Secondo i suoi dirigenti, il 16° Congresso del Front National (Lille, 10-11 marzo) deve segnare per il partito un nuovo inizio. Lo sguardo rivolto alle elezioni europee del 2019. Per rendere evidente la svolta, Marine Le Pen, presidente del partito dal 2011, rieletta in assenza di altri candidati, propone ai 1500 delegati di ribattezzare il Front National «Rassemblement National». I delegati approvano. Un referendum fra gli iscritti nei prossimi giorni dovrebbe confermarlo.
Marine Le Pen motiva il cambio del nome con la “maturazione del Fronte” e con il “cambiamento del suo carattere”. Da partito di protesta e di opposizione, si sarebbe trasformato in un partito che vuole assumere responsabilità di governo, pronto a stringere le necessarie alleanze. Il cambio di nome sarebbe “un segnale e un invito”. E’ evidente che la Le Pen intende continuare la « de-demonizzazione » del Fronte e la separazione dal passato e dall’immagine offerta dalle ripetute provocazioni antidemocratiche e antisemite del suo fondatore, il padre Jean-Marie, da tempo escluso. Anche il suo titolo di « presidente onorario » del Fronte appartiene al passato, dato che il Congresso lo ha abolito, cambiando lo statuto. Jean-Marie, che pare avesse l’intenzione di intervenire al Congresso senza essere invitato, lascia perdere per non correre il rischio di essere buttato fuori dagli scherani della figlia fra i flash dei fotografi.
Festeggiatissimo Steve Bannon, ex ideologo della campagna elettorale di Donald Trump e suo ex consigliere, ospite a sorpresa del Congresso. Quando urla ai delegati “se Trump ce l’ha fatta, potete farcela anche voi” è entusiasticamente applaudito. Applausi anche quando sbraita contro la globalizzazione, l’UE e i media. Ma i boss del partito, in prima fila, sembrano visibilmente contrariati quando aggiunge: « lasciate che vi chiamino razzisti, xenofobi o anti-aborto. Prendeteli come titoli onorifici. Diventerete ogni giorno più forti e alla fine vincerete». Parole estranee alla tattica di Marine, che potrebbero fare il gioco di sua nipote Marion Maréchal Le Pen, nella quali molti militanti ripongono grandi speranze dopo che sua zia li ha delusi alle presidenziali 2017.
L’esito del duello con Emmanuel Macron davanti a 16 milioni di telespettatori, quando Marine ha squalificato sé stessa e il partito, resta per molti imperdonabile. La conseguenza è l’uscita dal Fronte, nel settembre del 2017, dell’ex vice-presidente Florian Philippot, che fonda il suo partito «Les Patriotes». Per lui Marine si è infiacchita, rinunciando all’uscita, impopolare, dall’euro.
Ma non è questo nuovo partitino a impensierirla. Sparirà come quello fondato nel 1986 dall’ex astro nascente del Fronte, Bruno Mégret. Sono le ambizioni della nipote che Marine prende sul serio. La giovane e carismatica nipotina del fondatore del partito, che ha apparentemente lasciato la politica nel maggio del 2017, potrebbe vagheggiare la fondazione di un nuovo movimento neo-fascista, attirando non solo frontisti delusi ma anche una parte della destra dei Républicains. Tutto resta, comunque, in famiglia.
500 manifestanti (secondo la questura) dimostrano contro il Congresso nelle strade di Lille.
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