A sinistra c’è ancora chi fatica a capire che lo “spazio istituzionalizzato” entro cui tutti ci muoviamo non è più quello nazionale. Si tratta di uno spazio normato sulla base di trattati internazionali – indiscutibili per le varie popolazioni – e che ha assunto nel tempo molte delle prerogative tipiche dello Stato.
La comunità così creata è un ibrido per molti versi mostruoso di regole economiche inviolabili (vincoli di Maastricht, Fiscal Compact, ecc) e assenza di possibilità di retroazione democratica su decisioni che prescindono totalmente dalle normali esigenze delle popolazioni. Anzi, il sistema delle regole comunitarie è stato costruito intenzionalmente in modo tale da impedire che un mutamento di orientamento politico di qualsiasi paese membro – sulla base di regolari elezioni democratiche – possa mettere in discussione quel sistema di regole. E’ quello che il presidente della Banca centrale europea (Bce), Mario Draghi, ha chiamato spesso “pilota automatico”. O che il meno diplomatico Wolfgang Schaeuble – per decenni ministro dell’economia tedesco – ha sintetizzato in una formula brutalmente antidemocratica: “non si può assolutamente permettere ad un’elezione di cambiare nulla. Perché abbiamo elezioni ogni giorno, siamo in 19, se ogni volta che c’è una elezione e qualcosa è cambiato, i contratti tra noi non significherebbero nulla”.
Ne consegue che ogni forza politica, in qualsiasi paese sia presente, dovrebbe dire chiaramente se “il programma” che intende realizzare, e per cui chiede i voti degli elettori, sia realizzabile o no dentro la gabbia dei trattati europei. E quindi se condivide l’attuale assetto dell’Unione Europea, se pensa di poterlo riformare oppure ancora se quel programma prevede un suo superamento drastico (un “rottura”).
Non c’è nulla di “ideologico”, insomma, a discutere di Unione Europea. E’ esattamente come discutere all’interno di uno Stato nazionale: va bene così, si può riformare, si deve abbattere per fare una cosa completamente diversa?
Per evitare il più possibile che una simile discussione prenda corpo e attraversi la massa delle popolazioni, è stato inventato un fantasma retorico – il “populismo sovranista”, inevitabilmente retrogrado e reazionario in quanto nazionalista – che ha ingabbiato anche la capacità di articolare pensiero in larghe parti della piccola sinistra radicale residuata da un ventennio di sciagure politico-elettorali.
Banalmente: se metti in discussione la Ue, vuoi uscire dall’euro e magari anche dalla Nato, allora sei un “sovranista nazionalista”, perché queste cose le dicono anche leghisti e fascisti.
Già la presenza della Nato nell’elenco basterebbe a dimostrare che i fascioleghisti vengono evocati solo a fini strumentali, visto che nessuno di loro – ma proprio nessuno – pensa di poter sopravvivere senza l’invadenza statunitense e delle sue numerose “agenzie”. Tantomeno i fascisti “di mano”, picchiatori o terroristi “in sonno”, che da quelle agenzie traggono da vari decenni il loro pane quotidiano.
Ma un’inchiesta di Europa Today ha in questi giorni rivelato una seconda linea di finanziamento ai principali gruppi dell’estrema destra fascista, che in effetti – in campagna elettorale – hanno biascicato qualche sloga “anti-europeo”.
Chi è l’oscuro finanziatore? Ma l’Unione Europea, naturalmente!
Ad un occhio inesperto potrebbe sembrare che questi finanziamenti – peraltro perfettamente legali, secondo le norme Ue – siano stati “strappati” dai neofascisti italici facendo ricorso alle note doti truffaldine per cui siamo sgradevolmente conosciuti all’estero. In pratica, le “fondazioni” fasciste che ottengono fondi europei ci sarebbero riuscite occultando agli ispettori di Bruxelles quelle parti dei rispettivi statuti in contrasto con le norme Ue.
