dichiarazione ad un canale televisivo del segretario generale del suo ministero che aveva invece espresso preoccupazione per il flusso di denaro destinato alle pensioni di marzo.
Sul fronte del confronto-scontro tra governo ellenico e Unione Europea, si alternano dichiarazioni concilianti ad altre assai sprezzanti.
«Nonostante il fatto che ci siano differenze di prospettiva, sono fiducioso che presto riusciremo a raggiungere un accordo reciprocamente vantaggioso, sia per la Grecia che per l’Europa» ha fatto sapere Alexis Tsipras tramite l’agenzia Bloomberg. «Nessuno vuole un conflitto e non è mai stata nostra intenzione di agire unilateralmente sul debito greco – ha spiegato -. Il mio obbligo, di rispettare il chiaro mandato del popolo greco di porre fine alle politiche di austerità e il ritorno a un programma di crescita, in nessun modo implica che noi non adempieremo i nostri obblighi verso la Bce o l’Fmi». «Al contrario, significa che abbiamo bisogno di tempo per respirare e creare il nostro programma di recupero di medio termine, che tra le altre cose incorporerà gli obiettivi di bilanci in pareggio e riforme radicali per affrontare l’evasione fiscale, la corruzione e le politiche clientelari» ha concluso il neo primo ministro.
Nei giorni scorsi anche il vice-premier Yannis Dragasakis era stato relativamente concilante, assicurando che il suo governo «non vuole la rottura ma nemmeno la continuazione di una politica che conduce alla catastrofe» e che «sta preparando una lista per nuovi investimenti».
Invece Varoufakis lo era stato assai meno quando aveva affermato che la troika è illegittima e che quindi il suo esecutivo avrebbe cessato ogni trattativa con essa. “Con la volontà di cooperazione totale cercheremo di convincere i partner – che siano la Finlandia, il Portogallo o la Germania – che elaborare un “New Deal” nell’eurozona è nell’interesse dell’Europa”, ha dichiarato il ministro durante una conferenza stampa organizzata ad Atene al termine del gelido incontro con il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem. “Lavoreremo con le istituzioni europee e con Fmi ma non abbiamo intenzione di cooperare con una Troika che ha come obiettivo un programma di salvataggio che considertiamo anti-europeo.
Da parte sua il presidente del Parlamento europeo, il socialdemocratico, Martin Schulz, ha definito “irresponsabile” il rifiuto di Atene di lavorare con gli ispettori della Troika (Bce, Ue e Fmi) incaricati di verificare – in realtà di imporre – l’attuazione da parte di Atene delle misure proposte in cambio di una nuova tranche di prestiti: privatizzazioni, tagli al welfare e a pensioni e salari, aumento dell’età pensionabile. “Se il governo greco non vuole più nei fatti lavorare con i suoi creditori sulle basi attuali, lo trovo irresponsabile” ha detto Schulz al quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung. Secondo Schulz inoltre la rinegoziazione del debito greco può avvenire solo “attraverso il consenso e non con la provocazione”. “Possiamo giungere a un compromesso, ma non ci sono garanzie” ha detto Schulz. “La situazione è delicata, ma non disperata”. E stamattina la cancelliera tedesca Angela Merkel ha escluso un taglio de debito greco, dicendo al quotidiano Hamburger Abendblatt: “Ci sono stati già condoni volontari da parte di creditori privati, le banche hanno già annullato miliardi di debito greco”.
In molti si chiedono come Tsipras intende affrontare il negoziato con la troika. Allo stato appare evidente che il premier ellenico non abbia nessuna intenzione di rompere con i creditori internazionali e neanche ad abbandonare il diktat del pareggio di bilancio. Il governo di Atene mira insomma a investire circa 11 miliardi nel sociale e nel welfare pur senza accumulare nuovo debito pubblico, anche se per fare questo dovrà rinunciare a quel surplus di bilancio (attualmente al 4.5%) che è un altro dei punti sul quale la Troika insiste per concedere nuovi aiuti finanziari. Secondo il nuovo esecutivo di Atene è impensabile che il paese possa ridurre ora il debito greco, salito dal 130% al 177% del Pil (circa 330 miliardi di euro) in soli sei anni proprio grazie alle ricette di Ue e Fmi. Se e quando il debito potrà essere ripagato, afferma Tsipras, dipenderà dalla possibilità per il suo esecutivo di realizzare consistenti e indispensabili investimenti pubblici per ridurre una emergenza sociale ormai devastante. La proposta di Syriza è quella di agganciare un eventuale pagamento almeno degli interessi se non del debito in quanto tale – di cui Atene chiede comunque una riduzione – alla crescita dell’economia del paese e al calo della disoccupazione.
Una strategia che punta sul fatto che alcuni paesi importanti dell’Unione Europea – in particolare Italia e Francia – sostengano almeno in parte le richieste di Atene in nome di un allentamento dei vincoli di bilancio e di riduzione di quella austerità che finora ha avvantaggiato solo Berlino e i suoi satelliti e che invece sta letteralmente affondando Roma e Parigi dopo aver fatto tracollare tutti i Piigs.
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