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Gli armatori greci minacciano: “Se ci tassano, ce ne andiamo”

Dalla Grecia, in poche settimane, è possibile imparare moltissimo. Sul funzionamento del capitalismo multinazionale, per esempio. Facciamo solo una breve premessam immaginando le facce seriose di alcuni compagni che -a sentire quel che segue – scuoteranno la testa dicendosi “ma questo lo sapevamo già”. Facciamo finta di non distinguere tra “sapere” scientifico e “sospettare” immaginifico, e amettiamolo pure. Il problema – in politica, non nelle discussioni chiesastiche – è che quando qualcosa che prima era comprensibile solo per gli addetti ai lavori diventa fatto ammesso pubblicamente, questo è un evento politico. Cambia infatti la “comprensione collettiva” della situazione e quindi anche le possibili reazioni di massa.

Cosa c’è da imparare – per le masse, almeno – da queste convulse ore greche? Sappiamo che il governo Tsipras oggi presenterà all’Eurogruppo il suo piano di “riforme”. Sappiamo che questo piano prevede di ricavare risorse fresche per abbattere il debito pubblico e realizzare alcune misure di “intervento umanitario” a favore di una popolazione stressata da sei anni di austerità. Diversamente dai governi della Troika, cerca queste risorse non da tagli alla spesa pubblica e sociale (pensioni, sanità, licenziamento di impiegati pubblici, ecc), ma dal “contrasto al contrabbando della benzina (1,5 miliardi di euro), 800 milioni da quello contro le sigarette; 2,5 miliardi dovrebbero arrivare con una patrimoniale per i greci più ricchi e 2,5 miliardi da introiti fiscali arretrati”.

Questo nelle intenzioni proclamate in Parlamento: “I nostri cittadini hanno pagato un prezzo carissimo alla crisi – ha detto il premier – Ora il conto lo devono saldare gli oligarchi che non hanno mai messo mano al portafoglio”. Quei 2,5 miliardi di patrimoniale significa infatti andare a toccare una categoria protetta addirittura dall’art. 89 della Costituzione – scritto al tempo della dittatura dei colonnelli – e che recita: “gli armatori sono esentati dal pagamento delle tasse”. Gli armatori navali sono certamente poche persone, ma possiedono 4.707 navi che girano per il mondo e hanno un’attività pari al 16% del mercato globale, ovvero circa 105 miliardi, con profitti di dimensioni incerte ma comunque colossali, generati sia in patria che all’estero. La stima più attendibile, per i profitti intascati esentasse e trasferiti nella quasi totalità nele banche inglesi e tedesche, parla di 140 miliardi. Il 40% dell’intero debito pubblico ellenico.

Noi conosciamo gli armatori greci per un solo nome, Aristotele Onassis, straricco esentasse, ma diventato stranoto solo per aver sposato la vedova di John Fitzgerald Kennedy. Ecco una sessantina di famiglie (in totale sono 600, ma quelli che contano molto di meno) di quel genere hanno fatto in Grecia quello che hanno voluto. Finora.

E ora? Per ora ricattano: “diamo lavoro a 250.000 persone, non crediamo che un governo di sinistra voglia vederle finire sul lastrico; infondo generiamo il 7% del Pil e controlliamo le televisioni”. Senza mezze parole, il presidente di questa confraternita, Theodore Ventiamidis, ha dato un’intervista per dire: “Vogliamo restare a lavorare qui e siamo pronti a fare la nostra parte. A una condizione: che nessuno tocchi i diritti che ci garantisce la Costituzione “. Altrimenti “Tutti abbiamo pronto un piano B che possiamo realizzare in 24 ore. Leviamo l’ancora e prendiamo residenza fiscale altrove. C’è solo l’imbarazzo della scelta: Monaco, Dubai, Singapore. Oppure in Germania, dove ci sono agevolazioni fiscali fortissime”.

Non serve traduzione, vero?

“Noi” lo sapevamo già, certamente. Che ora lo dicano coram populo è però un fatto nuovo. Politico. Illumina non soltanto il comportamento criminale di un piccolissimo gruppo di infami chiamati “imprenditori”, ma tutto il funzionamento del capitalismo multinazionale. Ovvero di quelle imprese che per dimensioni e fatturato possono permettersi di ritirare le attività da un paese (foss’anche “l’amata patria” con cui avevano costruito la mitologia fascista dei colonnelli e di Samars, ereditata poi da Alba Dorata e consimili) e trasferirle altrove.

Queste imprese, in tutto il mondo e in tutta Europa, sono il faro dell’azione dei governi nazionali e degli organismi sovranazionali (compresa la Troika, l’Unione Europea, l’Fmi, l’Ocse, ecc) perché hanno il potere (che pesa asssi più del semplice governo) di abbattere in pochissimo tempo il benessere economico di tutta un’area.

 

 

 

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