Confesso di guardare molto di rado i lanci della cosiddetta corazzata della “propaganda russa”, RT. Stamani mi ha però colpito una notizia dal titolo “Vite invisibili: come i media americani non si sono accorti di 188 vittime degli attacchi della coalizione”. Le vittime sono i civili siriani e irakeni rimasti sotto le bombe della colazione “antiterroristica” a guida statunitense, cui prendono parte Australia, Belgio, Gran Bretagna, Danimarca, Paesi Bassi, Francia, Bahrain, Giordania, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi. 188 persone: due o tre volte tanto (a seconda delle fonti) i soldati siriani venutisi a trovare, disgraziatamente per loro, a Dayr az Zor, lo scorso settembre, mentre i caccia USA si esercitavano a mancare, “per errore” (così quasi tutti i media nostrani), le posizioni dell'Isis.
Forte delle raccomandazioni istituzionali, lanciate nelle ultime settimane dalle più alte fonti della Repubblica, a non fidarsi della propaganda russa, ho dato un'occhiata ai siti web delle maggiori testate italiche; ma anche qui non ho trovato nulla su quelle 188 vittime. Dunque la notizia è falsa! Non esiste. Oppure io non l'ho letta. O, peggio ancora, i perfidi sobillatori di RT se la sono inventata. Non “se ne sono accorti i media americani”; non ne scrivono quelli italiani: si tratta evidentemente di propaganda del Cremlino.
Ma, scendendo dal titolo di RT alle prime righe del servizio, si legge che a parlare dei “media americani che ignorano l'informazione” è l'ex funzionario del Pentagono Michael Maloof, secondo il quale la notizia diffusa dal Ministero della difesa USA sulla morte, dall'inizio dell'operazione “Inherent Resolve”, di oltre 180 civili siriani e irakeni, non ha avuto l'onore delle cronache sui principali media USA. E del resto, gli stessi militari americani, sottolinea Maloof, ne parlano molto malvolentieri.
Uno dei punti chiave dei testi di giornalismo, soprattutto di quelli provenienti da oltreoceano, riguarda la cosiddetta “Agenda setting”: la scelta cioè dei temi “notiziabili”: scrivere non su come o cosa pensare a proposito di un certo fatto, bensì scrivere o meno su quel fatto. Se i media non ne parlano, il fatto non è mai accaduto. Punto.
"Quando compaiono simili notizie” ha detto Maloof a RT, “vengono pubblicate il venerdì sera o durante lunghi week-end, come ora". Cifre simili, troppo alte anche per un'operazione della durata di molti mesi, ha detto ancora l'ex analista del Pentagono, “sono assolutamente inammissibili e credo che essi (i militari) non vogliano che i media più grossi vi concentrino l'attenzione”. Il Ministero della difesa avrebbe comunque diffuso la notizia ieri, 2 gennaio, scrivendo che “E' più verosimile, anziché no, (una vera perla di dialettica) che almeno 188 civili siano stati involontariamente uccisi in conseguenza degli attacchi della coalizione, dall'inizio dell'operazione Inherent Resolve”.
La fonte militare specifica che 15 civili, siriani e irakeni, sarebbero rimasti uccisi in diversi bombardamenti tra il 6 e il 29 novembre e, bontà sua, ammette che ci siano almeno altri 13 diversi rapporti circa vittime civili, che però Washington deve ancora “verificare”. Il riferimento è forse anche alla cifra diffusa a inizio novembre dal Pentagono, di 114 civili uccisi nei “bombardamenti intelligenti” della coalizione (sostenuta con contributi finanziari, logistici e di intelligence da Albania, Austria, Ungheria, Irlanda, Israele, Spagna, Italia, Kuwait, Lussemburgo, Nuova Zelanda, Norvegia, Repubblica di Corea, Slovacchia, Turchia, Repubblica Ceca, Svizzera, Svezia , Estonia e Giappone) a guida USA: cifra che Amnesty International aveva giudicato ridotta di una decine di volte. Da notare, scrive RT, che il Pentagono non aveva reagito alle affermazioni di Amnesty International.
Forse esercitandosi già a fare la propria parte nella crociata per una “informazione” scevra di “false notizie”, i media italici (e non solo) non le danno. Riempiranno le pagine di remunerativa pubblicità.
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