Al termine di due settimane da cardiopalmo, tra scambi reciproci di “prendere o lasciare”, e un pomeriggio di trattative freneriche all’Eurogruppo, è stato firmato un accordo per la prosecuzione del “programma di aiuti” verso Atene.
E converrà esaminare attentamente il testo completo per capire quanto i greci di Syriza abbiano lasciato sul terreno e quanto i falchi del Nord abbiano ottenuto. Il diavolo sta sempre nei dettagli, non nelle dichiarazioni.
Per cominciare, non è neanche esatto dire che si sia trattato di una “riunione dell’Eurogruppo”. Di fatto, in una sala, la delegazione greca era riunita in permanenza con alcuni “partner” europei; in un’altra sala, la delegazione tedesca guidata da Wolfgang Schaeuble faceva lo stesso. Tra le due sale un traffico intenso di sherpa, “pizzini”, polizioti buoni e cattivi a turno.
Per quello che è stato reso noto al termine della riunione – lunga, faticosa, aspra – i punti centrali sono quattro:
a) “estensione” di quattro mesi dell’attuale piano di aiuti; meno di quanto chiesto da Atene (sei mesi), ma senza alcune “condizionalità” sul fronte delle “riforme strutturali”. Per un paese che si trovava nella concreta possibilità, da qui a una settimana, di restare senza liquidità nelle casse dello Stato e in quelle delle banche, è una semplice ma importante boccata di ossigeno.
b) prima di ricevere effettivamente nuovi aiuti Atene dovrà provvedere al completamento delle misure previste dal Master Financial Assistance Facility Agreement (MFFA), “facendo il migliore uso della flessibilità data dal presente accordo”;
c) rispetto degli impegni finanziari nei confronti dei creditori (è il problema relativamente minore, per Atene, visti i tempi già concorddìati dal governo precedente).
d) entro lunedì Atene comunicherà all’Unione Europea l’elenco di riforme che intende avviare. E’ il punto centrale, quello che fa capire che la partita non è affatto chiusa qui, ma continua tra due giorni e per tutta la settimana (il 28 scade il “programma” che dovrebbe essere prorogato). Da un lato c’è infatti la “conquista” dell’autonomia ellenica in fatto di riforme (non saranno quelle “indicate” dalla Troika, formalmente), ma ci sarà un “controllo” sovranazionale sulla loro efficacia rispetto al bilancio.
Questo è il massimo che sono riusciti a ottenere negoziatori veri e determinati, ma anche decisi a restare dentro la cornice-gabbia dell’Unione Europea.
Difficile non interpretare questo ingranaggio come una estensione dell’ultimatum lanciato all’inizio della settimana da Dijsselbloem e Schaeuble. In pratica, lunedì Atene dovrebbe decidere se “cede”, rinunciando a tutto il proprio pragramma elettorale (perlomeno nelle misure più significative), oppure se si prepara a uscire dall’Enione e dall’euro.
Ma va detto che non esiste alcuna condizione “a contorno” che possa consigliare a un governo appena eletto (neanche un mese..) di imboccare la seconda strada. Fuori dall’Unione Europea ci sono certamente le offerte di aiuto, più o meno ufficiali, di Russia e Cina, mentre l'”incoraggiamento americano” è presto diventato il solito “arrendetevi, siete circondati”. Dimensioni economiche e struttura produttiva della Grecia sono quel che sono. Un eventuale fallimento (default) avrebbe conseguenze durissime e immediate per i greci, provocando al contempo danni molto gravi al sistema finanziario europeo (e soprattutto tedesco, nonostante gran parte degli “aiuti” ad Atene siano fin qui serviti per salvaguardare i conti delle banche di Parigi e Berlino).
L’unico punto che sembrerebbe faticosamente portato a casa è la dimensione dell’avanzo primario (la differenza positiva fra le entrate e le uscite di uno Stato, senza contare gli interessi sul debito pubblico). Che la Troika aveva fissato nel 3% per quest’anno e al 4,5 per il prossimo, mentre la proposta iniziale di Yanis Varoufakis lo fissava all’1,5 per avere qualche risorsa da spendere sul piano sociale. La misura è rimasta indeterminata – «sulla dimensione dell’avanzo primario di bilancio richiesto alla Grecia terremo conto della situazione», recita il comunicato finale – quindi prevedibilmente oggetto di altri tira-e-molla.
Anche i fondi a disposizione del “fondo ellenico di sostegno al comparto bancario” (Esfs), ma la cui erogazione deve esser chiesta dalla Bce, dovranno obbligatoriamente essere «utilizzati solo per ricapitalizzazioni bancarie e per costi di risoluzione» delle banche stesse. Il governo Syriza pretendeva ovviamente di utilizzarli in maniera diversidicata, per far fronte agli impegni presi con l’elettorato.
L’accordo è stato definito dal commissario all’economia, Pierre Moscovici, «un accordo equilibrato, che permette alle autorità greche di mettere in opera i cambiamenti che desiderano e allo stesso tempo di rispettare gli impegni». Ma appare chiaro che il “punto di equilibrio” è situato molto più vicino agli interessi dei creditori (i paesi europei) che non a quelli della popolazione greca.
Anche Varoufakis lo sa e infatti le sue dichiarazioni all’uscita sono tutto meno che trionfalistiche: «Non è il momento di festeggiare, questo accordo è un piccolo passo in avanti, il primo nella giusta direzione. Abbiamo combinato due cose di solito ritenute contraddittorie, l’ideologia e la logica, ossia la democrazia e il rispetto delle regole». L’accordo, ha riconosciuto, prevede una lunga serie di limiti all’azione politica del suo governo, «come non prendere decisioni che vadano a inficiare il bilancio. In un certo senso, una condizione che volevamo».
