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Emergenza migranti, nell’Egeo la Nato a guida tedesca. Aspettando l’Esercito Europeo

Le emergenze, si sa, in certi contesti e per certi interessi possono rappresentare una manna dal cielo. Forniscono delle giustificazioni incontestabili, chiamano all’azione rapida, tagliano la testa al dibattito, ai dubbi, ai distinguo. E quella ‘immigrazione’ non fa eccezione, come dimostra lo spregiudicato uso che del tema stanno facendo i poteri dominanti europei.
Di fronte agli allarmati appelli di Turchia e Germania dei giorni scorsi, secondi solo alle proteste dei vari paesi di frontiera che si sentono invasi da un’ondata di profughi senza precedenti e abbandonati dalle istituzioni europee, ecco che l’Alleanza Atlantica si dice pronta a pattugliare il Mar Egeo per aiutare le autorità turche a gestire, appunto, l’emergenza.
Ovviamente con le proprie navi da guerra che, ha avvisato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, non si dedicheranno però a salvare le vite dei naufraghi che affogano a centinaia nel pur breve tratto di mare che separa la costa turca dalle isole greche, ma avranno il compito di “contrastare gli scafisti”. Cosa voglia dire, tecnicamente, non si sa. Appare evidente, però, che la missione, “a grande richiesta”, concederà alla Germania di estendere i suoi tentacoli su quel pezzo di mondo più di quanto non abbia fatto finora. Perché Berlino, dichiarata destinazione finale della stragrande maggioranza dei profughi siriani e non, è una delle principali potenze militari della Nato, ed in quanto tale collaborerà con le autorità greche e turche e di altri paesi (ancora occorre capire quali). 
In questo modo la Nato avrà l’occasione di recuperare protagonismo in Medio Oriente – tentando di bilanciare il crescente ruolo russo-iraniano nella regione sostenuto dalle vittorie militari dei lealisti siriani contro i vari gruppi di ribelli jihadisti – e al tempo stesso potrà vantare una poco credibile sensibilità nei confronti del “problema profughi”.
Basta ascoltare le parole di Ash Carter, segretario alla Difesa Usa, per capire quale sarà il leit motiv della propaganda atlantista: «Esiste un sindacato criminale che sta sfruttando la povera gente con un’operazione organizzata di traffico di essere umani. Colpendo in questo modo si può ottenere il massimo effetto, che è il nostro principale intento».
Germania, Turchia e Grecia hanno «sottolineato la necessità per la Nato di agire con rapidità e gli Stati Uniti sono di fatto d’accordo, dal momento che ci sono in gioco delle vite umane» ha spiegato Carter secondo il quale l’obiettivo è estendere le operazioni marittime della Nato nel Mediterraneo (decise a supporto della Turchia che collabora con i jihadisti dopo la frattura con Mosca che invece li combatte), attualmente sotto comando tedesco, per motivi umanitari.
Della partita saranno anche gli uomini di Frontex, l’agenzia dell’Unione Europea che nei progetti dell’establishment continentale dovrebbe presto trasformarsi in un corpo di guardie di frontiera e di guardia costiera di Bruxelles. Perché se in questo frangente Berlino – e Bruxelles – sembra aver strappato a Washington la guida della missione militare nel settore orientale del Mediterraneo, a ridosso di uno dei fronti più caldi della competizione globale tra potenze, è più che evidente che l’Unione Europea aspira ad avere il controllo pieno dei propri confini esterni ed anche del “proprio cortile di casa”, senza dover dipendere dagli Stati Uniti. 
Se nel corso della conferenza stampa Ash Carter ha di nuovo chiesto alle potenze europee di aumentare gli investimenti per la difesa – gli Stati Uniti «hanno quadruplicato gli investimenti portando a 3,4 miliardi il finanziamento, aumentando il focus sulla deterrenza contro l’aggressione russa» perciò «si aspettano che gli alleati europei facciano lo stesso» – in realtà l’Unione Europea nel suo complesso ha già impresso un’accelerazione sia alla spesa militare sia al rafforzamento di apparati di sicurezza integrati già esistenti ed alla creazione di nuovi corpi militari continentali.
La Commissione Europea ha già affidato da tempo all’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Federica Mogherini, il mandato di definire entro il prossimo giugno «una nuova ed ampia strategia europea per la politica estera e la sicurezza» che superi quella adottata nel 2003. Al di là delle chiacchiere e delle formulazioni fumose tipiche della burocrazia continentale gli obiettivi sono chiari: oltre ad un’agenzia europea di intelligence ciò che serve a Bruxelles è una forza armata europea potente e in grado di intervenire in tempi ristretti. A piena guida europea, ovviamente.
Intanto, a proposito delle relazioni all’interno dell’Ue tra i centri di comando e le periferie, Berlino sta approfittando dell’emergenza immigrati per infliggere un altro duro colpo ad Atene. Secondo alcuni media a Bruxelles si starebbe facendo strada il progetto di trasformare la Grecia in un immenso campo profughi: una volta sospeso il paese dall’accordo di Schengen, ad Atene e dintorni potrebbero essere stipati centinaia di migliaia di immigrati provenienti dalla Turchia e dai Balcani, liberando così gli altri paesi dell’area dal problema e permettendo alla Germania e agli altri paesi di destinazione finale di scegliersi con calma i profughi da accettare e quelli da respingere. Un modo anche per diminuire il potere di ricatto della Turchia che ha già ricevuto tre miliardi di euro da Bruxelles per ‘contenere’ i profughi ma che continua ad alzare la posta.
Secondo quanto riferisce il Financial Times i paesi del centro e del nord Europa starebbero valutando la fattibilità di rendere operativa la proposta della Slovenia, che consisterebbe nello schierare truppe europee in Macedonia per sigillare il confine con la Grecia e trasformare di fatto Atene in una sorta di territorio “cuscinetto” in cui bloccare i migranti. In attesa delle decisioni di Bruxelles, intanto, il governo dell’ex repubblica jugoslava di Macedonia hanno ordinato la costruzione di una seconda barriera di filo spinato a pochi metri da quella già eretta a novembre lungo il confine con la Grecia. E a ‘coadiuvare’ i poliziotti macedoni da qualche tempo a Skopje stanno arrivando poliziotti provenienti da diversi paesi europei.

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