La piazza contro governo e parlamento, di nuovo. Il Parlamento greco ha adottato ieri in serata un contestatissimo pacchetto di misure di austerità, presentato dal governo Tsipras, che prevede forti tagli alle pensioni, l’aumento dei contributi previdenziali (che passano al 20% con il 13,6% a carico dell’imprenditore e il 6,7% del dipendente) e delle imposte sia dirette che indirette.
La maggioranza di governo, formata da Syriza e dai nazionalisti di destra di Anel, ha tenuto in aula senza alcuna defezione – d’altronde ogni voce critica all’interno delle due formazioni è stata espulsa o ha deciso di abbandonarle – approvando con 153 voti a favore su 300 la controriforma delle pensioni e quella fiscale, un pacchetto di misure da 3,6 miliardi di euro di tagli. Nei prossimi giorni il governo si appresta a far approvare un altro provvedimento basato su aumenti fiscali per un totale di 1,8 miliardi, portando complessivamente la manovra a 5,4 miliardi di euro.
Ma per i cosiddetti creditori non sembra essere sufficiente. L’Fmi chiede di mettere sul tavolo sin da subito la ristrutturazione del debito greco, ritenendo irrealistico il raggiungimento del target di avanzo primario del 3,5% fissato dall’Ue per il 2018. A gettare benzina sul fuoco nei giorni scorsi è stata la lettera della direttrice dell’istituto, Christine Lagarde, indirizzata ai ministri dell’eurozona e resa nota dal Financial Times. “Crediamo che le misure di contingenza, la ristrutturazione del debito e il rifinanziamento debbano ora essere discussi contemporaneamente”. Senza contare che per il Fondo Monetario per dare il suo sostegno “è essenziale che il finanziamento e la ristrutturazione da parte dei partner europei della Grecia siano basati su target fiscali che siano realistici perché sono sostenuti da misure credibili per raggiungerli”. E per questo la Lagarde chiede l’austerity preventiva, misure che scattino automaticamente nel caso in cui il governo Tsipras non sia in grado di mantenere gli impegni.
Le opposizioni politiche, sociali e sindacali di sinistra sono tornate a protestare e di fronte al parlamento greco nel tardo pomeriggio di ieri ci sono stati anche scontri tra i gruppi più radicali di manifestanti e la polizia. Gli agenti in assetto antisommossa hanno sparato una gran quantità di lacrimogeni e di granate stordenti contro alcuni gruppi di manifestanti incappucciati che hanno lanciato oggetti ed anche bottiglie molotov contro i cordoni posti a difesa dell’edificio. Secondo i media ellenici la polizia avrebbe arrestato due manifestanti e si segnalano alcuni contusi.
La manifestazione era stata indetta contro le misure di austerità richieste dai creditori della Grecia, Unione europea e Fondo monetario internazionale, alla vigilia della riunione straordinaria dell’Eurogruppo per esaminare “i progressi” fatti da Atene e concedere così una tranche di aiuti al governo greco sulla base del terzo memorandum firmato da Tsipras nel luglio del 2015.
Ieri, dopo uno sciopero generale indetto da tutti i sindacati durato 48 ore, alcune decine di migliaia di persone (17 mila per la polizia, ma il dato va quantomeno raddoppiato) sono scese in piazza ad Atene e a Salonicco rispondendo all’appello delle organizzazioni di sinistra. I primi a mobilitarsi sono stati gli aderenti al Pame, il “Fronte militante dei lavoratori” espressione sindacale del Partito comunista greco. Più di 10 mila persone hanno marciato ad Atene e quasi altrettanti a Salonicco, la seconda città greca nel Nord del paese. “Sicurezza sociale, pubblica e obbligatoria per tutti. La plutocrazia deve pagare” recitava uno dei principali striscioni mostrati.
Una seconda manifestazione ha visto invece scendere in piazza un numero inferiore di persone, circa sei mila attivisti dei partiti di sinistra e del sindacato del settore privato GSEE. “No alla dissoluzione del sistema di sicurezza sociale”, “No al proseguimento della politica di rigore”, hanno scandito i manifestanti.
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