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Francia e Italia “guardano” alla Libia e all’Africa

Non sembrano esserci dubbi sul fatto che gli interessi strategici di Parigi e Roma siano più “sensibili” di altri a quanto accada sulla sponda sud del Mediterraneo e nel continente africano. La storia coloniale, gli approvvigionamenti energetici e di materie prime ma anche il tallone di ferro tuttora vigente della Francia sull’Africa francofona, pongono queste due potenze europee nella condizione di guardare ad un intervento militare e politico in questa area di crisi. Il prossimo 29 aprile l’Istituto Affari Internazionali (il principale dei think thank in Italia) ospiterà a Roma un “Forum Strategico Francia-Italia”. Per discutere cosa? “Oggi la crescita del fenomeno del terrorismo di matrice islamista radicale costituisce uno dei principali fattori di instabilità nell’intera area, con interconnessioni transnazionali” – scrive la newsletter dello Iai -“esiste dunque per due Paesi con una tradizionale proiezione a Sud come la Francia e l’Itaato ribadito nel vertice bilaterale di Caen di marzo scorso”.

Ovviamente l’emergenza delle ondate migratorie che attraversano e muoiono nel Mediterraneo rappresenta il “fatto traumatico” dal quale derivano le coordinate che rendono un intervento, anche militare, oggi più viabile. Scrive infatti lo Iai che “Questa preoccupazione poggia anche sull’allarme destato dai flussi migratori che raggiungono le sponde meridionali dell’Europa attraverso i paesi del Nord Africa. Le migrazioni attraverso il Canale di Sicilia costituiscono un problema oggettivo per l’Italia e probabilmente soggettivo per la Francia. Però in entrambi i Paesi esse hanno grande rilevanza nell’agenda politica e nel dibattito pubblico”.
Tornano così prioritarie chiavi di lettura come quella che definisce l’arco di instabilità che unisce il Corno d’Africa alla zona del Sahel e al Mediterraneo attraverso la Libia una priorità per i due Paesi. Interessante anche il passaggio nel quale si analizza il diverso atteggiamento delle due potenze. “L’azione francese nella zona si è riformata, con un’accentuazione della preoccupazione securitaria che ha animato un forte interventismo in Libia, Mali e Repubblica centrafricana e ha spinto il paese a diventare il guardiano militare del deserto sahariano con l’operazione Barkhane” – scrive il documento scritto a quattro mani da due esponenti dell’Istituto Affari Internazionali -”Dal lato italiano, possiamo constatare un approccio securitario più prudente e più legato al Nord Africa – stabilità della Libia ma anche della Tunisia – e alla regione del Corno, ma anche la crescita di un interesse politico che accompagna le visioni di sviluppo economico e sociale della zona sub-sahariana come ad esempio nel Niger. L’attuale governo italiano sta infatti dimostrando un rinnovato interesse per la zona. Le visite di Matteo Renzi in qualità di presidente del Consiglio in Mozambico, Congo-Brazaville, Angola e più di recente in Tunisia sono state salutate da molti come “un ritorno dell’Italia in Africa”.
Infine il documento sottolinea come Francia e Italia siano tra “i più attivi nelle missioni civili e militari in Africa sub-sahariana gestite da Ue, Nato e Nazioni Unite”. Manca invece un disegno politico condiviso e una gestione comune delle sfide aperte nel Nord Africa e nell’area mediterranea. L’emergenza migranti nel Mediterraneo e l’instabilità in Libia potrebbe essere l’occasione per sperimentare sul campo proprio questo disegno politico e gestione comune tra le due potenze europee nella regione mediterranea, a cominciare dalla Libia, proprio lì dove l’avventurismo militare neocoloniale di Francia e Italia (con l’aiuto di Gran Bretagna e Stati Uniti) hanno innescato la totale destabilizzazione e spianato la strada ai mercanti di esseri viventi.

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