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Seoul vuol ridurre in cenere Pyongyang

Centotrentatre persone sono morte e trecentonovantacinque disperse in Corea del Nord a causa delle alluvioni che hanno colpito la provincia settentrionale di Hamgyŏng, interessando in particolare il fiume Tuman, straripato. Decine di migliaia le abitazioni e gli edifici allagati; gravemente danneggiate le reti elettriche e ferroviarie. Solo dal 29 agosto al 2 settembre sono caduti nella zona tra i 290 e i 320 mm di pioggia; secondo il Centro meteorologico nordcoreano, questo sarebbe il più grave disastro naturale dal 1945. Dopo che nei giorni scorsi oltre quarantamila persone erano state evacuate, aiuti vengono ora prestati da OMS, Croce Rossa internazionale e Mezzaluna rossa. Il Partito del lavoro ha lanciato un appello a tutta la popolazione a mobilitarsi per portare aiuto alle zone colpite. Sui media internazionali simili disastri non fanno quasi notizia: non ci sarebbe da stupirsi se qualche “giornalista” di casa nostra, tra un paio di giorni, “rivelasse” che un paio di alti funzionari nordcoreani sono stati affogati su ordine di Kim Jong Un, come punizione per non aver evitato il disastro.

Allo stesso modo, vengono per lo più passate sotto silenzio le minacce sudcoreane di ridurre in cenere Pyongyang e i piani di Seoul di preparare un attacco preventivo contro la Corea del Nord. Tutt'altra cosa sarebbe stata se la leadership nordcoreana avesse annunciato di esser pronta a difendere il proprio paese a qualunque costo e con qualsiasi mezzo: si sarebbe immediatamente levato un coro internazionale di “inammissibile provocazione” e “attentato alla democrazia”. Invece, nulla. "Ogni rione di Pyongyang, in particolare quelli in cui abita la leadership della Corea del Nord, saranno completamente distrutti con missili balistici e proiettili esplosivi” scrive l'agenzia sudcoreana Yonhap, con riferimento a circoli militari di Seoul, “non appena il Nord mostri il minimo segno di ricorrere all'arma nucleare. In altre parole, la capitale del Nord sarà trasformata in cenere e cancellata dalla carta geografica"  Un'altra fonte militare sudcoreana ha rivelato l'esistenza di speciali reparti il cui compito sarebbe l'eliminazione della leadership nordcoreana.

Le dichiarazioni riportate dalla Yonhap fanno seguito al test nucleare realizzato venerdì scorso dalla Corea del Nord. E forse proprio il tema dei test nucleari potrebbe essere al centro dei colloqui del Ministro degli esteri nordcoreano Ri Yong Ho, giunto stamani a Pechino. Ne ha dato notizia l'agenzia giapponese Kyodo, senza specificare finalità della visita e possibili interlocutori cinesi di Ri, che sarebbe giunto in auto all'ambasciata nordcoreana nella capitale cinese, sulla via per recarsi a New York, per l'Assemblea generale ONU.

Ed è stato proprio il Giappone, stamani, col primo ministro Shinzō Abe, a esprimere preoccupazione sia per i test nucleari nordcoreani, sia per l'attività marittima cinese. Riguardo alla RPPC, Abe ha detto che “Per la seconda volta in nove mesi la RPDC ha effettuato un test nucleare, il che è assolutamente inammissibile”. Senza nominare direttamente la Cina, Abe ha detto che “Navi da guerra incrociano nelle nostre acque territoriali, mentre nello spazio aereo del paese volano aerei non identificati. Il Giappone si sta scontrando con una seria situazione nel campo della sicurezza”. E' chiaro che tutto ciò serve ad Abe per accelerare i tempi dell'allargamento delle funzioni della cosiddetta Forza di autodifesa, un vero e proprio riarmo del Giappone, la cui base legislativa è già stata adottata. Rispetto alla disputa con Pechino, che vede Tokyo tuttora agli ordini – quantunque con mire “indipendentiste” di stampo nazionalconservatore – di Washington, il pretesto è dato dal possesso delle isole Senkaku (Diaoyu) nel mar Cinese Orientale, considerate da Pechino propri territori nativi illegalmente occupati dal Giappone a partire dal 2012, allorché Tokyo ne annunciò l'acquisto da privati.

Naturalmente, né Seoul né Tokyo fanno cenno alla sempre più forte presenza nucleare statunitense, ma accusano della crescente tensione nell'area i loro diretti vicini. Né i bombardieri strategici USA, né la programmata installazione di sistemi THAAD sono nominati dai vassalli di Washington in Estremo Oriente. Si parla invece, sempre a reti unificate mondiali, solo dei test atomici di Pyongyang, a proposito dell'ultimo dei quali il socialdemocratico tedesco Neues Deutschland, in un breve servizio dal titolo “Meglio con la bomba”, nota come la condanna del quinto esperimento nucleare di Kim Jong Un “abbia unito tutto il mondo, anche nell'ipocrisia”, a partire dalla comunità nucleare, che autolimita a se stessa possesso, produzione e stoccaggio dell'arma atomica. L'ex organo della SED scrive di come anche altri paesi, in maniera aperta o segreta, possiedano la bomba e con essa dicano di voler affermare “la deterrenza, la difesa e l'ordine”. Ora che Kim ha la bomba, deve essere tenuto in considerazione, “meglio se con negoziati”, che non con le minacce nucleari USA, sembra indirettamente dire Neues Detschland. Kim sa che solo la “forza lo rende potente; questo principio è strettamente legato al male nucleare. Per imporre brutali “regime change” e linciaggi “democratici” è più difficile accostarsi a coloro che hanno la bomba, che non a quelli che ne sono privi”.

Pyongyang ha tratto le debite conclusioni dalla guerra yankee contro gli “stati canaglia”.

 

Fabrizio Poggi

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