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Colombia. Le Farc uccidono 10 soldati, governo riprende i bombardamenti

“Ho ordinato alle forze armate di revocare l’ordine di sospensione dei bombardamenti sugli accampamenti delle Farc fino a nuovo ordine”: così il presidente colombiano Juan Manuel Santos ha annunciato al paese la “reazione” del governo dopo un attacco della guerriglia che mercoledì ha causato la morte di 10 soldati e il ferimento di altri venti.
Secondo il generale Mario Valencia, comandante della Terza Divisione dell’Esercito, le truppe regolari “effettuavano operazioni di controllo territoriale” quando i militari sono stati attaccati con “ordigni esplosivi, granate e armi da fuoco” dalla colonna mobile “Miller Perdomo” delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, nella regione di Cauca.
Circondato da vertici militari e alti funzionari, in una dichiarazione televisiva rilasciata da Cali, a 70 chilometri dal luogo dell’attacco, il capo dello Stato ha parlato chiaro: l’azione delle Farc, ha detto, “è stata deliberata e non fortuita” e “implica una chiara rottura della promessa di un cessate il fuoco unilaterale”, la tregua a tempo indeterminato indetta dalla guerriglia a dicembre e finora sostanzialmente rispettata. Questo mentre l’esercito, nonostante la sospensione teorica dei bombardamenti sulle postazioni della guerriglia decretata dal governo di Bogotà negli ultimi mesi, abbia violato il suo impegno in realtà almeno una settantina di volte. Circostanza che il presidente si è naturalmente ben guardato dal ricordare nel suo intervento di ieri.
“Che sia molto chiaro alle Farc, non lascerò che si faccia pressione su di me per fatti infami come questo affinché prenda una decisione sul cessate-il-fuoco bilaterale” ha concluso il presidente.
Da Cuba, intanto, le Farc hanno espresso preoccupazione per l’accaduto: “Questo ha la sua causa nell’incoerenza del governo che sta ordinando operazioni militari contro una guerriglia in stato di tregua” ha detto il comandante ribelle Pastor Alape, sollecitando Santos a concordare un cessate il fuoco bilaterale che impegni veramente le forze armate ad di là dei proclami delle autorità politiche che rimangono spesso lettera morta. In tutti questi mesi infatti il governo e i militari hanno rifiutato un cessate il fuoco bilaterale, mentre pur riducendo di molto gli attacchi aerei circa 500 tra soldati e poliziotti hanno continuato sul campo la repressione contro la guerriglia e i movimenti sociali e politici di sinistra, saldatasi con decine di morti e arrestati.
Fino all’attacco di mercoledì, tutti i rapporti delle varie organizzazioni colombiane e internazionali avevano segnalato che la guerriglia ha mantenuto il cessate il fuoco, nonostante i molteplici bombardamenti e attacchi da parte della Controguerriglia e delle Pattuglie Junglas sbarcate in varie regioni dagli elicotteri consegnati al governo di Bogotà dagli Stati Uniti nell’ambito del cosiddetto Plan Colombia.

La cronologia dei negoziati (fonte: www.internazionale.it)

·         Novembre 2012: nella capitale cubana L’Avana cominciano formalmente i colloqui di pace tra il governo colombiano e i rappresentanti delle Farc.

·         Maggio 2013: le parti raggiungono un’intesa sulla riforma agraria, uno dei punti più controversi. Si riconosce che tra le principali cause del conflitto ci sono l’accesso alla terra e lo sviluppo rurale.

·         Novembre 2013: si stabilisce che, se si raggiungerà l’accordo di pace, le Farc potranno partecipare alla vita politica del paese.

·         Maggio 2014: entrambe le parti si impegnano a eliminare la produzione illegale di droga.

·         17 novembre: i negoziati sono sospesi in seguito al rapimento, avvenuto il giorno precedente, del generale dell’esercito colombiano Rubén Darío Alzate Mora.

·         30 novembre: il generale Rubén Darío Alzate Mora viene liberato insieme ad altri due ostaggi.

·         10 dicembre: ricominciano i colloqui all’Avana.

·         18 dicembre 2014: le Farc dichiarano una tregua unilaterale.

·         Marzo 2015: le Farc e il governo decidono di lavorare insieme per eliminare le mine antiuomo.

(…)

Quali sono i punti di disaccordo?

I principali punti di disaccordo ancora in discussione sono: i diritti delle vittime del conflitto, il disarmo dei ribelli e come mettere in atto le decisioni già prese. Alcuni gruppi di vittime sono andate all’Avana per presentare le loro richieste ai negoziatori ed è stato creato un comitato per affrontare la questione del disarmo.

Il conflitto

Secondo un rapporto del Centro nazionale per la memoria storica della Colombia, tra il 1958 e il 2012 nel conflitto interno colombiano sono morte più di 218mila persone. Tra queste, 40.787, pari al 19%, erano combattenti (militari o guerriglieri), mentre 177.307, pari all’81%, erano civili.

Più di sette milioni di persone si sono registrate all’Unità delle vittime del governo. La maggior parte di loro è stata costretta ad abbandonare la propria abitazione a causa del conflitto, altri sono stati sequestrati, minacciati, feriti dalle mine o sono scomparsi. Secondo il Centro nazionale per la memoria storica, più della metà dei massacri negli ultimi tre decenni è stata compiuta dai paramilitari di estrema destra, che in origine erano nati per combattere le Farc.

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