Chi l’ha detto che non può esistere giornalismo indipendente? O che per lavorare – in Rai, per esempio – bisogna avere per forza il cervello embedded? Qui Ennio Remondino – da un bel po’ di tempo emerginato però dal piccolo schermo – dimostra che si può essere grandi in modo semplice: dicendo le cose come stanno.
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Smettiamola una buona volta di raccontarci frottole. Basta parlare di “Pro-European protesters” per i protagonisti degli scontri a Kiev. E’ stata una violenza organizzata attraverso neonazisti ucraini che amano e vogliono la Comunità Europea più o meno come amano e desiderano la vicina Russia. Sulle piazze di Kiev abbiamo visto i “Pravy Sektor”, neonazisti epigoni di quell’UPA, l’Esercito Insurrezionale Ucraino che, durante la guerra, sterminò in Volinia, assieme ai tedeschi, la comunità ebraica residente, per poi passare a una ferocissima pulizia etnica nei confronti di migliaia di polacchi.
Gli stessi nerboruti giovanotti che abbiamo visto esibire croci celtiche mentre usavano armi da fuoco o lanciavano bottiglie Molotov, oggi vorrebbero continuare quanto iniziato dai loro nonni: cacciare dalle province dell’ovest polacchi, slovacchi e ungheresi, per costruire la loro “Grande Ucraina”. Neonazisti che nutrono verso democrazia, pluralismo e liberalismo, che loro chiamano “liberalismo totalitario europeo”, lo stesso odio che hanno nutrito verso il totalitarismo sovietico. Altro che “pro-European”, scrive con lucidità un anonimo coraggioso analista sul sito LookOut.
S’è parlato di Jugoslavia per questa crisi. Io direi più Kosovo. Pensateci. Innalzare lo scontro per provocare un intervento russo. A catena si conta su un intervento internazionale a difesa. Già visto. In Kosovo, per contrastare la pesante e stupida repressione degli scherani di Milosevic contro la popolazione albanese, l’Occidente, trascinato dagli Stati Uniti, si è trovato ad intervenire in favore di un gruppo terroristico-criminale che era allora l’Uck: In politica accadono miracoli di questo tipo. I terroristi per gli Usa sino al 1998, diventano patrioti l’anno dopo. Idem i neonazisti ucraini.
Ovviamente in piazza non c’erano soltanto i “Pravy Sektor”. C’era anche il risentimento popolare anti despota e per le condizioni economiche che stanno mettendo l’Ucraina alla fame. Chiarito ciò -ad evitare sterili polemiche da tifoseria- che risposta potrà venire domani dall’Europa nei confronti di quel guazzabuglio di problemi e di razze e di antichi odi che è l’Ucraina? Perché gli elementi di scontro tra la parte occidentale del Paese, filoeuropea, contro quella orientale, filorussa, ci sono tutti e restano. Mentre preme la componente nazionalista neonazista, antieuropea quanto antirussa.
L’Europa intanto si rivela per ciò che è: una Comunità economico-monetaria e poco altro. Questa Europa mercantile, nella vicenda Ucraina, ha raggiunto il massimo di incapacità politica proprio verso quell’Est Europa postcomunista nei cui confronti non ne ha mai azzeccata una. Dalla Polonia a scendere, tutta la fascia dai Paesi ex satelliti sovietici aggregati all’Unione con lo sconto di buona parte delle regole e garanzie di varia natura imposte ad altri. Fu economicamente controproducente e da allora la comunità è paralizzata. L’ipotesi Ucraina sarebbe soltanto il gran finale prima del crac.
Ora tutti guardano alla Russia che tiene in allerta la 14° armata in Transnistria. Mosca è disponibile a molto compromessi -valutazione di RemoContro- purché qualche pazzo non voglia installazioni Nato da quelle parti minacciando la sua base navale strategica di Sebastopoli. E qui tornano gli Stati Uniti. Che non sono molto amici della Russia ma non lo sono neppure dell’Europa. «Fuck the Eu», “l’Unione europea si fotta“ aveva detto Victoria Nuland, una delle vice del capo della diplomazia Usa John Kerry, al telefono con l’ambasciatore americano a Kiev, Geoffrey Pyatt. Strano vero?
O forse no.
da http://www.remocontro.it
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Alessandro Di Meo
unico appunto all’articolo: gli “scherani” di Milosevic, agirono anche perchè, già nel 98, a un anno dai bombardamenti della Nato, in Kosovo sparivano serbi, sequestrati nelle fabbriche e nei villaggi nell’assoluto silenzio internazionale e delle tante ong che preparavano, umanitariamente, l’intervento che sarebbe stato altrettanto “umanitario”. Che avrebbe dovuto fare Misosevic? Stare a guardare mentre tanti serbi ( e pure albanesi anti Uck, rom, goranci e altri) sparivano nel nulla?