Ma è veramente risibile pensare che ispettori occhiuti in grado di sezionare un bilancio pubblico a caccia di un finanziamento “inammissibile” (per alleviare la povertà, le pensioni, ecc) siano così ingenui da fidarsi di neofascisti più che noti, accettando i loro statuti nella versione “sbianchettata”.
Ne deriva dunque che i fascisti sono “sovranisti nazionalisti” quando vanno a caccia di voti, ma per il resto sono i soliti servi – violenti – del sistema di sfruttamento. Il che, in una certa misura, spiega anche perché la polizia di Minniti si mostri sempre così ferocemente impegnata a difenderli dalle manifestazioni antifasciste.
Ergo, come indicano France Insoumise oltralpe, Unità Popolare in Grecia, la Cup in Catalogna e altre formazioni alternative in mezza Europa, si può e si deve essere contro l’Unione Europea e a favore di un’alternativa internazionale euro-mediterranea (mettendo tra l’altro fine al neocolonialismo europeo nei confronti dei paesi del Nordafrica).
Per quanto riguarda i finanziamenti ai fascisti pseudo-sovranisti, ecco a voi il servizio di Europa Today.
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Da Forza nuova agli amici di Casapound, ecco come si finanzia l’estrema destra grazie all’Ue
Dario Prestigiacomo da Europa Today
Al centro dei loro programmi in patria hanno l’uscita dall’Euro e dall’Unione europea. Ma una volta arrivati a Bruxelles, questi cavalli di battaglia scompaiono. O meglio, non rientrano negli statuti dei partiti e delle fondazioni europei di cui fanno parte, spesso in posizione di primo piano, e che da anni vengono finanziati (con denaro pubblico) da quella stessa Ue che, dicono, vogliono abbattere.
Del resto, il piatto a cui accedere con questa “dimenticanza” è molto ricco. Per Forza Nuova, tanto per fare un esempio, e i sodali dell’Alleanza per la pace e la libertà vale quasi 700mila euro solo per il 2017. Per un’altra Alleanza, quella dei Movimenti nazionali europei, di cui fa parte la Fiamma Tricolore e i cui membri hanno nei giorni scorsi incontrato Casapound, si aggira sui 420mila. A cui aggiungere gli 1,5 milioni incassati dal 2011 a oggi.
Fondi Ue anche per la Brexit
Attenzione, niente di irregolare. Almeno non per questi movimenti-partiti. Le leggi Ue, infatti, consentono a chi possiede determinati requisiti di poter accedere ai finanziamenti pubblici per i partiti e le fondazioni di livello europeo. Non che in passato non siano mancati sospetti o veri e propri casi di frode: è successo per esempio all’Adde, partito europeo fondato dall’Ukip di Nigel Farage, contro il quale il Parlamento Ue, che si occupa dell’assegnazione di queste risorse, ha aperto una procedura per sospetto uso non corretto dei fondi. Risultato? L’Adde di Farage non ha partecipato al bando per il 2017.
I movimenti nazionalisti (ma europei)
Problemi che, per il momento, non hanno riguardato i finanziamenti delle formazioni di estrema destra. La più vecchia è quella dell’Alleanza dei movimenti nazionali europei, il cui leader è tale Béla Kovács, politico di estrema destra ungherese accusato in passato di essere stato una spia della Russia (ma lui ha sempre smentito). Ne fanno parte, oltra alla già citata Fiamma Tricolore, le Destre Unite di Massimiliano Panero (sempre per restare in Italia), il Partito nazionalista bulgaro, quello britannico, il Movimento repubblicano sociale spagnolo e il Partito rinnovatore nazionale portoghese. Il segretario è un assistente parlamentare italiano, Valerio Cignetti, che qualche settimana fa ha fatto da “cicerone” alla visita del leader di Casapound, Simone Di Stefano, al Parlamento europeo a Bruxelles, dove ha incontrato un gruppo di eurodeputati tra cui i neofascisti greci di Alba dorata.
