La notizia del ritiro dei militari statunitensi dall’Afghanistan, dopo 17 anni di invasione e guerra costata decine di migliaia di morti e centinaia di miliardi, è stata valutata sulla base di informazioni che meritano di essere completate. La partita in gioco nel cuore dell’Asia non è infatti un gioco da cui ci si può sottrarre con un tweet. Magari si tratta solo di cambiare le divise con cui stare sul campo. Via i marines (che crea consenso) ma dentro i contractors ingaggiati da compagnie privati con appalti del Pentagono.
Oggi, secondo fonti militari, in Afghanistan in modo più o meno regolare, operano contractors in numero doppio rispetto ai militari regolari schierati. I dati ufficiali offrono cifre non così contundenti ma occorre tenere conto di quelli ufficiosi.
I contractors sono infatti un esercito quasi invisibile, non monitorato dalle istituzioni internazionali perché soggetti “privati”. I mercenari della guerra, oggi chiamati in modo più rassicurante “contractors” hanno come unico scopo il compenso, anche elevato, che gli viene erogato. Magari integrandolo con altri e inquietanti “fuori busta” che nulla hanno a che vedere con la “stabilità” del paese. L’Afghanistan, è bene ricordarlo, è il maggiore produttore al mondo di oppio e la produzione negli ultimi anni è aumentata a dismisura. Nel 2017 i coltivatori di papaveri hanno battuto ogni record e raggiunto le novemila tonnellate di produzione di oppio: l’87 per cento in più rispetto al 2016. E l’eroina a bassissimo prezzo sta inondando di nuovo le metropoli occidentali.
Secondo una inchiesta del Financial Times, i contractors vengono retribuiti con 500/600 dollari al giorno per operare aggregati ai battaglioni afghani (kandak) in prima linea per turni di tre mesi seguiti da due mesi di pausa.
Si tratta di forze armate “non regolari” ma dotate di supporti logistici e un centinaio di velivoli tra elicotteri e aerei da attacco, inquadrati all’interno delle forze armate afghane.
Washington spende ogni anno per sostenere la missione a Kabul e appoggiare e addestrare le forze afghane circa 45 miliardi di dollari, mentre l’esercito di contractors costa “solo” 10 miliardi annui per un contratto biennale.
Dieci anni fa (nel 2008) i contractors in Afghanistan costituivano il 69% della forza lavoro del Dipartimento della Difesa: la più alta percentuale della storia degli Stati Uniti. Da dicembre 2008 a marzo 2011 il loro numero è passato da 3.689 a 18.971 (+400%). A partire del 2008 è stato introdotto un processo ufficiale di autorizzazione che ha conferito la licenza a 39 società di contractors in Afghanistan. L’anno seguente il numero era salito a 52 di cui 25 straniere e 27 locali.
Il picco era stato raggiunto nel 2012, quando i contractors erano ben 117.227, di cui 34.765 americani, 37.898 di Paesi terzi e ben 44.564 locali. Le truppe americane in quel periodo erano 88.200.
Secondo i dati prodotti da Analisi Difesa, un anno fa in Afghanistan erano presenti 23.525 contractors del Dipartimento della Difesa, rispetto ai 24.900 di aprile. Su 23.525, 9.436 erano americani; 8.873 di Paesi terzi e 5.216 operatori locali. I militari “regolari” statunitensi in Afghanistan nel 2017 erano 15.300. Poi ci sono circa 8.300 soldati degli altri paesi della Nato. A occhio i militari stranieri “regolari” e quelli “a contratto” si equivalgono.
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