Da un mese Efrin nel nord della Siria resiste alla guerra di aggressione dell’esercito NATO della Turchia- Dal 20 gennaio la Turchia conduce una guerra di aggressione in violazione della legalità internazionale contro il cantone di Efrin nel nord della Siria. Le regione, risparmiata dalla guerra nel corso degli ultimi sette anni, dove oltre alla popolazione curda hanno trovato rifugio anche centinaia di migliaia di profughi arabi provenienti da altre zone del Paese, viene attaccata dal cielo e via terra.
Al fianco dell’esercito NATO della Turchia, sotto le insegne dell’Esercito Libero Siriano (ESL) combattono migliaia di jihadisti vicini a al-Qaeda e Lupi Grigi fascisti.
Il governo turco giustifica la sua guerra di aggressione definita cinicamente «operazione ramoscello d’ulivo» come operazione antiterrorismo per la liberazione di Efrîn dalle Unità di Difesa del Popolo e delle Donne YPG e YPJ. Per la Turchia a Efrin si tratterebbe di essere o non essere, ha dichiarato il capo dei Lupi Grigi fascisti, Devlet Bahceli, che con il Presidente Erdogan partecipa a un’alleanza di guerra anticurda, rispetto all’attacco del Paese di 80 milioni di abitanti contro il cantone delle dimensioni del Saarland con circa un milione di abitanti [NdT: letteralmente: Paese della Saar, è uno dei 16 Länder federati della Germania]. Uno degli obiettivi di Ankara è impedire la sistemazione definitiva di un territorio di amministrazione autonoma abitato in prevalenza da curdi lungo il confine della Turchia. Inoltre con la comune di Efrîn si vuole annientare il germe di un’alternativa multietnica e basata sulla democrazia dei consigli che si riverbera nella regione.
Diversamente dagli altri due cantoni della Federazione Democratica Siria del Nord situati a est dell’Eufrate, Kobanê e Cizirê, a Efrin non sono di stanza soldati statunitensi. Washington ha dichiarato che Efrin si trova al di fuori del territorio delle operazioni contro Stato Islamico (IS) e che non si trova sotto la protezione della coalizione a guida USA. Osservatori russi, con il ritiro da Efrin hanno dato il via libera per gli attacchi turchi dall’aria e via terra.
L’intenzione della Russia è di punire i curdi con l’aiuto del manganello turco per la loro alleanza militare con gli USA, costringere Efrin a sottomettersi al regime siriano e allo stesso tempo di mettere zizzania nella NATO. Ma il quadro dirigente del movimento di liberazione crudo, Riza Altun, non vuole parlare di un tradimento da parte degli USA o della Russia. «Il termine ‹tradimento› è giusto se viene usato per i curdi che hanno reso il proprio futuro dipendente dagli USA. Ma nel Rojava non è questo il caso. Non c’è un progetto di futuro comune con gli USA … Da parte nostra viene condotta una guerra anti-imperialista. Per questo una forza anti-imperialista non può dire che gli imperialisti l’hanno tradita.»
Ebbrezza di guerra
Ancora prima degli obiettivi di politica estera, alla base della guerra ci sono le intenzioni di Erdogan rispetto alla politica interna. L’esito risicato del referendum sull’introduzione del sistema presidenziale nell’aprile dello scorso anno aveva mostrato che circa la metà della popolazione non sostiene il sistema presidenziale. All’affievolirsi dell’egemonia del partito di governo AKP si aggiunge la situazione economica sempre più desolata. Per il regime dell’AKP si tratta di creare un ampio consenso sociale per l’eliminazione di qualsiasi opposizione alla vigilia delle elezioni del 2019, regolarmente convocate, ma ben anticipate.*
Una gran parte dei partiti nominalmente di opposizione ha già capitolato volontariamente. Il partito CHP kemalista-socialdemocratico, intrappolato nella sua ossessione per lo Stato, è posizionato armi alla mano al pari dell’MHP fascista e della sua scissione, il Buon Partito (IYI). L‘ente religioso Diyanet ha proclamato la «Jihad» contro i «marxisti miscredenti» del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) e del suo partito fratello siriano PYD, nelle moschee si prega per la vittoria a Efrin. Tifosi del calcio festeggiano la guerra con coreografie, sindaci e artisti firmano bombe. Lo hashtag «La Siria brucerà – Efrin verrà distrutta» per una notte in tutto il mondo ha fatto tendenza sul servizio di notizie brevi Twitter. Sondaggisti vedono circa l’80 percento della popolazione della Turchia schierato con la guerra – nella metropoli Diyarbakir nel sudest curdo del Paese tuttavia una maggioranza equivalente rifiuta in modo deciso gli attacchi contro Efrin.
Espressioni pubbliche contro la guerra si sentono a stento. Circa 800 persone sono state arrestate per affermazioni critiche rispetto alla guerra nei social network o partecipazione a proteste. Anche i presidenti dell’ordine dei medici sono stati messi in carcere per «sobillazione della popolazione» e «propaganda terroristica» perché si erano pronunciati contro la guerra. Solo il Partito Democratico dei Popoli (HDP) di sinistra è riuscito a sfruttare il suo congresso di partito l’11 febbraio a Ankara per una forte manifestazione contro la guerra.