L’Alleanza dei movimenti nazionali europei ha ottenuto un finanziamento per il 2017 pari a circa 420mila euro. Il partito ha anche una fondazione europea (Identità & Tradizioni europee) che tra il 2015 e il 2016 ha ottenuto 350mila euro. Nel 2017, la fondazione risulta esclusa dai finanziamenti.
L’Alleanza di Forza Nuova
Se Fiamma Tricolore e Forza Nuova corrono insieme per le elezioni nazionali, a Bruxelles sono divise, almeno in quanto a partiti e fondazione. Forza Nuova, infatti, è tra i membri dell’Alleanza per la pace e la libertà. Il presidente di questo partito europeo è Roberto Fiore, ossia il leader storico di Forza Nuova. Che a Bruxelles capeggia uno stuolo di esponenti dell’estrema destra noti in tutta Europa. C’è Udo Voigt, eurodeputato tedesco che i detrattori dicono vicino a Putin e Trump e condannato per aver distribuito un pamphlet che incitava all’odio razziale. C’è Marian Kotleba, ex presidente della Regione di Banská Bystrica in Slovacchia. In qualità di leader del Partito Popolare Slovacchia Nostra (Ľudová strana Naše Slovensko), Kotleba si è autoproclamato “Vodca” (Duce), spesso si presenta in pubblico indossando un’uniforme militare, è un convinto ammiratore di Josef Tiso (il sacerdote che divenne presidente della Repubblica Slovacca filo-nazista) ed è fortemente ostile nei confronti dei rom (che definisce parassiti).
Del gruppo, fa parte anche l’eurodeputato polacco Korwin-Mikke, spesso al centro delle polemiche a Strasburgo, come quando parlo’ dei migranti definendoli “negri” o come quando accuso’ le donne che lavorano come causa della riduzione delle nascite in Europa. Il partito, come vuole la tradizione dei finanziamenti Ue, ha anche una fondazione, Europa Terra Nostra, che nel suo statuto dice di riconoscersi “nei valori e nei principi dell’Unione europea”. Peccato che per i suoi membri l’Unione europa sia un moloch da abbattere per tornare alle “nazioni libere e sovrane”.
Paradossi a parte, il partito di cui fa parte Forza Nuova ha ottenuto uno stanziamento di 419.639 euro nel 2017 e ha già ricevuto 328mila euro nel 2016. A questi fondi, vanno aggiunti quelli ottenuti dalla fondazione: 262mila nel 2017 e 151mila nel 2016. In totale, nel giro di due anni, potrebbero mettere in cassa oltre 1 milione di euro.
Lo strano caso di Forza Italia
Nello scorrere l’elenco dei membri dei vari partiti e fondazioni europei, salta agli occhi lo strano caso degli esponenti di Forza Italia. Stando alle affiliazioni storiche, i politici azzurri dovrebbero far parte del Partito popolare europeo e della fondazione, che sono, per inciso, quelle che ricevono la fetta più grossi di finanziamenti Ue: 12,7 milioni all’anno. Ma non tutti sono, per così dire, fedeli alla linea. Almeno a Bruxelles.
Per esempio, nel board dell’Alleanza dei movimenti nazionali europei figura Francesco Graglia, consigliere regionale del Piemonte eletto nelle file dei forzisti. Mentre tra i membri dell’Alleanza per la pace e la libertà di Fiore c’è posto anche per Franco Cardiello, senatore campano di Forza Italia con un passato nel Movimento sociale e in Alleanza nazionale. Senza dimenticare Daniela Ruffino, esponente piemontese attualmente in corsa per un seggio alla Camera e che a Bruxelles fa parte dell’Alleanza per la vita e la famiglia, che tra partito e fondazione ha ricevuto nel 2017 circa 400mila euro. Per fare cosa? Promuovere la battaglia contro l’aborto e la promiscuità sessuale.“
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