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Nuove forniture di armi USA all’Ucraina?

Continua a rimanere tesa la situazione lungo tutta la linea del fronte nel Donbass, con la ripresa di massicci bombardamenti ucraini che, tra sabato e domenica scorsi, in corrispondenza con l’arrivo del rappresentante speciale del Dipartimento di stato USA per le questioni ucraine, Kurt Volker, erano arrivati a lambire anche le immediate periferie di Donetsk. Le forze punitive di Kiev intendevano evidentemente in tal modo mostrare la propria efficienza all’inviato del loro sponsor d’oltreoceano.

Ora Volker, da alcuni giorni in giro d’ispezione per controllare il lavoro della junta golpista, in particolare sul fronte del Donbass, ha dichiarato che non c’è nemmeno da pensare a un riconoscimento americano delle azioni russe in Crimea e nel sudest dell’Ucraina. Sono territori “sottoposti ad aggressione e occupazione” ha detto Volker; “per quanto riguarda la Crimea, la stessa Russia dichiara di averla annessa. E’ semplicemente inaccettabile. Non è possibile arrivare e arraffare i paesi di altri popoli”. Alla vigilia Volker – tra l’altro, nominato nell’incarico, si dice, su richiesta russa, dopo l’incontro Trump-Putin – aveva dichiarato alla BBC che Washington sta attentamente esaminando la possibilità di forniture di armi letali all’Ucraina, la qual cosa potrebbe “cambiare sostanzialmente l’atteggiamento della Russia e obbligare Mosca a smettere di minacciare Kiev”.

Prima ancora, portatosi in prossimità del fronte lungo la linea di separazione nel Donbass, in compagnia dell’ambasciatrice USA Mari Jovanovič e altri rappresentanti del Dipartimento di stato, tessendo le lodi dei reparti punitivi ucraini che occupano Avdeevka, aveva detto che “non si tratta di un conflitto congelato, ma di una guerra rovente e il prezzo è pericolosamente alto: la vita umana”. L’obiettivo USA, aveva dichiarato Volker nell’occasione, è quello “di ristabilire l’integrità e la sovranità dell’Ucraina”.

Riguardo alle nuove eventuali forniture di armi “difensive” USA, in particolare i lanciarazzi controcarro “Javelin”, l’analista Anatolij Vasserman ritiene che, in ogni caso ciò non possa cambiare di molto la situazione, per il semplice fatto che le milizie non fanno così largo uso di carri armati; “si tratta più verosimilmente di una questione di business”. Questo, nonostante che Volker abbia platealmente affermato a Radio Svoboda che “la Russia si trova già in Ucraina con i propri armamenti pesanti. Là ci sono più carri russi di quanti ce ne siano in tutti paesi dell’Europa occidentale messi insieme. E ancora un altro grosso contingente è concentrato alle frontiere ucraine. La Russia ha tutto il diritto di farlo. E’ il suo territorio” e dunque la fornitura di armi USA a Kiev “non può in alcun modo mutare l’equilibrio delle forze”. In ogni caso, dice ancora Vasserman, anche se dal punto di vista strettamente militare la situazione potrebbe mutare di poco, non è il caso di tranquillizzarsi: dal punto di vista puramente propagandistico, la fornitura di armi USA costituirebbe “l’ennesimo round di appoggio americano ai più manifesti e freddi terroristi tra la numerosissima clientela terroristica USA”.

La reazione ufficiale di Mosca alla possibile fornitura di armi USA alla junta golpista è venuta per bocca del portavoce presidenziale Dmitrij Peskov: “Qualsiasi passo che porti ad accrescere la tensione lungo la linea di separazione, non farà che allontanarci dalla soluzione del conflitto”.

In ogni caso, sembra che Volker abbia tenuto a sottolineare che la decisione definitiva sulle forniture non è stata ancora presa. Di più: a Kiev sembrano accogliere come “una pugnalata alla schiena” l’annuncio di Volker sull’intenzione di recarsi nella Repubblica popolare di Donetsk e incontrarsi con i suoi leader. “Valutiamo positivamente ogni possibilità di soluzione pacifica del conflitto” ha dichiarato il presidente dell’Assemblea del popolo della DNR Denis Pušilin; “tuttavia, al momento non disponiamo di alcuna informazione ufficiale” a riguardo.

Una ulteriore doccia fredda per i golpisti ucraini è venuta poi dalle parole di Donald Trump circa i tentativi di interferenza e sabotaggio della sua campagna elettorale da parte di Kiev che, come noto, si attendeva un aperto e massiccio appoggio bellico in caso di vittoria di Hillary Clinton e, dunque, non aveva nascosto le proprie simpatie per la candidata “democratica”. Il leader del Partito Radicale Oleg Ljaško ha definito le parole di Trump un “pericoloso segnale per noi. Se il presidente Porošenko disponesse di un forte nucleo interno e non mostrasse di fronte a chiunque una schiena molle e fosse meno elastico nei confronti di questi mercenari eurostronzi che lo circondano, l’Ucraina avrebbe molti meno problemi!”, ha detto.

Un po’ troppo presto per parlare di “soluzione” russo-americana della questione ucraina. Ma se qualcuno a Kiev sente un po’ strizza, non ce ne rattristiamo di sicuro.

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