Una lunghissima riunione del Consiglio di Sicurezza all’Onu è stata convocata per discutere la richiesta dell’Egitto che ha continuato ad attaccare militarmente via aria e via terra le postazioni dell’Isis in Libia e insiste sulla strada dell’intervento di una forza militare sostenuta dalle Nazioni Unite. “L’Isis in Libia minaccia la pace e la sicurezza della Libia e la sicurezza di Paesi africani limitrofi e dell’Europa” ha detto il ministro degli esteri del governo libico provvisorio di Tobruk Mohammed al Dairi chiedendo al Consiglio di Sicurezza la revoca dell’embargo della vendita di armi. Dairi ha precisato però che il suo governo non chiede un intervento internazionale in Libia ma solo rifornimenti militari e addestratori.
L’intervento militare pare essere al momento una ipotesi ancora lontana. L’Italia, attraverso il suo rappresentante all’Onu Sebastiano Cardi, ha fatto sapere di essere determinata a contribuire alla stabilizzazione del Paese nordafricano attraverso il dialogo e ad assumere un ruolo guida nella cornice dell’iniziativa Onu.
“Siamo pronti a contribuire al monitoraggio di un cessate il fuoco e al mantenimento della pace”, ha detto Cardi, “pronti a lavorare all’addestramento delle forze armate in una cornice di integrazione delle milizie in un esercito regolare e per la riabilitazione delle infrastrutture”. «Siamo anche pronti», ha aggiunto, “a curare le ferite della guerra e a riprendere il vasto programma di cooperazione con la Libia: la popolazione civile deve poter toccare con mano i vantaggi della riconciliazione auspicata dalla comunità internazionale”.
Secondo Mattia Toaldo, esperto dell’European Council for Foreign Relations intervistato dall’Ansa, nel caso che il Consiglio di Sicurezza autorizzasse un intervento internazionale – possibilità da non escludere, anche perché la Russia al momento è alleata dell’Egitto del gen. Sisi – l’Italia rischierebbe di doversi impegnare al fianco delle forze armate egiziane con un contingente militare decisamente superiore agli altri partner europei. La Francia è già impegnata militarmente nei paesi centroafricani e con i problemi di terrorismo interno dopo le stragi di Parigi, la Germania al momento si chiama fuori, la Gran Bretagna è alla vigilia delle elezioni e sembra riluttante ad impegnarsi militarmente. E una guerra in un territorio “terra di nessuno” come oggi è la Libia potrebbe costringere i nostri militari a guardarsi soprattutto le spalle piuttosto che contrastare l’Isis.
Si complicano intanto le relazioni tra le potenze regionali arabo-islamiche. Il Qatar – sponsor dello Stato Islamico ma anche delle milizie islamiche di Fajr Libia – ha richiamato il suo ambasciatore in Egitto “per consultazioni”, dopo aver esplicitamente criticato la scelta dell’Egitto di bombardare obiettivi jihadisti in Libia. Lo riporta l’agenzia di Stato qatariota Qna. Secondo il ministero degli Esteri qatariota, la decisione è stata presa dopo le dichiarazioni rese dal delegato egiziano alla Lega araba, Tareq Adel il quale, aveva criticato il Qatar per le sue riserve in ordine ai raid aerei egiziani ed ha accusato Doha di sostenere i terroristi. Secondo il segretario generale della Lega, Nabil al Arabi, l’Egitto “sta unicamente ricorrendo al suo diritto di legittima difesa’ in base a quanto previsto all’art. 51 della Carta della Lega Araba”.
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