Non è facile sostenere lo sguardo dolce di Anna Tuv: ci si sente come zattera in balia delle onde, spaesati, fragili, o forse solo in preda a un forte senso di pudore. Si avverte quasi il bisogno di osservarla in dissolvenza. Invece Anna è lì, con la sua storia che proprio non fa sconti. Incrociare lo sguardo di Anna Tuv è come camminare sulle macerie polverose delle case sconquassate del Donbass o sui vetri frantumati dalle deflagrazioni: viene voglia di nascondersi, di ripararsi dal rumore sordo dell’artiglieria, dalla paura, dai sibili, dalle esplosioni o dalle cannonate.
Anna era con noi a Bologna, domenica 5 febbraio 2017, al presidio organizzato dal Coordinamento Ucraina Antifascista per dire NO alla carneficina voluta dal regime filo-nazista di Poroshenko. Era lì con quell’alto senso di moralità che rappresenta la quotidiana cifra della Resistenza del suo popolo nel Donbass contro il terrorismo ucraino. Certo, perché in Donbass si resiste con dignità, nonostante la coltre di silenzio voluta dalla UE. E quel silenzio non è riducibile a semplice collusione, isolamento o deserto informativo né si può archiviare il golpe di Kiev quale esito di un putsch di banderisti. Petro Poroshenko è solo la maschera dietro la quale si nasconde la volontà di potenza della Nato e dell’euro-fascismo, costruzione economico-imperialista che si corrobora costruendo guerre fratricide tra popoli, come peraltro già accaduto in Jugoslavia.
Anna, te la senti di raccontare la tua storia?
“Era il pomeriggio del 26 maggio 2015. Mio marito era sul divano. Un sibilo tremendo. Una bomba ucraina di 152 millimetri si era abbattuta sulla nostra casa. Ho incrociato appena lo sguardo di mio marito. Lui si è gettato sul mio corpo per coprirmi. La bomba ha ucciso mia figlia Katya, undici anni, riducendola in brandelli. Ha ucciso mio marito, ritrovato senza né gambe né braccia, con gli organi interni spappolati. Mio figlio Zakhar, due anni e mezzo, aveva estese bruciature agli occhi e mia figlia Milana, la più piccola, ha riportato dei traumi. Io ho perso un braccio” e ho subito una commozione cerebrale”.
Al presidio c’erano anche i piccoli Zakhar e Milana. Sorridevano quando si urlava “Fermiamo il massacro in Donbass,” Niet fascizmu!”. Eppure a quei bimbi, in quel terribile 26 maggio, era scoppiata una bomba dentro. Un drone ucraino aveva sorvolato il giardino, in cui stavano facendo giochi di bambini, solo un’ora prima della distruzione: nient’altro che una pianificazione genocida.
Come mai ti trovi in Italia?
“Mi trovo in Italia per fare una protesi ibrida, nel centro protesi di Budrio”.
Anna oggi, grazie al pronto intervento dell’associazione Aiutateci a Salvare i Bambini, che ha raccolto 25mila euro, ha una protesi mioelettrica di ultima generazione che rende concreto il suo sogno di poter continuare a crescere e ad abbracciare i suoi bambini senza difficoltà. Incontenibile è la sua emozione e non solo per il fatto di aver riacquistato il braccio. Grande, infatti, è stata la coralità intorno a questa giovane donna, manifestata non solo con la raccolta dei fondi necessari, ma anche con la protervia con cui sono stati superati gli ostacoli, a partire dalla mancanza di documenti validi, essendo stati distrutti i suoi durante il bombardamento della casa. La sua permanenza e le cure necessarie in Italia sono state inoltre garantite dal massiccio intervento del Comitato Ucraina Antifascista di Bologna che ha dato esempio di solidarietà concreta e di straordinaria militanza attiva.
Anna, nelle ultime settimane si è verificata un’escalation di aggressività dell’esercito ucraino nel Donbass. I Presidenti dei Consigli del Popolo, Denis Pushilin e Vladimir Degtjarenko, hanno organizzato un appello con raccolta di firme tra gli abitanti delle Repubbliche Popolari per denunciare la situazione gravissima nelle città del Donbass sottoposte ai bombardamenti dell’esercito ucraino. Che notizie hai in questo momento? Com’è la situazione in Donbass?
“La situazione in Donbass, per il momento, è molto difficile. Ogni giorno le città di Donetsk, Gorlovka, Avdeevka si trovano sotto i bombardamenti di artiglieria pesante. Numerosi sono i feriti e i morti tra i civili. Gli accordi di Minsk sono stati violati da Kiev. Il governo della Repubblica Popolare di Donetsk ha dichiarato lo stato di emergenza. Ha annunciato ai civili di ritirarsi nei rifugi e mantenere le condizioni di regime di oscuramento. Molte persone sono rimaste a cielo aperto e accettano qualsiasi tipo di aiuto: abbigliamento, medicinali, prodotti igienici, prodotti alimentari, denaro per favorire l’evacuazione dei bambini dalle zone più colpite dai bombardamenti”.
In questi giorni la crisi si sta aggravando in modo esponenziale. Il comando ucraino ha ordinato alle forze armate ucraine (UAF) di colpire Mariupol: un’evidente manovra a tenaglia per accusare le Forze Armate del DPR di aver causato morti tra i civili e il fallimento degli accordi di Minsk .Il capo della diplomazia, Federica Mogherini, ha promesso che l’Unione Europea continuerà a sostenere l’Ucraina. Di fronte a un tale inasprimento della situazione, c’è un messaggio che vorresti trasmettere agli italiani prima di lasciare l’Italia?
“Per aiutarci bisogna levare il blocco informativo e far uscire i mass media europei dal silenzio. Solo così ci salveremo dal genocidio”.
Anna tra pochi giorni tornerà nel suo paese. Quando Josè Saramago pensa al suo Portogallo dice: “Noi viviamo in un luogo ma abitiamo una memoria”. Anna, oggi, come tante vittime del terrorismo ucraino, vive un luogo di devastazione ma abita una grande memoria. La microstoria s’intreccia con la macrostoria, quella del grande sacrificio di un popolo, protagonista, ieri come oggi, della Resistenza contro il nazi-fascismo.
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