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La rottura con la Germania, vista dall’establishment Usa

Stiamo assistendo, a margine degli incontri per il G7 di Taormina, ad un arretramento della potenza statunitense, più accentuato di quello dell’amministrazione Obama che ha governato dal 2008 (data di inizio ufficiale della crisi attuale, anche la crisi sistemica è iniziata dagli anni settanta). in Europa, invece, si registrano spinte indipendentiste e rigurgiti fascio–razzisti, scricchiolii nella costruzione chiamata Unione EuropeaA prendere la palla al balzo, disegnando una direzione per tutto il Vecchio Continente, è la storica “Perdente”, quella che non ha mai ricevuto il permesso di costruire in proprio l’“ordigno fine del mondo”. La direzione indicata dal ristrutturato “asse franco-tedesco” è quella dell’irrobustimento di un polo imperialistico europeo a guida tedesca che dovrà andarsi a ritagliare un proprio spazio nella geopolitica globale, naturalmente a scapito dei popoli più poveri ed arretrati…

Una conferma autorevole dell’analisi fin qui ospitata da Contropiano, anche per quanto riguarda gli esiti del G7 siciliano, arriva direttamente dal Washington Post. Naturalmente, bisogna ricordare che lo storico giornale statunitense è la punta di lancia dell’opposizione interna a Trump, in nome e per conto dell’establishment.

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Grazie a Donald Trump, la Germania si accorge che non può contare più sugli Stati Uniti: cosa vuol dire?

Henry Farrell, per il Washington Post, 28 maggio 2017

Traduzione e cura di Francesco Spataro

Dichiarazione della Cancelliera Angela Merkel: “l’Europa non può più affidarsi ai propri alleati”.

Secondo una notizia dell’agenzia Reuters, ieri (domenica 28, ndr), dopo i recenti incontri del G7, il Cancelliere tedesco Angela Merkel, avrebbe dichiarato che l’Europa deve prendere il proprio destino nelle sue stesse mani.

La Cancelliera tedesca, ha inoltre annunciato, ad un affollato meeting in Baviera, nella Germania meridionale, che l’Europa non può più fare affidamento sui partners stranieri.

Così facendo ieri, la Merkel ha annunciato l’apertura di un nuovo capitolo nelle relazioni Usa/Europa, subito dopo i controversi incontri avuti la settimana scorsa, con il Presidente Donald Trump, dichiarando che “ora dobbiamo veramente prendere il nostro destino nelle nostre mani.”

Con una dura requisitoria sulla scia della visita di Trump della scorsa settimana in Unione Europea, presso le sedi Nato, ed al gruppo del G7, Angela Merkel ha annunciato, ad una sala gremita durante una festa dedicata alla birra bavarese, che i giorni in cui l’Europa poteva contare sugli altri, “erano in parte terminati. Questa la sensazione che ho percepito negli ultimi giorni.”

Questo dimostra un enorme cambiamento nella retorica politica; tutti sono al corrente, hanno grande familiarità con la “relazione speciale” che intercorre tra la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, ma al momento sembra che quella tedesco–statunitense abbia assunto un’ importanza ben più grande. Uno degli obiettivi chiave della Nato era di incastrare, in tutti i sensi, la Germania in un quadro internazionale tale da impedirle di divenire una minaccia alla pace nel continente europeo, così come era stata nelle due Guerre Mondiali. Usando le parole del Primo Segretario Generale della Nato, si immaginava di “tenere la Russia fuori, gli Stati Uniti dentro, e la Germania in stand–by, tranquilla. Ma adesso la Merkel lascia intendere che gli Americani non sono dentro veramente e, per estensione, la Germania e l’Europa, presumibilmente, potrebbero andare a ricoprire un ruolo molto più significativo ed indipendente di quello che hanno avuto negli ultimi settanta anni.

E tutto questo grazie a Trump

Il commento della Merkel su ciò che ha influenzato la sua opinione negli ultimi giorni è un chiaro riferimento al disastroso tour europeo del Presidente Trump. La sua convinzione che gli Usa non siano più un Paese di cui ci si può fidare, è il diretto risultato delle parole e delle azioni di Donald Trump. La chiave di volta della Nato è quell’articolo 5 che, generalmente, è stato da sempre interpretato come un impegno, da parte di tutti gli altri Stati membri, di intervenire in suo aiuto se uno Stato dell’Alleanza fosse stato attaccato militarmente. Durante la sua visita alla Nato, il Presidente Usa ha voluto dedicare una targa commemorativa, all’unica volta in cui è stato invocato l’articolo 5: quando tutti i membri della Nato hanno promesso di dare supporto agli Usa, dopo l’attacco terroristico alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. Tuttavia Trump, nel suo discorso alla Nato, non ha dimostrato un vero apprezzamento riguardo l’articolo 5; ha invece strigliato gli altri membri della Nato, per aver continuato a non investire abbastanza denaro in spese militari. Quando ha incontrato gli altri Paesi al G7, in Italia, si è rifiutato di impegnarsi di nuovo nell’accordo di Parigi sul cambiamento climatico, lasciando che le altre sei nazioni emettessero una dichiarazione separata.

