Due notizie inquietanti sono arrivate in queste ore a proposito del teatro di guerra siriano, dove continuano i combattimenti ad Aleppo tra ribelli e forze filogovernative.
La prima riguarda un possibile coinvolgimento sul terreno di truppe di terra statunitensi.
Secondo fonti militari di Washington le forze speciali dell’esercito statunitense potrebbero essere inviate in Siria per sostenere i cosiddetti ribelli “moderati” addestrati dal Pentagono in Turchia e in Giordania ufficialmente allo scopo di contrastare sia le milizie jihadiste dello Stato Islamico sia le forze fedeli al governo di Damasco. “Se il comando sul terreno chiederà a me o al segretario alla Difesa di inviare forze speciali per accompagnare gli iracheni o le nuove forze siriane, e lo riterremo necessario per ottenere i nostri obiettivi, allora lo raccomanderemo” al presidente statunitense, ha dichiarato il capo di Stato maggiore interforze, Martin Dempsey, al Congresso. Secondo alcune fonti del Pentagono, comunque, quella di Dempsey è solo “un’ipotesi” e al momento “non si discute l’invio di truppe americane in Siria” ma il fatto che il leader militare d’oltreoceano abbia annunciato pubblicamente questa possibilità la dice lunga sui preparativi in corso alla Casa Bianca.
Che non è l’unica a muoversi, in competizione con le petromonarchie e con la Turchia che perseguono una loro agenda.
Di ieri infatti la notizia che il Fronte al Nusra, sezione ufficiale in Siria di al Qaeda, dietro forti pressioni del Qatar (che evidentemente ha un certo ‘ascendente’ sugli islamisti finora fedeli ad Al Zawahiri), starebbe per divorziare dall’Organizzazione madre fondata dallo sceicco Osama bin Laden per costituire una “nuova entità”. La nuova organizzazione, ripulita e opportunamente riciclata, dovrebbe allearsi con le altre fazioni affatto moderate della cosiddetta “opposizione moderata siriana” per assolvere a due compiti principali: combattere i jihadisti dello Stato islamico (Is) con i quali è già in competizione sul terreno e soprattutto rovesciare il regime del presidente Bashar al Assad. Il tutto in cambio di “generosi finanziamenti” da parte delle petromonarchie del Golfo. Insomma mentre Washington continua ad armare, finanziare e addestrare miliziani ‘moderati’ che poi passano armi e bagagli alle formazioni jihadiste, la strategia delle petromonarchie sembra quella di utilizzare direttamente le bande jihadiste – in questo caso Al Qaeda, ma non solo – per perseguire i propri obiettivi nell’area.
Secondo alcune fonti citate dal quotidiano al Quds al Arabi, “negli ultimi mesi funzionari dell’intelligence dei Paesi del Golfo tra le quali il Qatar, si sono riuniti più volte con il leader del Fronte (al Nusra), lo sceicco Abu Mohammed al Goalani, per incoraggiarlo a lasciare l’organizzazione di al Qaeda e per discutere del sostegno che potrebbe avere dagli apparati d’intelligence” del Golfo.
Stando ad altre fonti, citate dal sito egiziano “Akbarak”, i leader del Fronte al Nusra starebbero già discutendo la formazione della “nuova entità”: l’annuncio del cambio di casacca sarebbe stato ritardato a causa dell'”opposizione di alcuni emiri (comandanti)” del gruppo. “La nuova entità vedrà la luce presto e comprenderà il Fronte al Nusra, l’Esercito dei Mujahidin, al Ansar ed altri gruppi minori”, ha detto Muzamjar al Sham, presentato dal sito come “nota personalità jihadista vicina ad al Nusra”. All’allegra brigata dovrebbero unirsi anche le Brigate Muhajireen, formate soprattutto da combattenti ceceni.
Una fonte “fidata” del ministero degli Esteri del governo di Doha, citata dallo stesso sito, ha affermato che “il Qatar vuole che il Fronte al Nusra diventi una forza esclusivamente siriana, senza alcun legame con al Qaeda”. Secondo al Quds al Arabi, è probabile che questo tentativo “guidato dal Qatar” possa “complicare” i piani degli Stati Uniti che stanno addestrando combattenti dell’opposizione “moderata”, formalmente islamista o liberale e non jihadista, per intervenire nell’area.
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