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Immagini impressionanti dei bombardamenti ucraini sul Donbass

A dispetto di ogni promessa e di ogni accordo sul cessate il fuoco in occasione delle festività di fine anno, le forze ucraine continuano a martellare il Donbass. Il 30 dicembre è stato colpito con proiettili incendiari un edificio civile alla periferia occidentale di Donetsk; qualche giorno prima, oltre trenta razzi Grad avevano bersagliato la periferia nord della capitale della DNR. Secondo Russkaja Vesna, la recrudescenza del conflitto, soprattutto nella settimana dal 16 al 22 dicembre, in particolare dopo la partenza degli osservatori russi della Commissione di ispezione congiunta, è la più acuta degli ultimi tempi. I centri più colpiti sono stati, nella DNR, Gorlovka, Jasinovataja, Dokučaevsk, Golmovskij, Dolomitnoe; nella LNR, Pervomajsk, Stakhanov, Kalinovo, bersagliate con razzi Grad, artiglierie da 122 e 152 mm, mortai da 82 e 120 mm. Gli ufficiali russi avevano abbandonato i punti di controllo, a causa dei continui bombardamenti ucraini, ma Kiev, Berlino e Parigi hanno immediatamente chiesto il loro ritorno, forse temendo uno scenario del tipo di Debaltsevo, quasi tre anni fa, allorché l’offensiva ucraina si era trasformata in una sacca costata a Kiev molte centinaia di soldati, tra morti e feriti.

Gli osservatori OSCE certificano quasi quotidianamente l’assenza di vari mezzi corazzati o artiglierie pesanti dalle basi lontane dal fronte in cui dovrebbero trovarsi, secondo gli accordi di Minsk: segno che vengono impiegati nei combattimenti.

Tiri di fucileria, lanciagranate automatici su affusto AGS-17 e cannoni senza rinculo SPG-9 sono stati segnalati anche su Logvinovo, Frunze, Veselogorovka, Petrovskoe, Krasnyj Liman e vari villaggi lungo la direttrice di Mariupol. Nel villaggio di Golmovskij, bombe di mortaio e razzi Grad sono caduti nell’area dell’asilo infantile, fortunatamente in giorno di vacanza; la correzione di tiro è stata effettuata con l’ausilio di droni. La reazione delle milizie, con l’intervento di sniper, ha portato alla liquidazione di alcuni combattenti ucraini. Combattimenti anche in diverse aree del fronte meridionale, come testimoniano numerose immagini e racconti di miliziani. Tiri di mortai su Kalinovka, Khristovoe e Želobok, nella LNR. Proiettili d’artiglieria da 122 e 152 mm e mine di mortaio da 82 e 120 mm su Trudovskie, PervomajsK, Lozovoe e sulla direttrice KalinovoStakhanov-Pervomajsk. Aspri combattimenti nelle aree di Sanžarovka, Almaznaja, Zajtsevo. Nella DNR, colpiti edifici civili a Jasinovataja con l’impiego di artiglierie pesanti e, sotto la copertura della bandiera canadese, colpita Dokučaevsk; nella LNR, è toccato al villaggio di Černukhino. A Jasinovataja, un civile è rimasto ucciso e sei feriti; morti anche due miliziani della DNR. Nella LNR (Rusvsna non specifica la località) una donna è rimasta uccisa in seguito ai bombardamenti ucraini e altri tre civili feriti; morto un miliziano.

E’ in questa situazione che rimane al centro dell’attenzione la questione delle forniture statunitensi e canadesi di armi letali all’Ucraina, che il falco John McCain assicura “esser necessarie per il raggiungimento della pace”, con il lanciarazzi Javelin, che testimonia di come “gli USA sostengano i propri alleati nella difesa dell’indipendenza e dell’integrità territoriale”. Javelin, che spara razzi controcarro da 80.000 dollari l’uno: la distruzione degli 800 della sola DNR, osserva Moskovskij Komsomolets, costerebbe a Kiev 64 milioni di dollari (un esemplare di Javelin, completo di 6 razzi, costa 1,3 milioni di $), oltre ai costi di formazione dei militari ucraini.

Ma, già prima dell’annuncio ufficiale di USA e Canada, da tempo, almeno quattro paesi dell’ex “blocco sovietico” – Romania, Bulgaria, Polonia e Lituania – riforniscono Kiev di armi, come ammesso indirettamente dal direttore dell’ucraina “Spetstekheksporta”.

Ammissione che fa il paio con quella, obliqua, del Segretario di stato alla difesa, James Mattis il quale, come riporta Sputniknews, ha assicurato che il numero di istruttori USA in Ucraina rimane per ora invariato e che aumenterà solo nel caso che cresca il numero di soldati ucraini da addestrare: è questo, per l’appunto, il caso che si presenta per l’impiego, non del tutto semplice, dei Javelin!

La recente decisione USA, in effetti, non fa che ufficializzare quanto tutti sanno dall’inizio non solo della guerra nel Donbass, ma dalle giornate di majdan. Come ha detto in un’intervista a PolitNavigator il texano Russel Bentley, volontario nelle milizie della DNR, gli “USA forniscono armi ai nazisti ucraini dall’inizio della guerra: a cominciare dagli sniper georgiani che uccisero i manifestanti e i “Berkut” a majdan, fino al giorno d’oggi”. Nonostante ciò, “la situazione militare non cambierà, nemmeno con le forniture di armi letali. E non si può nemmeno dire che tali armi verranno impiegate per la difesa: non si usano certo i fucili da sniper, ad esempio, e tantomeno i Javelin, per difendere la popolazione civile”. La situazione, afferma Bentley, “rimarrà la stessa fino alla fine della guerra e i comandi ucraini possono benissimo rubare le armi americane per rivenderle al mercato nero”. Voglio dire, conclude il texano, che “la legalizzazione delle forniture di armi all’Ucraina, è una colpa in primo luogo degli stessi americani. Noi vendiamo armi a nazisti e assassini, a criminali, a persone che il giorno dopo le useranno contro i civili di Jasinovataja. E’ una colpa e una vergogna per i militari americani. Trump e il suo governo e anche tutti gli americani devono vergognarsi”.

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