La situazione
Mentre il governo turco dopo un mese di guerra sostiene sfacciatamente che non ci sono stati morti civili, secondo quanto riferito dalle autorità sanitarie di Efrin finora quasi 200 civili sono morti nella pioggia di bombe e granate su villaggi e quartieri cittadini. Sistematicamente si spara sull’infrastrutture civili come le condotte di acqua e elettricità, forni e scuole così come su centro dell’organizzazione per gli aiuti Mezza Luna Rossa Curda. Sono stati bombardati anche siti archeologici come un tempio ittita vecchio di 3000 anni. «Con gli attacchi evidentemente si intende scacciare la popolazione e modificare la struttura demografica», ha dichiarato Redur Xelil, il portavoce delle Forze Democratiche Siriane (FDS) formatesi intorno alle YPG. Al posto della popolazione curda, il governo turco vuole insediare centinaia di migliaia di profughi arabo-siriani dalla Turchia. Ma una fuga di massa da Efrin finora non c’è stata, a Efrin sono invece arrivate migliaia di persone con convogli di solidarietà da altre città della Siria del nord. Combattenti cristiani del Consiglio Militare si sono uniti alla resistenza, così come lo hanno fatto miliziani yazidi dall’Iraq del nord.
Il governo siriano, le cui truppe controllano il corridoio tra Aleppo e Efrin, ha fatto passare questi rinforzi. Perché con tutte le accuse di separatismo nei confronti dei curdi, anche il regime siriano non ha interesse a far finire Efrin sotto occupazione turca. Così sono in corso trattative sullo stazionamento di truppe siriane a Efrin. Ma mentre da parte dell’amministrazione autonoma c’è disponibilità a affidare alle truppe governative la protezione dello spazio aereo e del confine con la Turchia, un ritorno della regione allo status politico del 2010 viene ufficialmente dichiarato inaccettabile. Ma proprio una «soluzione» del genere sulle spalle dei curdi viene forzata da Mosca– anche Ankara potrebbe salvare la faccia se Efrin dovesse tornare sotto il controllo politico del governo centrale.
Guerra di popolo
Giornali e canali televisivi in Turchia giorno per giorno diffondono notizie di successi liberamente inventate su presunti 1500 «terroristi» uccisi. In realtà le truppe di invasione, nonostante la superiorità tecnica, dopo un mese sono riuscite a penetrare a Efrin per appena poco più di 5 km e a occupare alcune dozzine di villaggi. Oltre una dozzina di carri armati – tra cui diversi Leopard-II di produzione tedesca – e due elicotteri da combattimento sono stati distrutti dalle YPG. La geografia montuosa del cantone favorisce i difensori. Ma soprattutto, la popolazione è stata in grado di prepararsi per sei anni all’attacco della Turchia. Molti civili hanno ricevuto un addestramento di autodifesa con le armi, sono state costruite infrastrutture difensive e bunker per la protezione della popolazione.
Se Erdogan aveva davvero sperato di conquistare Efrin nel giro di pochi giorni, ora si trova di fronte a una guerra di popolo. Perché contrariamente a quanto afferma la propaganda dei media omologati, la gente a Efrin non stava aspettando la liberazione dal «terrorismo delle YPG». Nelle Unità di Difesa del Popolo vedono piuttosto la protezione contro i massacri e le atrocità degli jihadisti che combattono al fianco della Turchia.
Un’occupazione o perfino un controllo permanente del cantone appaiono irrealistici se l’esercito turco non aumenta in modo massiccio l’intensità dei suoi attacchi e per esempio usa armi chimiche in grande stile. In particolare i combattimenti casa per casa nella capitale del cantone comporterebbe molte perdite per l’esercito turco. Comunisti provenienti dalla Turchia che combattono nel battaglione internazionale di liberazione al fianco delle YPG/YPJ contro gli invasori turchi, hanno creato lo slogan: «Kobanê era Stalingrado, rendiamo Efrin il Vietnam». Perché a Kobanê a IS sostenuto dalla Turchia nell’inverno del 2014/15 è stata inflitta la prima grande sconfitta.
E pensabile che Erdogan a Efrin subirà una sconfitta militare. Ma che per questo possa cadere il suo regime, come hanno dichiarato le YPG, appare improbabile. Perché finora le perdite degli attaccanti che arrivano alle centinaia, riguardano in prevalenza mercenari siriani. Inoltre l’AKP attraverso l’omologazione e la censura dei media e l’ampia eliminazione dell’opposizione, è riuscito a vendere all’opinione pubblica come vittorie perfino le sconfitte. Un crollo del sostegno alla guerra sul fronte interno, come quello che è stato fondamentale per la sconfitta degli USA nella guerra in Vietnam, attualmente quindi non è prevedibile. Si rischia piuttosto la costruzione di un regime apertamente fascista sotto il quale l’incitazione guerresca all’odio sciovinista e razzista contro curdi, aleviti e la sinistra minaccia di scaricarsi all’interno del proprio Paese.
* Secondo la Tagesschau [NdT: principale notiziario televisivo tedesco del canale ARD] dall’inizio dell’offensiva militare contro le milizie curde un mese fa, complessivamente in Turchia sono state arrestate 786 persone per «propaganda terroristica». Tra le persone attualmente agli arresti si trova la nota giornalista e attivista Nurcan Baysal. Si indaga anche contro il partito di opposizione filo curdo HDP.
Traduzione a cura di http://www.retekurdistan.it/
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