Minsk, il giorno dopo. Le paure – per alcuni la certezza – che la tregua non duri, sono molte, già prima che cominci il cessate il fuoco, fissato tra poche ore, mentre in tutto il Donbass si combatte e si muore.
In primo luogo la sacca di Debaltsevo dove sono accerchiati dai ribelli tra 6 mila e gli 8 mila soldati e volontari ucraini, con il rischio che, se le munizioni per loro finissero prima della tregua, potrebbe diventare un vero macello. E poi la questione della pilota Nadezhda Savchenko: icona ed eroina per gli ucraini, ma accusata di concorso in omicidio da un tribunale russo per l’uccisione di due giornalisti della tv statale.
A riconoscere le difficoltà è lo stesso Cremlino attraverso lo stile “sussurrato” del portavoce di Vladimir Putin Dmitri Peskov: “La possibilità teorica della rottura degli accordi di Minsk esiste”, ha spiegato, anche se “l’ok dei leader del quartetto normanno è già il massimo livello di garanzia” per le intese raggiunte dal gruppo di contatto.
Difficile anche capire quanto sia stato il non detto ieri e oggi da Putin e Poroshenko davanti ai microfoni. E se davvero hanno ragione le indiscrezioni che danno come possibile il rilascio della Savchenko in cambio della resa delle truppe a Debaltsevo. Il cammino resta minato, sia letteralmente, sia a livello diplomatico. Da ultimo lo scambio al vetriolo tra il ministro degli Esteri ucraino Pavel Klimkin a cui Mosca ha fatto rispondere dalla vice portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova. Klimkin aveva detto che Kiev non cambierà la Costituzione per far contento il Donbass (in riferimento alla riforma costituzionale che dovrebbe accordare una certa quota di autogoverno alle popolazioni dell’est russofono dell’Ucraina). La Zakharova in diretta su Russkaja Sluzhba Novostej ha detto che Klimkin prima di parlare dovrebbe consultarsi con il suo presidente Poroshenko che evidentemente ha promesso qualcosa di simile durante le 16 ore di negoziati bielorussi.
Le indiscrezioni filtrate dalle negoziazioni parlavano di un Putin abbastanza determinato nel risolvere il problema Debaltsevo, e ieri il presidente russo ha dato istruzioni ai suoi esperti militari di determinare se le truppe di Kiev siano davvero circondate. A giudicare da numerose fonti, nella “sacca” stanno per finire le munizioni. Se gli uomini dell’esercito ucraino non si arrendono, come richiesto prima dell’armistizio, per Kiev sarebbe una disfatta. Il viceministro della Difesa ucraino Petro Mekhed ha accusato i ribelli di voler “alzare al loro bandiera” su Debaltsevo, importante snodo ferroviario teatro delle battaglie più cruente delle ultime settimane, e sul fondamentale porto di Mariupol, più a sud, prima del cessate il fuoco. “L’Ucraina si aspetta un’escalation e sta prendendo tutte le misure necessarie per mettersi sin condizione di replicare” ha detto Mekhed.
Tuttavia rimane aperta la carta dello scambio di prigionieri, tra i quali la pilota Nadezhda. Lo scambio di prigionieri e ostaggi, previsto dagli accordi, permette la liberazione anticipata dei più famosi uomini “in ostaggio” e tra loro ci potrebbe essere la pilota Savchenko. Ma il portavoce del Comitato di inchiesta di Mosca, Vladimir Markin ha affermato che la Savchenko verrà giudicata dalla giustizia russa e che non ci sono basi per alcun mutamento delle misure restrittive nei suoi confronti. Ma la pilota, che in questi giorni si trova nell’ospedale del penitenziario dove è detenuta, si augura che la misura preventiva contro di lei possa essere modificata; se trasferita agli arresti domiciliari, è pronta a fermare lo sciopero della fame, ha detto il capo del Consiglio per i diritti umani della Presidenza russa Mikhail Fedotov, dopo una conversazione con Savchenko. Oltre a lui sono andati a trovarla il Commissario russo per i diritti umani Ella Pamfilova, nonchè Elizaveta Glinka, del fondo russo “Fair Aid”.
In precedenza, il presidente dell’Ucraina Petro Poroshenko aveva annunciato che nel corso dei colloqui di Minsk le parti avevano convenuto di rilasciare presto Savchenko. Più tardi, un portavoce del presidente russo aveva smentito.
Gli animi sono ancora molto caldi. L’unica a raffreddarsi un po’ è la crisi del rublo. La moneta nazionale russa infatti ieri tra barile di greggio più solido e accordi di Minsk, ha guadagnato un po’, e il dollaro è sceso sotto la soglia psicologica dei 63 rubli.
Ma tutto è appeso a un filo, perché in tutto l’est dell’Ucraina i combattimenti infuriano e il conteggio dei morti continua a crescere velocemente. Il bilancio fornito ieri e relativo alle ultime 24 ore parlava di 27 vittime tra civili e militari. Gli insorti del Donbass cercano di conquistare quanto più terreno possibile prima dell’eventuale armistizio, l’esercito governativo di resistere.
Intanto la cancelliera tedesca Merkel ha avvertito Mosca, già oggetto di sanzioni economiche dal parte della Ue, che non esclude nuove misure punitive se la tregua non terrà.
E naturalmente a Frau Merkel si è accodato il ministro italiano degli Esteri, Paolo Gentiloni, secondo il quale se la Russia non rispetterà l’accordo di Minsk, “per l’Europa sarà inevitabile ricorrere a nuove sanzioni”. “Molto dipenderà dalla Russia – ha sottolineato il ministro – se mantiene la parola farà gli interessi del popolo russo e consentirà all’Europa di ridurre la pressione delle sanzioni e di riconnettere la Russia con il sistema di sicurezza europeo. Se non lo farà, per l’Europa sarà inevitabile ricorrere a nuove sanzioni”.
E se non gli accordi non li rispetterà l’Ucraina?
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa