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Il programma missilistico nordcoreano e la dieta di Boris Johnson

Sarebbe caduto a terra dopo un volo di circa 50 km il missile balistico sperimentale nordcoreano lanciato questa mattina dal poligono di Bukchang, a nord di Pyongyang. O almeno, questo è quanto scrive la Tass, con riferimento a fonti USA e giapponesi. Il lancio è avvenuto appena poche ore dopo la seduta del Consiglio di sicurezza Onu in cui USA, Gran Bretagna e Giappone avevano condannato i programmi missilistico-nucleari della RDPC.

Fonti ufficiose giapponesi hanno avanzato l'ipotesi che il lancio possa essere stato effettuato in coincidenza con il 100° giorno della Presidenza Trump, cui tradizionalmente in USA si dà molta importanza. Il Segretario di stato Rex Tillerson ha addirittura proposto di rompere o quantomeno ridurre le relazioni diplomatiche con Pyongyang. Smesso da un po' l'immaginario aplomb britannico, e per non esser da meno dal suo collega alla “difesa”, Michael Fallon, che nei giorni scorsi aveva parlato di “possibili attacchi nucleari preventivi”, senza specificare contro chi, ora anche il Ministro degli esteri di sua maestà Boris Johnson ha voluto notificare al mondo che i poveri cittadini nordcoreani, per consentire ai loro dittatori di sperperare soldi nelle “provocazioni nucleari”, sono “costretti a nutrirsi delle cortecce degli alberi”. Una dieta che i programmi governativi londinesi sembrano voler adattare alla popolazione britannica.

D'altra parte, se il Ministro degli esteri cinese Wang Yi ha invitato alla soluzione dei problemi nella penisola coreana attraverso il dialogo, il vice Ministro degli esteri russo Gennadij Gatilov, pur criticando “la provocatoria attività missilistico-nucleare di Pyongyang”, ha invitato USA e Corea del Sud a rivedere la decisione sul dispiegamento del sistema THAAD, che rappresenta “un ulteriore fattore destabilizzante nella regione”.

Secondo la Reuters, Washington potrebbe rispondere al lancio con un inasprimento delle sanzioni. Tokyo avrebbe inviato una nota di protesta a Pyongyang attraverso la propria rappresentanza diplomatica a Pechino; ma intanto il canale giapponese NHK continua a seguire le manovre della portaerei USA “Carl Vinson” che, a detta dell'agenzia Kyodo, potrebbe lasciare lo stretto di Corea ed entrare nel mar del Giappone per le manovre congiunte con la Corea del Sud.

Le Izvestija scrivevano alcuni giorni fa che, nel corso di un colloquio telefonico tra Xi Jinping e Donald Trump, Washington e Pechino si sarebbero accordati per lo sviluppo della collaborazione volta alla denuclearizzazione della penisola coreana. Cosa si intenda a Washington per denuclearizzazione, lo indicano forse i bombardieri, i sommergibili, i cacciatorpediniere che stazionano in permanenza attorno alla penisola, tutti in grado di portare o lanciare ordigni nucleari.

Non deve dunque sorprendere che Pyongyang, secondo quanto scrive Life.ru, dichiari di poter annientare le forze americane “fino all'ultimo uomo”. Appena tre giorni fa, un esponente del governo della RDPC aveva dichiarato alla CNN che il paese non cesserà “la sperimentazione missilistica e nucleare, che rappresenta una parte importante dei nostri costanti sforzi di rafforzamento delle forze nucleari, finché l'America non smetterà con i suoi atti aggressivi”. Nei giorni scorsi, nel corso di vaste manovre militari, Pyongyang aveva mostrato concretamente le proprie potenzialità di risposta.

Potenzialità che, secondo il Daily Star, con riferimento alle congetture di alcuni media giapponesi, sarebbero sostenute da Mosca, che starebbe fornendo alla RDPC materiale fondamentale per il suo programma nucleare. Il Sankei Shimbun scrive addirittura che “la Russia non deve permettersi di appoggiare un paese in possesso di armi di distruzione di massa e sviluppare con esso la collaborazione economica. Il corso politico avviato da Mosca” scrive il Sankei, “si distingue radicalmente da quello di Giappone, USA e Corea del Sud, i quali intraprendono passi contro la crescente minaccia in Asia orientale”. Minaccia che non contempla evidentemente, per i media giapponesi, il sistema THAAD in Corea del Sud, per il quale Washington pretende ora di presentare a Seoul un conto di 1 miliardo di dollari. Ipotesi che però, secondo la Associated Press, verrebbe respinta dai sudcoreani, al pari della pretesa americana di rivedere anche l'accordo sulla libertà di commercio.

Intanto, mentre la maggior parte delle apparecchiature per la messa in funzione del THAAD sono già giunte a destinazione in Corea del Sud e sia Pechino che Mosca ribadiscono il carattere di sbilanciamento strategico della dislocazione di tale sistema antimissilistico, la Cina fa sapere a Donald Trump di non essere affatto disposta a collaborare con Washington per “isolare la Russia all'ONU”. Il riferimento americano è con ogni probabilità al progetto di risoluzione sulla Siria, presentato lo scorso marzo da Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, su cui Mosca aveva posto il veto e su cui la Cina si era astenuta: il passo cinese era stato considerato dalla Casa Bianca come “un concreto successo del presidente” Trump. Ma “questa è solo l'opinione americana”, hanno dichiarato a Pechino. Russia e Cina godono di "relazioni bilaterali di partenariato e di cooperazione" e "i nostri rapporti hanno un serio potenziale di collaborazione. Per quanto possa mutare la situazione internazionale, il nostro impegno per lo sviluppo e l'approfondimento del partenariato multilaterale e la cooperazione strategica non cambierà". Trump è avvertito.

 

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