Menu

Ucraina: le elezioni tra “circo politico” e “teatro dell’assurdo”

Il Presidente della Repubblica popolare di Donetsk, Aleksandr Zakharčenko, le ha definite una farsa; qualche leader politico russo ha parlato di “circo”; altri di “carosello”: insomma, le amministrative svoltesi domenica in Ucraina sembrano essere state tutto fuorché una cosa seria. Ci è sfuggito il commento delle cancellerie europee a proposito della “democratizzazione” di un paese divenuto da un anno e mezzo il “vallo europeo” contro la “aggressività russa”: forse per pudore, si è creduto bene guardare da un’altra parte e provvidenziale è venuta, in contemporanea, la sterzata ancora più a destra della Polonia, in cui il voto del 25 ottobre potrebbe avere conseguenze negativamente più serie del risultato, peraltro scontato, di quello di Kiev. Fra intimidazioni, voti comprati per pochi spiccioli (d’altronde, anche quelli fanno comodo all’anziano il cui 70% della pensione se ne va per il pane), brogli reciproci tra i “partiti” (con rispetto parlando) della stessa coalizione governativa, voto annullato o rinviato in diverse città, appelli a una “nuova majdan” antigovernativa, oltre la metà degli ucraini ha pensato bene di starsene a casa: nelle aree orientali i due terzi degli elettori hanno disertato le urne e in alcuni villaggi delle regioni di Donetsk e di Lugansk controllate da Kiev la percentuale è stata di poco superiore al 10%.
Così, il socialdemocratico russo Sergej Mironov, leader di “Russia giusta”, ha definito le elezioni ucraine un “ennesimo circo politico”: “nel paese non c’è un potere legittimo e coloro che si dichiarano governanti ucraini sono solo favoriti”: facile indovinare di chi. Il vice presidente della Commissione esteri del Consiglio federale, Andrej Klimov, ha parlato di “mercato e carnevale” e l’ex ambasciatore russo alla UE Vasilij Likhačëv ha detto che il voto, insieme al minimo potenziale di appoggio al regime, conferma che il paese ha oltrepassato la “linea rossa” dei processi controllabili. Il deputato Leonid Slutskij parla di “teatro dell’assurdo” e sfiducia della gente nel regime; il vice presidente del Comitato esteri della Duma, il comunista Leonid Kalašnikov, dichiara che “la gente è stanca della retorica pseudopatriottica e non crede di poter cambiare qualcosa col voto”. Aleksandr Dudčak, su Sovetskaja Rossija, paragona foto e video preelettorali alla réclame di bordelli o agenzie di escort e parla dei risultati come conferma della “feudalizzazione” del paese a pro degli oligarchi locali. L’ex vice premier ucraino Sergej Arbuzov, considerato che il Partito Comunista non è stato ammesso al voto (singoli rappresentanti erano candidati nelle liste del Blocco di opposizione) e visti i risultati disastrosi dei partiti filogovernativi al sudest e il successo dei fascisti di Svoboda a Kiev e a ovest, parla di “disastro del regime, che può incolpare solo se stesso”.
In effetti la supremazia del “Blocco di opposizione” è apparsa incontrastata nelle regioni sudorientali del paese, in particolare in quelle di Dnepropetrovsk, Donetsk, Zaporože, Kirovograd, Lugansk, Nikolaevsk e Odessa.
A Kiev intanto, la stessa amministrazione presidenziale considera solo questione di tempo le dimissioni del primo ministro Arsenij Jatsenjuk, la cui formazione, per decenza, ha evitato persino di presentarsi alle elezioni, tanto sprofondato è il consenso del leader. Appare ridondante dire che la faccenda debba risolversi dietro la regia del Dipartimento di stato: perché non sorgano dubbi in proposito, la candidata numero uno a sostituir Arsenij è il Ministro delle finanze Natalja Jaresko, la cui biografia politico-anagrafica si snoda tra le due sponde dell’Atlantico.
Mentre sono attesi per oggi i risultati definitivi del voto, in alcune zone non si è ancora finito di fare i conti tra gentiluomini. A Odessa, per esempio, città cara agli emigrati bianchi del 1917 e capoluogo dell’omonima regione oggi sede di un profondo “esperimento democratico” nel laboratorio diretto dall’ex presidente georgiano Mikhail-ricercato-in-patria Saakašvili, coadiuvato da Marja Gajdar, figlia di quel “riformatore” a stelle e strisce che fu lo eltsiniano Egor Gajdar. A Odessa, si diceva, il candidato sindaco Eduard Gurvits non ha pagato (d’altronde sconfitto!) i propagandisti elettorali per il lavoro svolto e così loro lo hanno preso in ostaggio nella sede del comitato elettorale. La polizia sta sgombrando i locali. Ma il Saakašvili-accusato-in-Georgia-di-peculato-Mikhail, stizzito per la sconfitta anche del suo candidato Aleksandr Borovik e la riconferma del sindaco uscente Gennadij Trukhanov, sta organizzando proteste contro i risultati del voto, definiti “falsificati”. Deluso anche il candidato del “Blocco Porošenko” – che però ha registrato il 100% dei votanti tra i ricoverati dell’ospedale psichiatrico di Ivano-Frankovsk – Aleksej Gončarenko, che si limita comunque a chiedere il riconteggio delle schede.
A Kiev invece, la “Majdan tariffaria” guidata dal Partito radicale di Oleg Ljaško chiede l’impeachment di Petro Porošenko e le dimissioni immediate del governo, senza stare ad attendere gli ordini da Washington. Ljaško fa leva anche sul malcontento dei piccoli contadini: “Milioni di essi sono ridotti alla miseria, stanno vendendo i loro appezzamenti per pochi spiccioli e avremo così nuovi oligarchi-latifondisti, perdendo l’ultima nostra ricchezza, la terra”, dichiara populisticamente il destro Ljaško. E il deputato (ex Pravyj sektor) Borislav Berëza, in lizza a Kiev contro Vitalij Kličko, denuncia l’incredibile aumento della percentuale di votanti magicamente registrato dopo la chiusura dei seggi e se la prende col “nichilismo dei giovani” stanchi dei giochi di potere.

