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Kiev pianifica attacchi al Donbass ma rischia di perdere altri pezzi

Non è che l’Ucraina si stia sgretolando; ma è difficile oggi anche solo tentare di stabilire cosa la stia tenendo ancora insieme.
Donbass a parte, che costituisce una questione e una tragedia dalle linee abbastanza definite, varie regioni (L’vov, Kharkov, Dnepropetrovsk) parlano sempre più frequentemente di pretendere uno status speciale autonomo e la Polonia è da tempo sulla strada delle “restituzioni” dei territori entrati a far parte dell’Ucraina dopo il 1939. Ed ora 114 cittadine e villaggi della Transcarpazia ucraina hanno annunciato l’intenzione di dar vita ad un “rione ungherese separato”, con capoluogo la cittadina di Beregovo, pochi chilometri a sudovest di Mukačevo e vicinissima ai confini ungherese e rumeno. L’iniziativa sarebbe appoggiata dalla “Unione degli organi frontalieri autonomi”. “La situazione creatasi dopo le elezioni amministrative nelle località abitate compattamente da ungheresi offre tutte le potenzialità per tale passo”, ha dichiarato il deputato della Rada Laslo Brenzovič. “Ora è in corso non un
 decentramento, ma piuttosto una concentrazione di potere, senza un adeguato sostegno finanziario alla autonomie locali”, gli ha fatto eco la deputata locale Karolina Dorči. Immediata la reazione degli ultranazionalisti ucraina alla Rada, che hanno qualificato come “separatistica” la dichiarazione adottata a Beregovo e parlano della minaccia di un “secondo fronte” in Ucraina. “Gli accordi di Minsk e la partecipazione alle amministrative di partiti apertamente separatisti hanno dato luce verde allo sviluppo del separatismo in tutto il paese. Soltanto una volontà politica, assente però nella massima leadership del paese, potrebbe fermare tale processo”, dicono gli esponenti del Partito radicale. “La creazione di un “rione ungherese separato”, ha detto il deputato Jurij Šukhevič (figlio di Roman Šukhevič, l’ex comandante dell’esercito filonazista ucraino UPA durante la seconda guerra mondiale), “rappresenta indubbiamente una minaccia all’integrità territoriale dell’Ucraina e alla sua sicurezza. Questo è separatismo, pur se mini separatismo”.
E coloro che ne sono accusati, secondo l’istanza che viene portata ora alla Rada da Petro Porošenko, potranno vedersi privare della cittadinanza ucraina: “Una misura che contraddice ogni norma in vigore nei paesi UE”, hanno commentato alla Corte suprema della Repubblica popolare di Donetsk.
Ma anche una misura che consentirebbe a Kiev di presentarsi non come aggressore di una parte della propria stessa popolazione, in vista di un’offensiva contro il Donbass che da più parti si paventa con sempre maggiore insistenza. Il plenipotenziario russo presso l’Osce, Aleksandr Lukaševič, ha dichiarato che, stante l’assenza di progressi nei colloqui di pace, Kiev starebbe in realtà pianificando un’operazione militare su larga scala. La stessa Osce sta segnalando numerose violazioni da parte di Kiev sull’arretramento delle armi pesanti dalla linea di contatto, come previsto dagli accordi di Minsk. Addirittura, il Dipartimento di stato di Washington ha chiesto ai cittadini degli Stati Uniti di evitare di recarsi in Crimea e nel Donbass e raccomanda, a quanti vi si trovino, di andarsene. La ricognizione di DNR e LNR constata pressoché quotidianamente il dislocamento di una quantità crescente di uomini e mezzi ucraini a ridosso del fronte e la LNR (Repubblica di Lugansk) parla di gruppi di sabotatori ucraini che sarebbero attivi sul proprio territorio.
Inoltre, gli stanziamenti militari nel bilancio ucraino 2016, lasciano intendere precisi piani di azione. Infine, lo stesso capo del Servizio di frontiera ucraino, Viktor Nazarenko, ha dichiarato che le forze armate di Kiev si apprestano a realizzare un blitzkrieg per la conquista delle linee di confine tra DNR-LNR e Russia: “Ci apprestiamo a mettere sotto controllo quel settore – 409,3 km – che attualmente non controlliamo”, ha annunciato.
Se queste sono le premesse sul campo, sul piano politico, il capo delegazione della DNR ai colloqui di Minsk, Denis Pušilin, ha dichiarato ieri che l’unico mezzo per evitare la disgregazione dell’Ucraina è costituito dalla creazione di una confederazione. “Il plenipotenziario UE in Ucraina, Jan Tombinskij, ha in gran parte ragione quando parla della necessità di cambiare completamente la Costituzione ucraina”, ha detto Pušilin. “La negligenza circa la necessità di misurarsi con gli interessi dei cittadini, il disinteresse per la necessità di introdurre nella Costituzione il sistema proporzionale e, ancora più importante, la noncuranza per la necessità di una decentralizzazione che si concretizzi in una federalizzazione, hanno portato l’Ucraina alla guerra civile. Questo lo riconoscono anche gli amici americani dell’Ucraina”, ha dichiarato Pušilin.
Ma Kiev pare sorda alle richieste di autonomia delle regioni.

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