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Ue. Se ci sono Piigs, vuol dire che ci sono avvoltoi veri

Scrivevamo qualche giorno fa che se c’è un sistema idraulico comune, allora il surplus di qualcuno diventa il deficit di qualcun altro. Sono le regole del bilancio, che a Berlino e Francoforte dovrebbero ben conoscere. O almeno padroneggiare quanto un discreto ragioniere domestico: a tot uscite debbono corrispondere, nel medio periofo, tot entrate. Altrimenti si va verso il falimento.

Stiamo parlando dell’Unione Europea, costruzione sbirresca che consente ad alcuni di fare quel che ad altri è vietato, o peggio ancora consente ad alcuni di arricchirsi a danno degli altri. Paesi interi, popolazioni, non singoli individui classificabili sbrigativamente come “cicale” (meridionali) e “formiche” (settentrionali).

Le decisioni della Commissione Europea di ieri suonano quasi come una presa d’atto che così non si può andare avanti. Passi per la derelitta Italia – il solito paese “troppo grande per fallire”, al contrario del microbo greco – la cui manovra finanziaria viene “promossa” per disperazione, come si fa con i ripetenti ripetuti che si cerca di mandar fuori dalla scuola e non trovarseli più tra i piedi. La motivazione con cui la Commissione accetta il non rispetto del “fiscal compact” per quest’anno ha questo sapore: «la sua rigida applicazione dopo 4 anni di recessione avrebbe richiesto una correzione troppo brutale e messo il Paese in una situazione insostenibile».

In fondo, si sono detti a Bruxelles, a palazzo Chigi abbiamo messo un nostro governo, il terzo in tre anni e mezzo, mica vorremo abbatterlo noi stessi….Diamogli corda, alla fine impiccherà la popolazione italiana tutta (meno i pochissimi di “taglia internazionale”) e “a noi” ce ne verrà un vantaggio, potendo comprare a prezzi stracciati patrimoni invidiabili.

Però c’è un però. Se la Francia deve subire – com’è inevitabile, stanti queste regole – l’onta di una “procedura di infrazione” per deficit eccessivo, allora la logica dei pesi specifici deve comportare l’apertura di una analoga procedura nei confrnti della Germania. Per la ragione opposta, ovviamente: surplus eccessivo.

Non lo sa quasi nessuno, ma nelle regole di Maastricht – certamente “stupide”, com’ebbe a dire Romano Prodi – tra i vari “parametri” da rispettare non c’è soltanto il debito pubblico o il deficit di bilancio, ma anche il surplus. La logica della regola è esattamente quella del sistema idraulico: se qualcuno blocca o devia l’accesso di acqua, qualcun altro avrà sete. Se siamo nemici, tutto regolare: ci facciamo la guerra e poi si vede. Ma se siamo amici, o addirittura partner alla pari, allora c’è qualcosa che non va.

Il qualcosa che non va è la Germania che da anni sfora il tetto del surplus (il 6% del Pil, il doppio esatto del limite ammesso per il deficit). Peggio: che non fa investimenti pubblici pur essendo l’unico paese o quasi che se li può permettere. Se li avesse fatti, riducendo in parte quel surplus, i benefici si sarebbero riversati a acascata su tutta l’economia del Vecchio continente, aiutando per via “virtuosa” (lo sviluppo economico normale) quei paesi che invece si è stati costretti a (far finta di) aiutare con costosissimi programmi di finanziamento. E mettendoglieli anche a conto.

Naturalmente la messa in stato d’accusa della Germania non prelude affatto a una “riforma delle regole comunitarie”, che hanno una logica estranea alla “giustizia” o almeno correttezza tra partner. ;a segna una nuoa, piccola, fibrillazione alle fondamenta di un edificio che prima cerchiamo di far crollare, meglio è per tutti (meno che per la Germania, of course).

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