Dal suo lato, però, rivendica il fatto di non aver «firmato nessun Memorandum d’intesa, è l’inizio di una fase nuova. Saremo coautori della nostra lista di riforme, non seguiremo più uno script datoci da agenzie esterne», ovvero con la Troika. «Abbiamo rotto con le scelte dei passati governi ed evitato ulteriori misure recessive, come l’aumento dell’Iva o l’obiettivo di un avanzo primario al 3 per cento. Abbiamo anche ottenuto di poter discutere un nuovo patto per la crescita, incluso l’alleggerimento del debito, dall’estate prossima». Varoufakis ha detto, infine, che «i prossimi quattro mesi saranno utilizzati per ricostruire i rapporti con l’Europa e il Fondo monetario».
Vedremo come andrà avanti la battaglia lunedì. Ma certo si può dire già ora che in queste ore si è avuta la dimostrazione concreta dall'”irriformabilità” dell’Unione Europea. L’unica incertezza, su questa linea, è data proprio dall’estrema cebolezza – quasi irrilevanza – dell’economia greca nello scenrio continentale. Se altri paesi esprimeranno governi orientati a rimettere in discussione i trattati e le “prescrizioni” – com’è possibile che accada nel corso dell’anno in Spgna, Portogallo, Irlanda – potrebbe crearsi una “massa critica” tale da costringere i Dijsselbloem e gli Schaeuble ad accordi meno “squilibrati” oppure far traballare seriamente la “costruzione europea”.
Di fronte a poteri in crisi, che conoscono solo la logica del “o ti pieghi o ti spezzo”, non c’è nessun serio margine di trattativa. QUalsiasi tentativo di uscire dalla “morsa dell’austerità” deve assumere questa riflessione come un dato di fatto, non un’opinione tra tante. E se prima della generosa resistenza greca di questi giorni ci poteve essere qualche incertezza – in assenza della prova dei fatti – ora ce n’è la certezza quasi scientifica.
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Una parte dell’accordo, in traduzione:
“L’Eurogruppo ribadisce il suo apprezzamento per gli sforzi notevoli intrapresi dalla Grecia e del popolo greco negli ultimi anni. Nel corso delle ultime settimane ci siamo impegnati insieme alle istituzioni greche in un dialogo costruttivo e abbiamo oggi raggiunto un accordo comune.
L’Eurogruppo registra, nel quadro del regime esistente, la richiesta da parte delle autorità greche di un’estensione del Master Financial Assistance Facility Agreement (MFFA) , che è basato su una serie di impegni. Lo scopo della proroga è il completamento con successo della revisione, sulla base delle condizioni del regime attuale, utilizzando al meglio la flessibilità data che sarà esaminata congiuntamente con le autorità greche e le istituzioni. Questa estensione potrebbe anche garantire il tempo per una discussione su un eventuale nuovo accordo tra l’Eurogruppo, le istituzioni e la Grecia.
Le autorità greche presenteranno un primo elenco di riforme, in base alle disposizioni attuali, entro lunedì 23 febbraio, Le istituzioni forniranno un primo giudizio su questo elenco e giudicheranno se è sufficientemente completo per essere un punto di partenza valido per una conclusione positiva dell’accordo. Questo elenco sarà ulteriormente specificato e quindi concordato con le istituzioni entro la fine di aprile.
Solo l’approvazione della conclusione della review consentirà l’erogazione della tranche in sospeso del programma EFSF corrente e il trasferimento degli aiuti SM SMP. Entrambi sono ancora soggetti ad approvazione da parte dell’Eurogruppo.
Accogliamo con favore l’impegno da parte delle autorità greche a lavorare in stretto accordo con le istituzioni e i partner europei e internazionali. In questo contesto ricordiamo l’indipendenza della Banca centrale europea. Abbiamo anche concordato che il FMI continuerà a svolgere il suo ruolo.
Le autorità greche hanno espresso il loro forte impegno a un processo di riforma strutturale più ampia e approfondita volta a un duraturo miglioramento delle prospettive di crescita e di occupazione, a garantire la stabilità e la resistenza del settore finanziario e a migliorare la giustizia sociale. Le autorità si impegnano ad attuare le riforme di lungo periodo, a combattere la corruzione e l’evasione fiscale, a migliorare l’efficienza del settore pubblico. In questo contesto, le autorità greche si impegnano a utilizzare al meglio la fornitura continua di assistenza tecnica.
Le autorità greche ribadiscono il loro impegno inequivocabile a onorare i loro obblighi finanziari verso tutti i loro creditori pienamente e tempestivamente. Le autorità greche si sono inoltre impegnate a garantire un adeguato avanzo primario di bilancio e a finanziare i proventi necessari a garantire la sostenibilità del debito, in linea con la dichiarazione dell’Eurogruppo del novembre 2012. Le istituzioni, per l’avanzo primario 2015, si impegnano a prendere in considerazione il ciclo economico del 2015″.
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paolo dp
la verità ha poche parole.
lunedì capiremo tutto dagli strilli e dai silenzi dei liberisti tedeschi.
la mia opinione è che c’è stato un compromesso a favore dei greci, che hanno vinto: meno mesi (4 vs 6), niente di scritto che impedisca il rilancio dello stato sociale, che era invece l’obiettivo della troika.
se è questo il risultato, altri si sentiranno in diritto di rompere il meccanismo (spagna, portogallo, irlanda).
penso che ha pesato la costituzione da parte dei BRIC della banca per lo sviluppo che rompe il monopolio della banca mondiale (leggete Russia Today!)