Il 9 maggio la Russia, continuando la tradizione dell’Unione Sovietica, festeggia solennemente la vittoria sulla Germania nazista nella Grande guerra patriottica. Sulla Piazza Rossa di Mosca sta proseguendo in queste ore la solenne parata militare che simboleggia lo storico avvenimento: vi prendono parte diecimila uomini, 135 mezzi militari e oltre 100 velivoli. Una parata si sta svolgendo (o si è già svolta, in base al fuso orario) nelle maggiori città della Russia.
Il contingente russo in Siria ha organizzato la parata del 9 maggio a Latakia. Alcune delle ex repubbliche sovietiche quest’anno hanno deciso di non celebrare ufficialmente la ricorrenza; in altre sono state organizzate sfilate senza la partecipazione delle autorità statali.
Anche nel Donbass liberato si sta scendendo in piazza a Donetsk, Lugansk ed altre città, per ricordare una liberazione dal nazismo e dal banderismo che, purtroppo, non è stata per sempre. Addirittura a Kiev, sfidando il regime golpista, gruppi di cittadini si siano riuniti in piazza per festeggiare la giornata.
Altre repubbliche antisovietiche, invece, avevano deciso quest’anno di celebrare a modo loro la cosa e avevano deciso di farlo in territorio ex sovietico: ne sono state impedite da chi, soprattutto oggi, non si sente affatto “al sicuro sotto l’ombrello protettivo della Nato”. Nel corso delle manovre congiunte americano-moldave “Dragon Pioneer-2016”, in corso in Moldavia, il comando del 2° reggimento cavalleggeri USA aveva previsto, per la giornata del 9 maggio, l’esposizione di parte dei propri mezzi militari sulla piazza centrale della capitale moldava Kišinëv. D’altronde, recentissimi sondaggi hanno rilevato come, in generale, tra la popolazione statunitense, sia molto diffusa la percezione della vittoria sul nazismo come “merito dello sforzo bellico USA”, cui l’Unione Sovietica avrebbe fornito appena un modesto apporto. Evidentemente, i manuali di storia statunitensi continuano a ignorare il semplice dato di fatto di come, sul totale delle forze armate tedesche e dei loro alleati e satelliti, quasi 240 divisioni fossero dislocate sul fronte orientale, contro una sessantina impegnate sui vari fronti occidentali e nordafricani.
E dunque, fin da ieri mattina, in base al postulato secondo cui la vittoria yankee si celebra l’8 e non il 9 maggio, i blindati USA facevano già bella mostra nella piazza principale di Kišinëv, allorché sono stati affrontati da centinaia di cittadini moldavi: più o meno gli stessi manifestanti che, guidati dal Partito socialista, lo scorso 3 maggio avevano bloccato per alcune ore il passaggio dei mezzi militari USA al loro ingresso in Moldavia, per l’inizio delle esercitazioni congiunte.
Di fronte alle proteste dei manifestanti, agli striscioni con “Non abbiamo bisogno della Nato”, “Stop alle basi Nato”, alle parole del deputato socialista, Vlad Batrîncea – “la Moldavia è neutrale; non facciamo parte di blocchi militari; sappiamo cosa sia successo in Jugoslavia, Libia, Siria. Se entro domani non liberate la piazza, verremo in migliaia” – il comando ha deciso ieri pomeriggio di far rientrare i blindati nell’area del loro dislocamento, al poligono di Negrești. Prima che i militari USA lasciassero la piazza, i manifestanti hanno distribuito loro i nastri di San Giorgio, simbolo della Vittoria. Il leader del Partito socialista (la più forte frazione al Parlamento moldavo), Igor Dodon, ha dichiarato alla Tass di aver proposto al comando USA la partecipazione dei soldati alla sfilata del 9 maggio, ma senza la presenza dei mezzi militari, considerati una dimostrazione di ingerenza Nato. Anche il leader del PC moldavo ed ex presidente della Repubblica, Vlad Voronin, aveva chiesto al governo di fare marcia indietro sulla sfilata dei mezzi militari. La presidente dell’Associazione dei veterani di Moldavia, Alla Mironik, aveva dichiarato nei giorni scorsi che la Moldava “ha vissuto e vive tranquillamente nelle condizioni dell’indipendenza, della sovranità e della neutralità” e dunque non ha bisogno di essere inglobata nell’Alleanza atlantica. Nonostante la Moldavia sia formalmente uno stato neutrale, rileva la Tass, nel paese è attivo un Centro informativo della Nato e, dal 1994, l’Alleanza atlantica è presente nel quadro del “partenariato individuale”. Secondo i dati pubblicati la scorsa settimana dall’Istituto internazionale repubblicano USA, appena il 16% dei moldavi sarebbe favorevole all’ingresso del paese nella Nato; il 40% si è detto contrario e il 24% ha rifiutato di partecipare al sondaggio.
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La parata USA, prevista da tempo per il 9 maggio, aveva immediatamente ricevuto il beneplacito del Ministro della difesa Anatol Șalaru, lo stesso distintosi nei mesi scorsi per l’istituzione del “Museo dell’occupazione sovietica”, la sua guerra ai monumenti sovietici e la vendita di armi ad alcune non meglio definite ditte ucraine. Il Presidente della repubblica Nicolae Timofti, che in un primo momento si era espresso contro l’esposizione dei mezzi Nato, negli ultimissimi giorni si era allineato alle posizioni di Șalaru, definendo “inappropriata la retorica anti-americana e anti-NATO, scatenata da forze politiche estranee al popolo moldavo e che ci fa tornare ai tempi della guerra fredda”.
Di là dal confine moldavo, nell’Ucraina golpista, mentre la Rada esamina la questione dell’anticipazione dal 9 al 8 maggio della celebrazione, il presidente Porošenko, da una parte dichiara che “senza l’Ucraina l’Urss non avrebbe vinto la guerra” e dall’altra festeggia, insieme anche ai veterani banderisti dell’OUN, non più la vittoria sul nazismo, bensì la “Giornata del ricordo e della pacificazione”, che l’osservatore di Novorosinform, Vitalij Darenskij, definisce una svolta verso “la schizofrenia di stato” e una frase “apertamente blasfema, con la riabilitazione di fatto del nazismo”. E’ sufficiente porre la domanda, scrive Darenskij, su “chi dovrebbe pacificarsi con chi? Le vittime del fascismo con i boia fascisti? I veterani-liberatori coi lacchè pro-hitleriani di OUN-UPA?”. D’altronde, non c’è nulla di strano, continua Darenskij, dato che “da tempo in occidente vige la tesi sacrilega secondo cui nella Seconda guerra mondiale combatterono due totalitarismi: l’hitleriano e lo stalinista”. Al pari di Porošenko, l’ex “Comandante di euromajdan” e nuovo speaker della Rada, Andrej Parubij (indicato da molti come uno dei principali responsabili per la strage di Odessadel 2 maggio 2014) aveva proclamato ieri che “i revanscisti imperiali russi hanno dimenticato le amare lezioni della guerra e la riaccendono di nuovo nel centro d’Europa”, tacendo ovviamente su chi abbia acceso le fiamme di euromajdan dietro la regia del Dipartimento di stato.
A ognuno le proprie celebrazioni.
Fabrizio Poggi
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