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L’oligarca Khodorkovskij tra i ricercati internazionali

L’ex proprietario della ex compagnia petrolifera Jukos, Mikhail Khodorkovskij, contro cui il tribunale del rione Basmannyj di Mosca ha spiccato mandato d’arresto in contumacia, inserendolo nella lista dei ricercati internazionali, si appresterebbe a chiedere asilo politico in Gran Bretagna. Khodorkovskij è accusato di aver organizzato, nel 1998-1999, quando era azionista e presidente del consiglio direttivo di Jukos, l’omicidio del sindaco di Neftejugansk (la città sede della principale tra le imprese che componevano Jukos), Vladimir Petukhov, dell’imprenditore Evghenyj Rybin e del tentativo di omicidio di altre quattro persone. I moventi: Petukhov avrebbe legittimamente preteso il pagamento di tasse dovute da Jukos; Rybin aveva invece intentato una causa per danni contro Jukos. Khodorkovskij, che ovviamente non ammette alcuna colpa, al momento risiede in Svizzera; in base alla legislazione elvetica, la richiesta di estradizione deve essere esaminata entro 40 giorni e può essere negata solo in caso di “persecuzione politica”. Ma, come dichiarato dal portavoce presidenziale russo Dmitrij Peskov, nel 2003 Khodorkovskij fu arrestato per reati economici; oggi è ricercato per omicidio. La sua ascesa oligarchica è legata al sorgere di Jukos, nel 1993, formata sulle ceneri di precedenti imprese sovietiche, grazie a decreti di Boris Eltsin e del primo ministro Viktor Černomyrdin, col solito pretesto di “elevare l’efficienza del complesso energetico” russo. Ben presto privatizzata, nel 1995 Khodorkovskij assunse il controllo del pacchetto azionario, fino all’arresto nel 2003. Jukos fece bancarotta del 2007 e le sue proprietà furono acquistate all’asta da Rosneft. 
Il magnate era stato condannato nel 2003 per appropriazione indebita, evasione fiscale e riciclaggio di denaro sporco. Graziato da Putin nel 2013 per motivi familiari, prese immediatamente il volo per la Germania e oggi, contraddicendo alle sue stesse declamazioni di due anni fa di non occuparsi di politica, ha seguito l’esempio, ormai di scala internazionale, di tentare di risolvere i propri problemi finanziari, “scendendo in campo” alla testa del movimento anti putiniano “Russia aperta”.
“Oggi, l’obiettivo di rovesciare il regime appare troppo ottimistico”, ha dichiarato Khodorkovskij alla BBC; “ma sono convinto che non passeranno 10 anni che questo regime cadrà. E i miei sforzi in quella direzione giocheranno un ruolo non secondario. Il mio compito, ora, è quello di aiutare i giovani attivisti politici russi ad accumulare la necessaria esperienza e presentarsi quale alternativa all’attuale regime”. Come? Evidentemente, seguendo la scia di quei giovani affaristi-politici di venticinque anni fa che, miracolati dalle privatizzazioni atlantiche di Boris Eltsin e gaiamente traghettatisi poi dalla dissidenza dell’epoca sovietica alla insolvenza (fiscale) della nuova Russia, presentarono ai cittadini sovietici le perle del paradiso capitalistico. Alla maniera di Mikhail Khodorkovskij e di tutti i “paladini della democrazia occidentale”, martiri della “secolare autocrazia russa”.

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