L’Ucraina celebra oggi il 26° anniversario della “indipendenza” (dall’URSS). Per il centro di Kiev sfilano, al suono del rinnovato inno dei filonazisti di OUN-UPA, reparti delle forze armate di dieci paesi della NATO. Rappresentanti politici ad alto livello di USA, Canada, Lituania e Georgia assistono alla parata a fianco di Petro Porošenko. Il prossimo passo, nota balalaika.ru, sarà il passaggio del comando militare direttamente nelle mani di strateghi e generali USA, come fu per la Corea o il Viet Nam. D’altronde, se massimi rappresentanti statunitensi sono di casa a Kiev e alte cariche militari visitano regolarmente settori del fronte nel Donbass, ufficiali yankee si alternano in permanenza nei poligoni ucraini di addestramento dei battaglioni neonazisti. E, però, secondo recenti sondaggi, ripresi da novorosinform.org, la percentuale di ucraini favorevoli all’ingresso nella NATO sarebbe cresciuta dal 14% del 2013, all’attuale 40%, contro il 36% di contrari. Secondo il Fondo “Iniziative democratiche”, le maggiori percentuali a favore si registrano nelle regioni centrali e occidentali: per lo più da esse proviene, è il caso di ricordarlo, il grosso dei battaglioni neonazisti.
Come ha ricordato nei giorni scorsi il Segretario del PC ucraino, Pëtr Simonenko, il disegno dei padrini occidentali, è quello di trasformare il paese in una appendice di riserve di materie prime per le multinazionali occidentali. Lo ha dichiarato apertamente l’ambasciatrice yankee a Kiev, Mari Jovanovič, dicendo che l’Ucraina dovrà diventare “una grande potenza agraria”: sottinteso, per Monsanto, Dupont & Co. Insomma, ha notato Simonenko, una variante del piano Morghenthau – che alla fine della Seconda guerra mondiale intendeva trasformare la Germania in paese bucolico, privo di industrie – per la definitiva deindustrializzazione dell’Ucraina. Senza guardare troppo lontano, ai vagoni carichi di migliaia di tonnellate di fertilissima terra nera portata via dal paese, basti pensare al taglio di piante dal fusto circolare, limitatissimo o addirittura proibito in quasi tutti i paesi europei e che, in Ucraina, ha assunto dimensioni tali da rischiare una catastrofe ecologica. La UE, cui tanto ardentemente aspira l’Ucraina golpista, ha posto la fine della moratoria sull’esportazione del legname circolare, come condizione per l’ulteriore prestito a Kiev di 600 milioni di euro.
Già ora, del resto, afferma l’economista Sergej Korablin, dal momento della “indipendenza”, il PIL reale del paese si è ridotto del 35% e, secondo la Banca Mondiale, si tratta del peggior risultato degli ultimi 24 anni. Secondo Korablin, tra 166 paesi di cui sono accessibili le statistiche, solo in 5 casi il PIL si è ridotto: del 29% in Moldavia, 15,4% in Georgia, 2,3% nello Zimbabwe, del 0,9% nella Repubblica Centroafricana; in tutti gli altri paesi è cresciuto. Vero è, sostiene l’economista, che il crollo più pauroso del PIL ucraino, si registrò negli anni immediatamente successivi alla rottura dall’URSS; ciononostante, il paese rimane ai margini dell’economia mondiale e paurosamente indietro rispetto ai suoi più stretti vicini.
L’ex deputato e oggi uno dei maggiori leader del PC ucraino, Georgij Krjučkov, sottolineando come tutte le leadership succedutesi nei 26 anni della “indipendenza” abbiano teso a stringere sempre più legami con l’Occidente, ad ambire ad essere ammessi nella NATO e nella UE, ricorda come nella risoluzione adottata nel 1996 dal Congresso USA “A sostegno dell’indipendenza dell’Ucraina”, si esigesse la veloce “liquidazione dei settori socialisti dell’economia ancora rimasti” e la generale privatizzazione delle maggiori industrie strategiche, soprattutto energetiche, appetitose per i monopoli stranieri. E’ così che, nei 26 anni di “indipendenza”, ad esempio, è scomparsa la Compagnia di navigazione del Mar Nero, con la maggioranza dei lavoratori ridotti a fare i braccianti.
Oggi, il PIL raggiunge appena i 2/3 di quello del 1991 e quest’anno sarà forse l’85% del 2013. Ferme metallurgia, chimica, agricoltura. Secondo dati UE e ONU, il 67% della popolazione è considerata povera, dato che spende meno di 5 dolleri al giorno; l’attesa di vita è inferiore di 13 anni rispetto alla media europea e nel 2016 l’Ucraina occupava il 4° posto per mortalità su 226 paesi. Si sta insomma realizzando, scrive Krjučkov, il piano occidentale di portare la popolazione a non più di 13-15 milioni: dal 1991 questa è passata da 52 a 42 milioni. Tutto ciò, grazie alle “riforme” imposte dal FMI. Secondo Transparency International, l’Ucraina è al 131 posto mondiale per corruzione, mentre vanno avanti i processi legati al cosiddetto “repulisti” e alla “decomunistizzazione”.
L’unica consolazione dalla tragica situazione economica, con tariffe che aumentano del 40 e anche del 70% e la maggioranza dei pensionati che fa economia anche sul pane, per moltissimi ucraini è la convinzione, secondo Komsomolskaja Pravda, che “gli americani sono tenuti ad aiutarci”! Di fatto, afferma il politologo Aleksandr Rešmetdilov, “quando arrivano a Kiev elementi così in vista come il capo del Pentagono, questo può significare solo che gli americani vogliono conoscere di prima mano lo stato delle cose. Alla vigilia della decisione sull’eventuale fornitura di armi letali all’Ucraina, il capo del Pentagono vuole sapere da Porošenko come stiano davvero le cose e quanto sia opportuna quella fornitura”.
Ma, nota Sergej Khudiev, su Vzgljad.ru, negli ultimi tempi un certo numero di persone, entusiasti sostenitori di majdan, hanno iniziato a esprimere forti dubbi sui suoi benefici e anche a pentirsi di avervi preso parte. Non sarebbe né saggio, né utile, afferma Khudiev, ignorare il fenomeno; né, tantomeno, reagire con espressioni del tipo “giocano sul presentimento”, “troppo tardi per pentirsi”, “hanno paura di dover rispondere per quanto hanno fatto”, e così via. La maggior parte delle persone (in Ucraina e altrove) tende a conformarsi alle opinioni di chi sta loro intorno, o ai dirigenti, o a quanto racconta la TV; ma, “se vogliamo che perda sempre più adepti la credenza per cui “tutto ciò che viene da maydan è buono e la causa di ogni problema è la Russia”, allora non dobbiamo attaccare coloro che abbandonano tale credenza. Certo, non diventeranno sostenitori ardenti della Russia; ma sono comunque persone riflessive con cui il dialogo è possibile. Se vogliamo che scenda il grado generale di follia, allora dovremmo salutare con simpatia le persone che, col buon senso, riconoscono i propri errori”.
E ci ha pensato in questi giorni il governatore di Odessa, Maksim Stepanov, a sollevare il morale degli ucraini – quelli che ancora ci credono, alla “indipendenza” – sfornando nuove perle sulla primogenitura ucraina nei più svariati campi dello scibile umano. Stepanov ha citato la “Costituzione di Pylyp Orlik” del 1710 come la prima costituzione al mondo, tacendo ovviamente sul cinquecentesco statuto lituano o sulla duecentesca Carta inglese. Poi, gli ucraini hanno regalato all’umanità l’elicottero, i raggi x e la cinematografia. Nei giorni scorsi, sempre per celebrare la “indipendenza”, Kiev aveva inserito, tra i “maggiori 26 ucraini che hanno fatto grande il paese”, accanto ai fratelli Vladimir e Vitalij Kličkò (!), qualificandolo come ucraino, l’antropologo e biologo russo di origini ucraine, tedesche e polacche Nikolaj Miklukho-Maklaj. Il tutto, sulla scia della Gioconda leonardiana (ucraina), Buddha (ucraino), il Canada (donato al mondo dagli ucraini), il leggendario eroe russo Ilja Muromets, Čajkovskij, Dostoevskij e Genghis Khan, tutti ribattezzati ucraini e i cosacchi, che nel XVI secolo avevano creato la prima flotta sottomarina al mondo.
Il miraggio della “indipendenza” gioca brutti scherzi.
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