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Rajoy vuole la resa della Catalogna; altri tre giorni di ultimatum

Cinque più tre fa otto. Al primo ultimatum, ora Mariano Rakoy aggiunge una mini-proroga prima dell’attivazione dell’art. 155 della Costituzione spagnola, che gli consentirebbe di licenziare il presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, sostituendolo con un plenipotenziario di fiducia del governo centrale.

Non ha infatti sortito alcun effetto la lettera inviata oggi dal presidente catalano al “superiore” di Madrid, in risposta al primo ultimatum (“Puigdemont chiarisca se ha dichiarato l’indipendenza o no”). La lettera, che sotto pubblichiamo, è a suo modo un capolavoro di equilibrismo letterario, in cui da una parte si ribadisce che il voto del primo ottobre gli consegna l’autorità di dichiarare l’indipendenza della Catalogna e dall’altra si chiede un periodo di tempo per colloqui dedicati ad “esplorare la possibilità di primi accordi”. Quasi che il rapporto tra Barcelona e Madrid possa seguire le procedure di contrattazione utilizzate per la Brexit dall’Unione Europea.

Ma altri ministri madrileni hanno immediatamente fiancheggiato “il federale” alla Moncloa, dichiarando che la lettera di Puigdemont non sarebbe valida “per mancanza di chiarezza” (il ministro della Giustizia spagnolo, Rafael Catalá) o addirittura che “Questa lettera non costituisce una risposta” (il ministro degli esteri.

Come si era già compreso, tutto il governo centrale guidato dall’ex franchista non ammette nessuna discussione, quindi neanche una minima trattativa in direzione di una separazione della Catalogna dal resto della Spagna.

Messa così, Madrid chiede la pura e semplice capitolazione del governo catalano, ossia la rinuncia totale all’indipendenza, ora e in un qualsiasi futuro. Punta evidentemente, nell’immediato, ad inasprire le differenza di vedute presente all’interno della maggioranza indipendentista, sfruttando la palese ostilità dell’Unione Europea e del grande capitale (sia finanziario che industriale). Mentre quest’ultimo minaccia il possibile strangolamento economico (banche e industrie “pesanti” si dichiarano pronte a lasciare la Catalogna per altre sedi), il più rude Rajoy ha già mosso la Guardia Civil e allertato l’esercito.

La lettera di Puigdemont:

“Stimato Presidente Rajoy:
La situazione che viviamo è di tale trascendenza che esige risposte e soluzioni politiche che siano all’altezza. La mia lettera vuole contribuire a raggiungere questo tipo di risposte, che sono quelle che ci chiede la maggioranza della società e che si attendono in Europa, che non comprende altro modo di risolvere i conflitti che non passi attraverso il dialogo, il negoziato e l’accordo.
In questo senso, mi ha sorpreso che nel suo scritto dello scorso 11 ottobre annunciasse la volontà del suo governo di attivare l’articolo 155 della Costituzione per sospendere l’autogoverno della Catalogna. Quando lo scorso 10 ottobre, rispondendo alla petizione di numerose personalità e istituzioni internazionali, spagnole e catalane, le prospettai un’offerta sincera di dialogo, non lo feci come una dimostrazione di debolezza, ma come una proposta onesta per trovare una soluzione al rapporto tra lo Stato spagnolo e la Catalogna, che è bloccato da molti anni.
Domenica 1° ottobre, nel mezzo di una violenta azione della polizia denunciata dai più prestigiosi organismi internazionali, più di due milioni di catalani hanno assegnato al Parlament il mandato democratico di dichiarare l’indipendenza. Ai risultati di questo referendum bisogna aggiungere quelli delle ultime elezioni per il Parlament della Catalogna, dove una chiara maggioranza, un 47,7 per cento, votò per le forze indipendentiste, e dove le forze esplicitamente contrarie all’indipendenza ottennero un 39,1 per cento. È anche necessario ricordare che un 80 per cento dei cittadini sta manifestando in modo reiterato la volontà di decidere il proprio futuro politico votando in un referendum concordato. Accettare la realtà è il cammino per risolvere i problemi.

La priorità del mio governo è cercare con tutta l’intensità la via del dialogo. Vogliamo parlare, come lo fanno le democrazie consolidate, sul problema che le prospetta la maggioranza del popolo catalano che vuole intraprendere il suo cammino come Paese indipendente nell’ambito europeo.
La sospensione del mandato politico venuto dalle urne il 1 ottobre dimostra la nostra ferma volontà di trovare una soluzione e non lo scontro. La nostra intenzione è percorrere il cammino in modo concordato, tanto nei tempi come nelle forme. La nostra proposta di dialogo è sincera e onesta. Per tutto ciò, nel corso dei prossimi due mesi, il nostro principale obiettivo è invitarla a dialogare e che tutte quelle istituzioni e personalità internazionali, spagnole e catalane che hanno espresso la loro volontà di aprire un cammino negoziale abbiano la possibilità di esplorarlo. Verificheremo in questo modo l’impegno, di ciascuna delle due parti, nella ricerca di una soluzione concordata.
Per tutto ciò, le trasmetto due richieste:
La prima, che si fermi la repressione contro il popolo e il governo della Catalogna. Questo stesso lunedì sono citati come imputati alla Audiencia Nacional due dei leader della società civile catalana che hanno promosso le manifestazioni pacifiche di milioni di persone a partire dall’anno 2010. È anche citato, presso la Audiencia Nacional, il maggiore dei Mossos d’Esquadra, uno dei quadri di polizia con maggior prestigio della polizia europea e che compie il suo lavoro in maniera rigorosa e garantista.
Nel capitolo della repressione, abbiamo anche subito, tra l’altro, la violazione di diritti fondamentali; il congelamento di conti bancari che impedisce che possiamo portare a compimento i nostri obblighi con le persone più bisognose; la censura di Internet e di mezzi di comunicazione; la violazione del segreto postale; l’arresto di servitori pubblici e la brutale violenza esercitata contro la popolazione civile pacifica il 1° ottobre. La nostra proposta di dialogo è sincera, nonostante tutto ciò che è accaduto, ma logicamente è incompatibile con l’attuale clima di crescente repressione e minaccia.
La seconda richiesta è che fissiamo, prima possibile, un incontro che ci permetta di esplorare la possibilità di primi accordi. Non lasciamo che si deteriori ancor di più la situazione. Con buona volontà, riconoscendo il problema e guardandolo in faccia, sono sicuro che possiamo trovare il cammino per la soluzione.
Cordialmente,
Carles Puigdemont i Casamajó
Presidente della Generalitat de Cataluña

Barcellona, 16 ottobre 2017

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