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L’accerchiamento della Russia e i sogni del terrorismo ariano

La Russia non partecipa al summit sulla sicurezza nucleare in corso a Washington oggi e domani. Le ragioni della decisione sono state ribadire ieri dal vice Ministro degli esteri Sergej Rjabkov, che ha definito assurde le dichiarazioni USA a proposito di un presunto “auto isolamento” di Mosca per tale scelta.

“Le ragioni di questa decisione sono ben note agli americani e sono state comunicate più volte a Washington, a partire dall’ottobre 2014. Dato che ora la questione viene politicizzata e posta in modo poco adeguato, è il caso di ribadire alcuni punti”, ha detto Rjabkov, sottolineando che il vertice di Washington non ha nulla a che vedere con l’obiettivo di rafforzare la sicurezza nucleare.

Tra l’altro, ha detto, a Washington “sarà rappresentata una minoranza della comunità internazionale”; inoltre, “cercare di formulare – nei fatti: imporre – ad altri paesi delle soluzioni ristrette e monche, nella sfera della sicurezza nucleare, come propongono gli USA e un gruppo di loro alleati, indirizzando la discussione su questioni su cui noi avremmo qualcosa da obiettare, significa voler dettare in partenza considerazioni che non hanno nulla a che fare con il compito della sicurezza nucleare”. Mosca, ha detto Rjabkov, “giudica l’agenda dei lavori del summit da lungo tempo già esaurita”; dunque “è assurdo dire che la Russia si stia isolando. Al contrario, noi collaboriamo attivamente, anche in sede IAEA (International Atomic Energy Agency), in cui è già fissata per il prossimo dicembre una conferenza proprio su questo tema. E non rinunciamo nemmeno a discutere tali tematiche con gli Stati Uniti”.

In precedenza, il portavoce presidenziale Dmitrij Peskov aveva dichiarato che la Russia ha rifiutato di partecipare al vertice a causa della carenza di collaborazione con i partner. “Si è registrata un’innegabile mancanza di interazione nella messa a punto preliminare delle problematiche del vertice. E’ quindi per questo che la parte russa non vi partecipa”.

Vestendo le piume della colomba, Barack Obama ha dichiarato, riferisce The Washington Post, che “USA e Russia, che detengono più del 90% del potenziale nucleare mondiale, devono proseguire sulla strada della riduzione degli arsenali nucleari, nell’ambito dell’accordo sulle armi nucleari strategiche, in modo che, entro il 2018, il numero delle testate nucleari americane e russe sia il più basso dal 1950”.

Nei fatti, si registra però la continuità dell’accerchiamento, diretto o per interposti alleati, dei confini russi da parte delle forze USA e Nato. Secondo Lifenews, con riferimento alle dichiarazioni del comandante in capo delle forze Nato in Europa, il generale dell’aviazione statunitense Philip Breedlove, a febbraio 2017 una forza USA di 4.500 uomini, in stato di mobilitazione permanente, verrà schierata in maniera stabile in 6 paesi europei lungo le frontiere occidentali russe. Il Pentagono fornirà anche artiglieria pesante, 250 carri armati, trasporti truppe, obici semoventi e altri mezzi da guerra. Lifenews scrive che, secondo Breedlove, gli USA stanno dimostrando un “approccio forte ed equilibrato verso il sostegno dei propri alleati NATO e nella loro protezione dalla politica aggressiva della Russia in Europa orientale e altrove”.

Sul fronte economico, scrive Pravda.ru, il Ministro delle finanze USA, Jacob Lew ha dichiarato che lo scopo delle sanzioni in vigore contro Mosca e indirizzate “contro i suoi centri decisionali” è quello di deviare la Russia dal proprio percorso. “Non dobbiamo rinunciare alle sanzioni solo per il fatto che frenano la crescita economica”, ha detto Lew, dopo che il Dipartimento di stato aveva “invitato” le banche statunitensi ad astenersi dall’acquistare obbligazioni statali russe. Le sanzioni devono essere tolte solo nel caso che il dato paese cambi la propria politica: nel caso specifico, il riferimento d’obbligo è, come sempre, al “rispetto degli accordi di Minsk”: guarda caso nelle settimane in cui Kiev sta schierando i propri mezzi corazzati lunga la linea di separazione con le forze di DNR e LNR, sta usando artiglierie e mortai pesanti che gli accordi di Minsk avevano espressamente obbligato a ritirare lontano da quella linea e nei giorni in cui i bombardamenti ucraini (come la notte scorsa) lambiscono le periferie dei maggiori centri delle Repubbliche popolari.

Ovviamente, stimolato da tanto padrino, anche Petro Porošenko è tornato alla carica, mandando ieri a esecuzione la ieratica “lista Savčenko”, l’elenco di un’ottantina di nomi di politici, magistrati e funzionari russi legati più o meno direttamente alla condanna a 22 anni della Jeanne d’Arc ucraina, riconosciuta colpevole di partecipazione all’omicidio dei giornalisti russi Igor Korneljuk e Anton Vološin e tentato omicidio di civili di Lugansk. Secondo NTV, le misure comprendono il divieto, per tali persone, di ingresso in Ucraina, blocco dei beni, restrizioni al diritto di utilizzare proprietà sul territorio ucraino e divieto di ritiro dei capitali.

Nel “cordone sanitario” occidentale non era mancata, proprio alla vigilia della pasqua cattolica, la genuflessione di fronte all’altare del liberalismo da parte dello showman lituano Algirdas Romanauskas che, su feisbuc, ha descritto un immaginario attentato terroristico durante il concerto del musicista russo di origini bulgare Filipp Kirkorov a Vilnius. Romanauskas ha chiamato a far saltare tutti i concerti russi e a far fuori tutta la popolazione di lingua russa del paese con atti simili, riscuotendo, secondo Pravda.ru, oltre 3.500 “like” e senza che le autorità abbiano ritenuto di intervenire. Secondo le sue parole, non sarebbe male “ripulire” il paese della presenza indesiderata di tale componente della popolazione, ricorrendo a un paio di esplosioni: “una seconda bomba dovrebbe esplodere dopo qualche minuto dalla prima, quando intervengono soccorritori, medici e parenti delle vittime. Così la Lituania respirerà liberamente e comincerà la sua nuova luminosa tappa”, ha fantasticato Romanauskas. Il quale, sembra, è abbastanza vicino alla ex membro del CC del PCUS e attuale presidente lituano Dalia Gribauskajte la quale, poco più di anno fa, aveva definito la Russia “stato terroristico”. Ma Romanauskas è anche fervente adepto del partito “Unione patriottica – cristiani democratici della Lituania”.

Se simili richiami giungono da cristianissimi figli e nipoti degli ex accoliti della razza ariana baltica, cosa avranno dunque ora da dire i devoti convinti della unica e sola “matrice islamica” di ogni idea e atto di terrorismo contro il “mondo libero occidentale”?! Si dovrà risponder loro con il divino Orazio “De te fabula narratur”.

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