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Paese Basco. Se gli accusati diventano accusatori

Con l’avanzare del processo, i ruoli s’invertirono: quelli che dovevano accusare ne uscirono accusati, e gli accusati divennero accusatori.” Così, nel celebre libro “La Storia mi assolverà”, Fidel Castro racconta il processo subito dalla dittatura di Batista dopo il fallito assalto alla Moncada, sei anni prima del trionfo della Rivoluzione Cubana.
I ruoli s’invertono anche nel processo, previsto nei prossimi mesi, contro la storica organizzazione internazionalista basca.  La campagna di solidarietà con Askapena -sotto attacco della repressione statale – sta smascherando la natura politica del montaggio giudiziario contro un internazionalismo coerente e di natura rivoluzionaria.
Proprio quando le piazze italiane si riempivano per commemorare e rendere viva la fiamma della Resistenza antifascista, a Zarautz – paesino della costa vicino a Donostia – circa sessanta organizzazioni sociali, politiche e sindacali si sono strette attorno ad Askapena per celebrare il “Giorno dell’Internazionalista” e dare così avvio alla campagna di solidarietà contro la richiesta d’illegalizzazione.
Tra i momenti più emozionanti della giornata, l’“Ekitaldi”: l’atto politico svoltosi dentro una sala cinematografica, che ha ripercorso i quasi trent’anni di lotta internazionalista del movimento popolare basco. Oltre a rivivere momenti emozionanti attraverso immagini suggestive, gli oltre duecento partecipanti hanno visto scorrere sullo schermo i messaggi di solidarietà arrivati da diversi angoli del mondo.
Da Juan Contreras, deputato del PSUV in Venezuela, alla madre di uno dei due militanti uruguaiani uccisi dalla polizia a Montevideo mentre manifestavano per impedire l’espatrio di tre rifugiati baschi nel lontano 1994, tutti i messaggi arrivati hanno ribadito l’appoggio all’organizzazione basca. A dimostrazione che chi può realmente permettersi di giudicare Askapena: quei movimenti e quelle organizzazioni popolari con cui coopera orizzontalmente da decenni per la costruzione di relazioni solidali, hanno già pronunciato la sentenza: un’assoluzione totale per gli internazionalisti.
Alla solidarietà totale verso il collettivo basco, si affianca una ferma condanna al continuo inasprirsi della repressione dello Stato Spagnolo. Repressione che con quest’ennesimo processo sembrerebbe voler colpire un ulteriore tassello -d’importanza cruciale- della sinistra indipendentista: l’internazionalismo.
L’attività internazionale di Askapena, oltre ad essere un sostegno per tutti i settori antimperialisti, è senza dubbio una spina nel fianco per lo Stato Spagnolo, storicamente colonizzatore, imperialista ed estorsore, complice e colpevole di soprusi ai danni dei popoli del Sud. Popoli oppressi con cui la solidarietà basca ha saputo costruire ponti stabili e potenti, rompendo l’isolamento e favorendo l’unione tra diversi movimenti di liberazione nazionale e classi sociali oppresse dal sistema capitalista.
Un internazionalismo, quello basco, che s’è materializzato in ventotto anni di brigate internazionaliste, vissute come strumenti d’intercambio popolare; innumerevoli campagne di solidarietà con processi rivoluzionari e resistenze antifasciste: dall’insurrezione Sandinista in Nicaragua al Donbass; campagne per la liberazione di prigionieri politici in America Latina, Palestina, nel Sahara, e in altri paesi.
Un’instancabile attività di denuncia dell’imperialismo NATO, dell’Unione Europea, fino all’attuale campagna contro l’offensiva neoliberista del TTIP. Un problema per un apparato economico e politico –quello dello Stato spagnolo- saldamente al centro del blocco imperialista occidentale. Come dimostrano le ultime vicende internazionali e la denuncia del presidente venezuelano Maduro, che ha tacciato il primo ministro di Madrid, Mariano Rajoy, di essere franchista, accusandolo di muovere i fili della destabilizzazione imperialista nel suo paese e non solo. Il governo del Partido Popular pronto a serrare i ranghi dell’asse Madrid-Bogotá-Miami, contro le “insidie” provenienti dall’America Latina.
Askapena oltre alla laboriosa attività di gemellaggio e cooperazione con movimenti emancipatori fuori dai confini baschi, tanto a livello statale che europeo e intercontinentale, vanta un consolidato radicamento nelle classi popolari autoctone. Con il collettivo Askapeña partecipa ogni anno alle tradizionali feste di Bilbao, contribuendo alla natura partecipata e popolare dell’Aste Nagusia, la nota Semana Grande che si celebra nella seconda metà di agosto. Il fatto che l’Audencia Nacional, il tribunale politico spagnolo, chieda anche la dissoluzione di quest’associazione con fini culturali, rappresenta un inasprimento della strategia repressiva.
Nel corso della conferenza stampa organizzata la scorsa settimana, i membri della konpartsa (come si chiamano i collettivi che organizzano le feste di Bilbao) hanno dichiarato di essere “colpevoli” solamente di dare spazio alle “giuste rivendicazioni” nelle celebrazioni festive, dal femminismo alla solidarietà, attraverso una gestione aperta, plurale e trasparente. Ricevendo l’appoggio di tutte le associazioni, i collettivi e le organizzazioni promotrici della Semana Grande, hanno ribadito il loro diritto a partecipare a quella che è una festa popolare e rappresentativa del tessuto sociale di Bilbao.
Quindi, la storia di Askapena è quella di una solidarietà indomita, sempre ricambiata e reciproca, che in un momento delicato come questo sta tornando indietro come un boomerang. Un internazionalismo che non s’è mai tirato indietro dal compito di denunciare le ingiustizie del sistema imperialista e capitalista. Che ha raccolto sulla sua strada schiere di fratelli e di sorelle, senza mai estraniarsi dalle vicende domestiche, nemmeno nei momenti più bui e difficili del movimento basco di liberazione nazionale e sociale.
Il grande appoggio internazionale, e l’unione con la sinistra autoctona, sta accompagnando Askapena verso il processo, di cui ancora non si sa la data precisa. Così, gli accusati per internazionalismo si trasformano in accusatori dell’imperialismo. Perché se la solidarietà di Askapena non può essere un delitto, lo sfruttamento imperialista va condannato, oggi più che mai.   

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