Hanno buon gioco così vari media polacchi a scrivere che il potere di Kiev ha da pensare ad altro che non ai propri cittadini e cerca di alimentare i sentimenti antirussi e antipolacchi. E’ dei giorni scorsi una mappa dell’Ucraina, disegnata in Polonia, con i territori che Kiev dovrebbe perdere a est e a ovest, a favore di Mosca e di Varsavia, nel caso entri in vigore la “legge sulle restituzioni”: l’Ucraina sarebbe ridotta a un terzo di quella attuale.
E lo spirito di “Libertà”, di “Svoboda”, che si afferma sempre più nelle regioni occidentali del paese, meglio di ogni altra cosa è esemplificato dalle notizie che giungono da Kiev. Qui, alla maniera italica – si prendono a prestito i metodi squadristici per regolare i conti nelle piazze e quelli dei “tifosi” calcistici per distinguersi nelle tribune – quella che un tempo era la punta di diamante della nazionale di calcio sovietica, la “Dinamo Kiev”, è oggi lo specchio del regime golpista. Il direttore dello stadio della capitale, Vladimir Spilčenko, dopo gli episodi squadristici verificatisi in occasione dell’incontro di Champions League tra Dinamo e Chelsea, il 22 ottobre scorso (fanatici della Dinamo hanno accoltellato tifosi di colore, studenti stranieri dell’università di Kiev, risultati poi essere anch’essi supporter della squadra ucraina) ha deciso di affrontare “a là majdan” la questione razziale: le tribune dello stadio avranno posti distinti per bianchi e neri. Le poltroncine potrebbero portare la scritta “Posti solo per i bianchi” e le maratone potrebbero essere recintate da filo spinato. La trovata potrebbe certo far allargare il cuore – in silenzio, per carità – ad alcuni sostenitori confederati della “democrazia” ucraina, memori dei tempi in cui anche da loro, negli USA, questa era la prassi segregazionista; d’altra parte, i fanatici “Rodiči” della Dinamo Kiev non erano forse tra gli ultras che si distinsero a Euromajdan e non sono stati forse tra i più feroci combattenti contro i civili del Donbass?
Sono ancora media polacchi citati da RT che si domandano se l’Ucraina non stia “sprofondando nella buia notte del nazionalismo e del fascismo” e parlano di “esempio esclusivo del Kulturkampf nazista, più visto in Europa dai tempi della Germania nazista, allorché, anche là, si bruciavano i libri e si vietavano i film. Oggi succede lo stesso in Ucraina con gli autori russi. E in questi giorni si è aggiunto il divieto dei voli civili russi verso l’Ucraina”.
Questa è “Svoboda”, “Libertà”.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *