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Nei campi di Sabra e Chatila, per non dimenticare niente e nessuno

Anche quest’anno una delegazione del Comitato “Per non dimenticare Sabra e Chatila” si recherà in Libano nei prossimi giorni in occasione del 35° anniversario del massacro di Sabra e Chatila.

La delegazione – che partirà sabato prossimo, 16 settembre –  si compone di 27 persone che provengono da Roma, Modena, Torino, Napoli, Palmi in Calabria, Salerno, Vasto. Genova, comitati di solidarietà con la Palestina, centri sociali, associazioni di volontariato.
Il programma prevede le visite ai campi profughi palestinesi, gli incontri con i familiari delle vittime del massacro di Sabra e Chatila,  la commemorazione del massacro, gli incontri con ONG, associazioni culturali e  forze politiche palestinesi e libanesi, visite ai centri gestiti nei campi dai nostri partner dell’associazione Beit Atfal Assomoud.

Duemila abitanti palestinesi e libanesi dei campi di Sabra e Chatila, alla periferia di Beirut, vennero massacrati dal 16 al 18 settembre del 1982 da miliziani delle forze filo-israeliane, sotto la supervisione e con il sostegno logistico dell’esercito di Tel Aviv che aveva occupato da poche ore Beirut ovest. Pochi giorni prima le forze multinazionali, che avrebbero potuto difendere i campi profughi dopo la partenza da Beirut dei fedayin palestinesi e far rispettare l’impegno israeliano a non entrare nella parte occidentale della città assediata dal giugno precedente, si erano prematuramente ritirate. Sino ad oggi nessuno ha pagato, nessuno ha chiesto perdono al popolo palestinese e alle vittime dell’eccidio.

Il Comitato “Per non dimenticare Sabra e Chatila” è impegnato dal 2000, grazie allo sforzo dei compianti Stefano Chiarini e Maurizio Musolino, nell’ambito di un Comitato internazionale, a ricordare quel tragico evento, andando in Libano a portare solidarietà ai rifugiati palestinesi che vivono nei campi profughi, ospiti nel Paese del Cedri da oltre sessanta anni.

La delegazione che sarà nei campi profughi palestinesi in Libano rivendica l’obiettivo di:

– stare accanto ai palestinesi durante le celebrazioni del 35° anniversario del massacro

– conoscere la realtà di un popolo rifugiato

– chiedere alle autorità e alle forze politiche libanesi, con le quali il nostro paese ha ottimi rapporti di cooperazione, che venga fatto ogni sforzo per consentire ai palestinesi di avere una vita dignitosa

– ricordare che il Diritto al Ritorno è sancito dalla legge internazionale ma disatteso.

– realizzare il progetto di un generatore di corrente per i campi profughi a fronte dei numerosi e sistematici black out. In questi mesi sono stati raccolti in tutta Italia i fondi sufficienti per il suo acquisto.

Il tema del diritto al ritorno per il popolo di Palestina, ignorato da troppi, dentro e fuori il mondo arabo-mediorientale, sarà al centro delle iniziative con cui i palestinesi che vivono nei campi profughi del Libano – oltre 400 mila persone – ricorderanno le vittime della strage e le cause della loro lunga diaspora, chiedendo al Libano e al mondo intero di non considerarli uomini e donne da dimenticare.

L’ebraicizzazione di Israele, l’espandersi delle colonie, le dichiarazioni fatte da Trump a Netanyahu – che segnano la fine dell’ipotesi “due popoli due Stati” – rappresentano la punta più alta del programma neocoloniale del sionismo, eliminando il diritto al ritorno dei non ebrei, dei palestinesi nati in quelle terre. La nostra presenza in Libano è finalizzata anche a denunciare questo trattamento intollerabile e razzista. E soprattutto la delegazione vuole continuare a denunciare i nostri silenzi, quelli dell’Occidente, dell’Europa, del nostro Governo sulla situazione del popolo palestinese.

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