Questo consolida la sensazione che gli Usa siano un partner inaffidabile. Trump ha rifiutato ostentatamente di esprimere un qualsivoglia impegno serio e formale ad un accordo che è stato, per le ultime tre generazioni, un baluardo nelle relazioni sulla sicurezza fra Usa ed Europa. Si è anche rifiutato di sottoscrivere una dichiarazione che afferma che gli Stati Uniti lavoreranno nell’ambito del quadro precedentemente concordato e che riguarda il riscaldamento globale. Di conseguenza, mentre molti Stati autoritari hanno accolto con favore l’elezione e le mosse di Trump, dal momento che è alquanto improbabile che eserciti pressioni su di loro per quanto riguarda i diritti umani o altri punti critici, necessariamente i tradizionali alleati degli Usa sono enormemente scoraggiati.

Tutto questo conduce ad un Europa più forte

La retorica della Cancelliera Merkel è chiaramente tesa a suggerire che, mentre le relazioni transatlantiche si fanno più deboli, più forte e potente diventerà l’Unione Europea. Nel momento in cui la Merkel connette il processo di Brexit, l’uscita della Gran Bretagna, dall’Unione Europea, con l’inaffidabilità degli Usa, suggerisce che, ora che il Regno Unito inizia il processo di uscita, sarà possibile per la UE concentrarsi sulla gestione dei suoi affari interni, spinta da una più forte relazione fra Francia e Germania, ricreando così lo storico asse franco-tedesco. La Gran Bretagna ha voluto tenere, da sempre, forti e vive le istituzioni transatlantiche per la sicurezza, come la Nato; e questa cosa, a volte, ha rinviato l’attribuzione di un nuovo ruolo di sicurezza della UE. Ora che la Gran Bretagna non fa più parte dell’Unione Europea, non avrà più potere di veto.

Ciononostante, la Merkel affronterà le sue personali sfide nella costruzione di un Europa più forte. L’Europa stessa si trova a dover fronteggiare diversi dissapori interni: nazioni come la Polonia o l’Ungheria si trovano maggiormente d’accordo, in molti settori, con la politica di Trump che non la Germania. Paesi che appartengono all’area meridionale dell’Europa, più povera, mal sopportano le politiche di austerity, per loro troppo gravose e dannose. Se la Germania vuole cooperare sulla sicurezza con la Francia, la Francia verosimilmente si rivolgerà alla Germania per fare concessioni sulla governance economica e sulle politiche di spesa. Anche se la Merkel ha recentemente accennato che queste concessioni sono possibili, potrebbero invece diventare controverse, incerte, se ci fosse un avvicendamento politico in Germania (inclusi membri più anziani del suo stesso partito); o anche solo se si andasse ad un confronto con lo stesso popolo tedesco.

Infine, le critiche presentate da Trump (e da molti altri leaders statunitensi prima di lui) non sono completamente errate: gli Stati europei spendono molto meno degli Usa in armamenti ed hanno di fatto dato in appalto la gran parte del loro apparato difensivo alle forze armate statunitensi.

Comunque, è importante notare che l’atteggiamento della Cancelliera tedesca è diametralmente opposto a quello di Trump; la Merkel è estremamente cauta, il suo linguaggio non è assolutamente impulsivo, avventato. Viceversa, sta iniziando a perorare la causa di una UE differente, più forte, autonoma, e non più incline a guardare agli Usa come leadership. Se la Merkel vincerà le prossime elezioni tedesche in modo decisivo, e sarà capace di assicurarsi un accordo con gli altri Stati europei per isolare il “fronte del no”, i paesi “dissidenti”, potrebbe mettere in moto un cambiamento sostanziale di lungo termine, nelle relazioni UE – Usa.

L’elezione di Trump può avere conseguenze globali di lungo termine

La gente comune non ha ancora riflettuto seriamente sulle conseguenze che l’elezione di Trump potrebbe avere per le politiche globali. In alcune parti del mondo si stanno creando delle grandi opportunità. Nazioni i cui interessi si scontrano con quelli degli Usa possono avere grandi possibilità di fare profitto, mentre gli Stati Uniti, la potenza egemone globale per eccellenza, è distratta dalle sue crisi interne. In altre parti del pianeta gli alleati, presumibilmente, stanno ricalibrando il loro atteggiamento, ed in particolare la loro dipendenza dagli Usa. Non hanno nessuna intenzione di delegare la loro sicurezza interamente ad un paese che è capace di eleggere un presidente inaffidabile ed ondivago come Trump, e quindi inizieranno a prendere le misure con le proprie sfide.

Se l’attuale amministrazione Usa ha deciso che non ha più bisogno di fare affidamento sui propri alleati come nel passato, quegli stessi alleati stanno decidendo di non affidarsi più agli Stati Uniti, e stanno iniziando ad abbozzare i loro accordi interni, che diminuiranno la capacità degli Usa di influenzare le proprie azioni e le proprie decisioni.

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