“Pochi uomini, presenza simbolica in una forza simbolica da quattromila unità". Così in una intervista alla Stampa il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha annunciato che anche un contingente di militari italiani verrà schierato, a partire dal 2018, al confine con la Russia, a sostenere la militarizzazione dell’Europa Orientale decisa dall’Alleanza Atlantica dopo la reazione russa al golpe orchestrato da Bruxelles e Washington a Kiev.
"Faranno parte di uno dei quattro battaglioni dell'Alleanza schierati nei Paesi baltici" spiega il norvegese, arrivato a Roma per il 50esimo anniversario del Nato Defense College in Italia.
L’iniziativa "serve a dimostrare che ci siamo e siamo uniti, che abbiamo una difesa forte che garantisce la deterrenza, mentre vogliamo tenere aperto il dialogo col Cremlino" ha detto lo stesso Stoltenberg al quotidiano torinese. A parte il fatto che si tratterà di qualche centinaio di militari italiani all’interno di una forza di ben 4000 uomini armati fino ai denti – e quindi affatto simbolica – ma il coinvolgimento italiano nella nuova ondata di militarizzazione e di provocazione contro la Russia non si ferma qui.
"Sempre nel 2018 – aggiunge il norvegese – l’Italia sarà nazione guida nel Vjtf, la Task Force di azione ultrarapida, la punta di lancia in grado di intervenire in cinque giorni in caso di emergenza". Poi il segretario dell’Alleanza Atlantica spiega qual è la dottrina che guiderà la sua azione nei prossimi anni: "La Nato deve essere in grado di adattarsi e rispondere alle sfide. Il messaggio è “Difesa e dialogo”. Non “Difesa o dialogo”. Sinché la Nato si dimostra ferma e prevedibile nelle sue azioni sarà possibile impegnarsi in contatti concreti con la Russia, che è il nostro vicino più importante. Non possiamo in alcun modo isolarla, non dobbiamo nemmeno provarci. Ma dobbiamo ribadire con chiarezza che la nostra missione è proteggere tutti gli alleati. Che serve una forte Alleanza non per provocare una guerra, ma per prevenirla. La chiave è la deterrenza, un concetto che si è dimostrato valido per quasi settant’anni".
Nell’intervista Stoltenberg accusa esplicitamente la Russia di voler tornare alla guerra fredda e di voler espandere la propria egemonia a scapito dell’indipendenza di altri paesi sulla base di una strategia che mirerebbe a ripristinare una vasta sfera di influenza di Mosca. "Da anni", afferma il segretario Nato, la Russia "cerca di ricostruire un sistema basato sulle sfere di influenza in cui le grandi potenze controllano i vicini, per limitarne sovranità e indipendenza. È il vecchio sistema, il sistema di Yalta in cui le potenze si spartivano l'Europa. Non lo vogliamo. Nessuno può violare la sovranità dei singoli Paesi".
Ovviamente il leader della Nato omette di spiegare che è esattamente quanto sta facendo l’Alleanza Atlantica negli ultimi venti anni – basti guardare la cartina dell’espansione ad est e a nord del patto militare atlantista dopo lo scioglimento dell’Urss – , e che buona parte delle decisioni della classe dirigente russa sono state adottate proprio in risposta alle continue provocazioni euro-statunitensi.
Nella assai istruttiva intervista il segretario della Nato ricorda che l'Alleanza ha già deciso un aumento della spesa militare, pari almeno al 2% del Pil, per tutti i paesi membri: "Bisogna aumentare la spesa. Non perché ci piace, ma perché una Difesa forte previene i conflitti". L'Italia "nel 2016 per la prima volta da tempo ha aumentato la spesa per la Difesa. Tutti devono tendere al 2%. L'obiettivo resta".
Marco Santopadre
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