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Afrin. L’aviazione turca uccide anche due militari Usa

Gli attacchi aerei dell’Air Force turca contro l’enclave curda di Afrin in Siaria, hanno ucciso due consiglieri militari statunitensi.

Il Pentagono non ha ancora commentato. La Casa Bianca ha tenuto una conversazione telefonica con il presidente turco, dove è stata discussa la situazione in Siria.

Donald Trump ha detto di essere preoccupato per l’escalation della violenza in Afrin e ha invitato il suo collega turco a limitare le azioni delle forze armate in questa regione.

Ankara continua l’operazione militare contro le forze di autodifesa popolare YPG nel nord del paese.

Ma la situazione è ancor apiù complicata perché l’avanzata delle truppe di Erdogan avviene grazie a una nuovissima fornitura di carri armati tedeschi Leopard2, appena dismessi dalla BundesWehr.

La notizia è arrivata grazie alla denuncia di Stefan Liebich, deputato della Linke.

 

Qui di seguito l’articolo apparso su il manifesto.

Grosse koalition d’affari, export per 25 miliardi di armi

Sebastiano Canetta

C’è il «contratto di coalizione» Merkel-Schulz, con lo stop alla vendita di armi per chi alimenta la guerra in Yemen. E il governo in carica, guidato dalla medesima Groko, costretto ieri dalla Linke a ufficializzare l’export-record di 25 miliardi di euro negli ultimi 4 anni. Tutto a beneficio anche di Arabia Saudita, Emirati Arabi ed Egitto. Cioè gli Stati-canaglia.

SI AGGIUNGE al finto embargo al regime di Erdogan, sempre e comunque puntellato da socialisti e democristiani. Con la prova tv della cobelligeranza tedesca nell’offensiva turca contro i curdi: i carri armati Leopard-2 sono proprio quelli dismessi dalla Bundeswehr e girati alle truppe del «sultano».

DUE SCANDALI che investono la cancelliera nel pieno della formazione del suo quarto governo. Ma anche una grana politica per i socialisti di Martin Schulz: la delega sugli armamenti, fino a marzo, apparteneva all’attuale ministro degli esteri Sigmar Gabriel. Paradossi stridenti con il pacifismo scritto nelle 28 pagine del patto d’alleanza firmato il 12 gennaio. E soprattutto pessima pubblicità per i dirigenti socialdemocratici impegnati a convincere gli iscritti (che voteranno il referendum a febbraio) della bontà di continuare a governare con Mutti fino al 2021.

TRA IL 2014 e il 2017 il governo Spd-Cdu ha venduto agli Stati extra-Ue e Nato prodotti militari per 17,8 miliardi: il 47% in più rispetto al secondo mandato di Merkel. Nell’elenco spiccano gli ordini per 1,3 miliardi dell’Algeria ma viene a galla anche il mega-business con Riyad, il Cairo e Dubai.

La “scoperta” si deve a Stefan Liebich, deputato della Linke concentrato sul rapporto ufficiale del ministro dell’economia. «Quattro anni fa la Spd aveva promesso di abbandonare l’esportazione basata sul fattore economico. Ma il canale delle armi si è aperto ancora di più» riassume Liebich sul canale Ard.

SI AGGIUNGE al doppio-gioco sulla Turchia: i video dell’operazione militare contro i curdi in Siria restituiscono la «manovra a pettine» dei Leopard-2 che un ex carrista (come chi scrive) non fatica a riconoscere. Con serventi, capicarro, piloti e cannonieri immortalati nel battesimo del fuoco del tank prodotto da Krauss-Maffei, come ben sanno i combattenti curdi che finora ne hanno distrutti una quindicina. Per questo i generali di Erdogan hanno comprato da Berlino l’aggiornamento alla versione A-6, che protegge da mine e armi contro-carro.

Anche di questo particolare sarà chiamata a rispondere la cancelliera. «Nelle prossime settimane dovrà spiegare al Bundestag la responsabilità nell’escalation in Siria» puntualizza Jan Korte della Linke.

MENTRE SI ATTENDE la giustificazione di Gabriel: la fornitura ai turchi delle nuove corazzature e di centinaia di mezzi usati dall’esercito tedesco è andata in porto grazie al suo avvallo. Per questo la portavoce del gruppo disarmo dei Verdi Agnieszka Brugger chiede a Spd e Cdu di «dichiarare chiaramente la posizione sulla guerra contro i curdi». Anche se c’è poco da dire: a settembre alla commissione parlamentare Gabriel ha già ammesso che solo nei primi 8 mesi del 2017 sono stati approvati ordini solo ad Ankara per 25 milioni di euro. Molto meno dei 69 incassati l’anno precedente, ma pur sempre un mega-stock bellico impiegato nello stesso teatro di guerra che a parole si vuole fermare.

DIECI GIORNI fa i partner della GroKo hanno messo nero su bianco lo «stop immediato alla consegna di armi ai Paesi coinvolti nel conflitto in Yemen». Con il portavoce Steffen Seibert che assicurava come la Germania «non sta prendendo decisioni fuori-linea rispetto al risultato dei colloqui». Prima dell’evidenza del deal denunciato dalla Linke.

NELLA REALTÀ l’unico fuso su cui cammina la politica sulle armi di Berlino coincide con la riga dell’interesse del made in Germany: dalla Mtu di Monaco che fabbrica i motori per gli Eurofighter alla Diehl di Norimberga che costruisce razzi per gli F-16 Usa. Dai sottomarini “italiani” di ThyssenKrupp alle munizioni perforanti di Rheinmetall. Fino all’Airbus militare del consorzio Eads. E all’annunciata partnership per costruire armi «per la difesa europea» insieme alla Francia.

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