L’Egitto ha inviato oggi truppe di terra contro le milizie dell’Isis a Derna continuando così a forzare la situazione per un intervento militare in Libia. Ma una analisi della situazione sul campo, vede uno scenario estremamente complicato per chi volesse intervenire militarmente in Libia. Al momento ci sono tre grandi fazioni che si combattono tra loro. A Tobruk (con un piede già in Egitto) c’è il governo provvisorio riconosciuto dalle potenze occidentali e dall’Egitto ma con scarsa influenza nel paese. A Tripoli e Misurata ci sono le milizie islamiche del governo guidato da Fajr Libia legate ai Fratelli Musulmani, dunque ostili all’Egitto ma anche in competizione diretta con le milizie dell’Isis. Nell’ovest del paese l’esercito diel governo di Tobruk e le milizie islamiste Fajr continuano a combattersi, coinvolgendo fra l’altro l’aeroporto di Zintan, bombardato da aerei delle milizie islamiche. Queste stesse milizie starebbero assediando Sirte, la città conquistata di recente dallo Stato islamico, per liberarla dai jihadisti che a quanto pare si starebbero ritirando dalla città. A Derna e Bengasi c’è invece l’Emirato legato allo Stato Islamico sottoposte ai bombardamenti egiziani. Nel Fezzan e nel sud della Libia c’è invece una sorta di terra di nessuno in cui ogni tribù gioca in proprio, cambiando o rompendo alleanze con ognuno dei tre soggetti in competizione ma soprattutto raggranellando intanto soldi per assicurare la protezione dei campi petroliferi delle varie multinazionali (Eni e Total soprattutto) o assicurando i “diritti di passaggio” al traffico degli esseri umani proveniente dai paesi africani. Dentro questo arcipelago ci sono anche gruppi di guerriglieri legati all’esperienza di Gheddafi che cercano l’occasione di vendicare il loro leader e di pareggiare i conti sia con le milizie islamiche che con le potenze occidentali che hanno bombardato e destabilizzato la Libia nel 2011 e lasciato ammazzare Gheddafi.
Ognuna di queste milizie ha poi i suoi sponsor regionali nella complessa partita di alleanze e scontri che coinvolge le potenze del Medio Oriente. Qatar e Turchia sostengono Fajr Libia ma non disdegnano di sostenere anche l’Isis. Mentre Egitto, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita vedono come nemico principale proprio Fajr Libia (quindi Fratelli Musulmani) e come nemico vantaggioso, per ottenere sostegno dall’occidente, le milizie dell’Isis. Un continuo gioco di ricatti, sostegni palesi od occulti, repentini cambiamenti di campo che complicano non poco la definizione in cui è chiaro chi sia il “nemico sul campo” e il “nemico nel tempo”.
In questo contesto appare quasi penosa la dichiarazione comune dei governi di Francia, Italia, Germania, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti quando affermano che “nessuna fazione tra quelle in lotta in Libia può affrontare da sola le sfide cui il Paese è chiamato a confrontarsi”. E che quindi “la comunità internazionale è pronta a sostenere pienamente un governo di unità nazionale”. “Non sarà consentito a chi tenta di impedire il processo politico di condannare il Paese al caos e all’estremismo. Costoro – sottolineano nella dichiarazione congiunta Europa e Usa – saranno ritenuti responsabili dal popolo libico e dalla comunità internazionale per le loro azioni”.
Più pragmaticamente il generale egiziano Al Sisi, divenuto presidente con un golpe militare contro il governo dei Fratelli Musulmani, si è appellato ad una risoluzione dell’Onu che autorizzi una coalizione internazionale ad intervenire militarmente: “Non c’è altra scelta»” ha avvertito il capo di Stato egiziano. Ma un intervento rischierebbe di incendiare ulteriormente non solo il Medio Oriente ma anche il Maghreb cioè la sponda sud del Mediterraneo dirimpetto l’Italia. Un primo segnale è stato ad esempio lanciato da Hamas (legata ai Fratelli Musulmani) che ha messo in guardia contro eventuali ingerenze in Libia “da parte di alcuni Paesi come l’Italia” sarebbero considerate “una nuova Crociata contro Paesi arabi e musulmani”.
Intervenire militarmente in Libia con questo scenario appare decisamente un incubo per qualsiasi Quartier Generale occidentale.
Sull’aggressione alla Libia nel 2011, vedi anche: Libia. Dalla guerra civile alla guerra del petrolio
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