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Aiuti e debito: Tsipras firma un altro accordo capestro

Nonostante le dichiarazioni trionfalistiche del primo ministro ellenico Alexis Tsipras, quello raggiunto ieri notte con l’Eurogruppo è un accordo capestro, l’ennesimo.
La fumata bianca è arrivata dopo ben 11 ore di riunione, alle 2 di notte, quando il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem ha annunciato che i ministri delle Finanze dell’Eurozona hanno concesso ad Atene ‘nuovi aiuti’ per 10,3 miliardi di euro. “I ministri hanno accettato incredibili compromessi politici per ottenere questo accordo” ha detto, roboante, il politico olandese.

Di compromessi, in realtà, i ministri dell’Unione Europea non ne hanno accettato nessuno e come al solito è stato il governo ellenico a dover ingoiare il rospo, pur presentando la cosa come l’inizio dell’uscita dal tunnel…
Intanto si tratta di un finanziamento che rientrava all’interno del patto siglato nel luglio del 2015 (86 miliardi in totale) quando Tsipras accettò il terzo memorandum ‘lacrime e sangue’ contro il quale il suo popolo si era mobilitato e si era espresso da pochi giorni con un referendum stravinto dai ‘no’.

Inoltre la tranche da 10 miliardi non verrà versata subito e interamente; per continuare a tenere Atene per il collo, i ‘creditori’ concederanno 7,5 miliardi a giugno, ed il resto dopo l’estate. All’appuntamento con Bruxelles l’esecutivo di Atene era arrivato con tutti i compiti fatti: taglio delle pensioni e aumento dell’età pensionabile e dei contributi previdenziali, aumento dell’Iva e delle tasse sugli immobili, fine delle agevolazioni fiscali per gli abitanti delle isole e privatizzazioni selvagge per un totale di più di 5 miliardi, introduzione di un meccanismo preventivo e automatico di commissariamento dei conti pubblici nel caso in cui i draconiani obiettivi di bilancio non vengano rispettati.

Ma all’Eurogruppo non è bastato, e naturalmente il versamento della seconda parte della tanto agognata tranche di aiuti sarà condizionata dal varo di ulteriori ‘riforme’. I bonifici partiranno solo se Tsipras continuerà a privatizzare il patrimonio pubblico, se porterà a buon fine la riforma delle agenzie fiscali e del settore energetico chiesti da Bruxelles.

Ad Atene comunque si canta vittoria, per l’arrivo di liquidità di cui le casse vuote dello stato hanno estremo bisogno. Peccato che quasi tutto il ‘malloppo’ finirà, e rapidamente, nelle tasche degli stessi creditori sotto forma di interessi sul debito che ormai ha raggiunto quota 180% del Prodotto Interno Lordo. Dei 215 miliardi finora versati dai cosiddetti creditori ai governi greci negli ultimi anni, d’altronde, solo 10 sono entrati veramente nelle disponibilità di Atene, tutto il resto è stato girato direttamente a banche straniere e creditori.

La propaganda dei due contraenti – giustificata quella degli aguzzini, usciti vincitori, meno quella del governo di Atene – mette l’accento anche sull’intesa raggiunta in merito al promesso alleggerimento del debito pubblico ellenico (in realtà già in cantiere dal 2012 anche se subordinato al raggiungimento da parte di Atene di un sufficiente avanzo primario).
In ballo c’era il consenso del Fondo Monetario Internazionale, la cui presidente, Christine Lagarde, più volte si era dichiarata scettica sulla possibilità che Atene potesse mai ripagare i suoi debiti sottraendosi quindi alle richieste di Bruxelles di contribuire a nuovi prestiti.

I creditori alla fine hanno deciso che l’alleggerimento potrebbe avere inizio a partire dal 2018 ma solo se Atene rispetterà l’imposizione di garantire un avanzo primario pari al 3,5% del Pil, sottraendo così importanti risorse a investimenti sociali di cui il paese ha invece estremo bisogno, e continui ad aderire alle ingiunzioni del Patto di Stabilità e di Crescita.

Nella trattativa, inoltre, l’hanno avuta vinta il governo tedesco e i settori dell’establishment europeo che si opponevano alle richieste del Fmi, che ha rinunciato alla sua richiesta di una moratoria sui pagamenti da parte di Atene almeno fino al 2040. Il micro taglio dell’ingente fardello (che consiste soprattutto in un tetto all’entità degli interessi che Atene dovrà pagare a vita, anche se forse con un piccolo allungamento delle scadenze) si materializzerà solo quando si sarà concluso il ‘terzo salvataggio’, cioè tra due anni, e non prima che Angela Merkel e Wolfgang Schaeuble possano attraversare indenni, senza concessioni, lo scoglio delle elezioni politiche tedesche del 2017. I leader tedeschi potranno presentarsi davanti agli elettori sbandierando la vera essenza di un accordo che non concede proprio nulla “a quegli sfaticati dei greci”: si tratta infatti di un alleggerimento del debito impercettibile, legato a pesanti contropartite e alla partecipazione del Fmi al ‘salvataggio’ di Atene che fino a due giorni fa Lagarde e Thomsen escludevano considerando il debito ellenico ‘non sostenibile’.

Insomma se in tutta questa tragica vicenda c’è un vincitore, è il potente Wolfgang Schaeuble, che ha ottenuto tutto quello che aveva dichiarato di perseguire alla vigilia della trattativa, a partire da un no deciso a ogni ipotesi di ‘haircut’, cioè di taglio del valore nominale del debito contratto dalle irresponsabili classi dirigenti greche e pagato dai lavoratori e dalle classi popolari del paese commissariato dalla Troika.

La vittoria tedesca è stata così netta che all’interno dell’Fmi, a ore di distanza dal raggiungimento dell’accordo, si moltiplicano le voci di scontento, e alcune fonti hanno fatto sapere che l’organismo non prenderà parte al nuovo programma di sostegno economico di Atene se non ci saranno rassicurazioni sul reale alleggerimento del debito greco e in tempi rapidi.

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