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Lula: “Allontana da me questo ‘taci'”

Vogliono impedire che il popolo scelga chi votare?

Sono incarcerato da più di 100 giorni. Fuori la disoccupazione aumenta, più padri e madri non sanno come mantenere le proprie famiglie, e un’assurda politica del prezzo dei combustibili ha causato uno sciopero dei camionisti che ha scombinato il rifornimento delle città brasiliane. Aumenta il numero di persone ustionate mentre cucinano con alcool a causa dell’altro prezzo del gas da cucina per le famiglie povere. La povertà cresce e le prospettive economiche del paese peggiorano ogni giorno.

Bambini brasiliani sono arrestati e separati dalle loro famiglie negli Usa, mentre il nostro governo si umilia davanti al vicepresidente americano. La Embraer (Empresa Brasileira de Aeronáutica S.A.), impresa di alta tecnologia costruita nel corso di decenni, è venduta a un valore così bassi che spaventa anche il mercato.

Un governo illegittimo nei suoi ultimi mesi corre per liquidare quanto più può del patrimonio e della sovranità nazionale: riserve del pré-sal, gasdotti, distributori di energia, petrolchimica, oltre ad aprire l’Amazzonia a truppe straniere. Mentre ritorna la fame, la vaccinazione di bambini crolla, parte del potere giudiziario lotta per conservare il bonus abitazione e, chissà, per ottenere un incremento salariale.

La settimana scorsa, la giudice Carolina Lebbos ha deciso che non posso rilasciare interviste o registrare video come pre-candidato del PT (Partido dos Trabalhadores – Partito dei lavoratori), il maggiore del paese, che mi ha indicato a suo candidato alla Presidenza. Sembra che non sia bastato arrestarmi. Vogliono farmi tacere?

Quelli che non vogliono che io parli, cosa temono che io dica? Cosa sta succedendo oggi con il popolo? Non vogliono che io discuta soluzioni per questo paese? Dopo anni passati a calunniarmi, non vogliono che io abbia il diritto di parlare in mia difesa?

È per questo che voi, i potenti senza voto e senza idee, che avete deposto una presidente eletta, che avete umiliato il paese internazionalmente e che mi avete arresto con una condanna senza prove, con una sentenza che mi manda in prigione per “atti indeterminati”, dopo quattro anni di indagini contro di me e contro la mia famiglia? Avete fatto tutto questo per paura che io dia interviste?

Mi ricordo che la presidente del STF (Supremo Tribunal Federal – Supremo tribunale federale) diceva “cala boca já morreu” (modo di dire brasiliano: sta zitto, è morto!). Mi ricordo del Gruppo Globo (televisione privata monopolistica), che non si preoccupa di questo ostacolo alla libertà di stampa, anzi lo festeggia.

Giuristi, ex capi di Stato di diversi paesi del mondo e anche avversari politici riconoscono l’assurdo del processo che mi ha condannato. Io posso essere fisicamente in una cella, ma sono coloro che mi hanno condannato che sono prigionieri della menzogna che li incatena. Interessi potenti vogliono trasformare questa situazione assurda in fatto politico consumato, impedendomi di concorrere alle elezioni, contro la raccomandazione del Comitato dei Diritti umani della Nazioni Unite.

Io ho già perso tre competizioni presidenziali, nel 1989, 1994 e nel 1998, e ho sempre rispettato i risultati, preparandomi per la elezione successiva.

Io sono candidato perché non ho commesso nessun crimine. Sfido coloro che mi accusano a mostrare prove di quello che ho fatto per trovarmi in questa cella. Perché parlano di “atti d’ ufficio indeterminati” invece di presentare prove di proprietà dell’appartamento di Guarujá, che era di una impresa, dato come garanzia bancaria? Impediranno il corso della democrazia in Brasile con assurdità come questa?

Dico questo con la stessa serenità con cui dissi a Michel Temer che non avrebbe dovuto imbarcarsi in una avventura per deporre la presidente Dilma Rousseff, che se ne sarebbe pentito. I più interessati al fatto che io concorra alle elezioni dovrebbero essere quelli che non vogliono che io sia presiedente.

Vogliono sconfiggermi? Lo facciamo in modo pulito, nelle urne. Discutano proposte per il paese e siano responsabili, soprattutto in questo momento in cui le élites brasiliane corteggiano proposte autoritarie di persone che difendono alla luce del sole l’assassinio di esseri umani.

Tutti sanno che, come presidente, ho esercitato il dialogo. Non ho cercato un terzo mandato quando avevo un indice di rigetto pari solo a quello di approvazione che oggi ha Temer. Ho lavorato perché l’inclusione sociale fosse il motore dell’economia e perché tutti i brasiliani avessero diritto reale, e non solo sulla carta, di mangiare, studiare e avere casa.

Vogliono che le persone dimentichino che il Brasile ha già avuto giorni migliori? Vogliono impedire che il popolo brasiliano – da cui tutto il potere deriva, secondo la Costituzione – possa scegliere chi votare nelle elezioni del 7 ottobre?

Cosa temono? Il ritorno del dialogo, dello sviluppo, del tempo in cui c’è stato meno conflitto sociale in questo paese? Quando l’inclusione sociale ha fatto crescere le imprese brasiliane?

Il Brasile ha bisogno di restaurare la sua democrazia e liberarsi dagli odi che hanno seminato per togliere il PT dal governo, impiantare una agenda di sottrazione dei diritti dei lavoratori e dei pensionati e ripristinare lo sfruttamento sfrenato dei più poveri. Il Brasile ha bisogno di ritrovarsi con sé stesso e di essere di nuovo felice.

Possono incarcerarmi. Possono cercare di farmi tacere. Ma io non cambierò questa mia fede nei brasiliani, nella speranza di milioni in un futuro migliore. Ho la certezza che questa fede in noi stessi contro il complesso del bastardino è la soluzione della crisi che stiamo vivendo.

 * Traduzione a cura di Teresa Isenburg (Comitato Italiano Lula Livre) dell’articolo “Afaste de mim este cale-se” pubblicato su Folha de São Paulo il 19 luglio 2018. In portoghese, “cala-se” significa “taci”, mentre “calice” è il calice: il gioco di parole è evidente.

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