Ahmed Sa’adat è diventato segretario generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), il più importante partito della sinistra radicale palestinese, nel 2001 dopo l’assassinio di Abu Ali Mustafa, ucciso da due razzi lanciati da un elicottero israeliano contro il suo ufficio a Ramallah. Come risposta un commando del Fplp uccise l’anno seguente Rahavam Zeevi, ministro israeliano e ideologo della deportazione dei palestinesi. L’Autorità nazionale palestinese fece arrestare il 15 gennaio 2002 Sa’adat che, nonostante il parere contrario dell’Alta Corte di giustizia Palestinese, rimase nel carcere di Gerico fino al 2006.
Dopo un violento attacco alla prigione di Gerico, dove Sa’adat era detenuto sotto il controllo di militari inglesi e americani, il segretario generale del Fplp ed i suoi compagni vennero prelevati da un commando militare israeliano e deportato nelle carceri di Tel Aviv, in violazione di qualsiasi convenzione internazionalmente riconosciuta sulla detenzione.
Sa’adat fu condannato a 30 anni di carcere come «referente politico» di un’organizzazione considerata da Tel Aviv come «terrorista». Da allora vive nelle carceri israeliane e periodicamente viene tenuto in regime di isolamento per lunghi periodi, il che ha provocato una campagna di solidarietà (#FreeAhmedSa’adat) da parte della sinistra internazionale che ne chiede il suo rilascio.
Da martedì 15 fino al 22 Gennaio nei Territori Occupati, in Europa e negli Stati Uniti viene celebrato il 17° anniversario dell’arresto di Sa’adat da parte dell’Autorità palestinese a causa anche degli Accordi di Oslo sulla “cooperazione per la sicurezza” con l’occupazione israeliana. Un coordinamento relativo alla sicurezza che, nonostante le dichiarazioni di facciata dell’attuale presidente Abu Mazen, ha portato e porta tutt’ora al ripetuto imprigionamento di numerosi esponenti politici palestinesi, principalmente appartenenti al Fplp e ad Hamas, con deportazioni, incarcerazioni ed assassini mirati come nel caso, lo scorso anno, dell’attivista Basil al Araj.
Le manifestazioni a favore della liberazione di Sa’adat sono un primo banco di prova del nuovo soggetto politico, l’Unione Democratica, che comprende 5 partiti della sinistra palestinese: Il Fronte popolare Liberazione Palestina (Fplp), Il Fronte democratico Liberazione Palestina (Fdlp), il partito Mubadara (INP), il Partito Popolare Palestinese (Ppp) e il partito Fida (Udp). L’obiettivo da parte dell’Unione Democratica è quello di mostrare alla popolazione palestinese una valida alternativa politica alle divisioni di questi anni da parte delle due principali formazioni politiche in Palestina: Fatah e Hamas.
In una dichiarazione congiunta Abu Ahmed Fuad, vice segretario del Fplp e Qais Abdel Karim, vice segretario del Fdlp, hanno esposto quali possono essere le linee guida dell’Unione Democratica. Per prima cosa «l’abbandono delle divisioni e delle lotte interne tra Fatah e Hamas» per l’egemonia politica ed il conseguente ritiro di tutti gli accordi di collaborazione per la sicurezza tra gli apparati di sicurezza palestinesi e l’esercito di occupazione israeliano. Successivamente una radicale riforma dell’Olp che sia frutto della reale e concreta volontà del popolo palestinese ed includa anche quelle forze politiche islamiste, Hamas e Jihad Islamico, che rappresentano la resistenza palestinese all’occupazione ed alla colonizzazione israeliana.
Proprio in quest’ottica lo stesso Sa’adat ha recentemente dichiarato in un’intervista:«Il nostro impegno è quello di ricostruire il fronte di liberazione nazionale, cioè l’Olp (Organizzazione per la Liberazione della Palestina): noi ci vediamo in mezzo tra Fatah e Hamas per creare un equilibrio e salvare l’unità nazionale, portando la nostra idea progressista, di sinistra e di rappresentanza di popolo. Tutte le classi palestinesi devono essere parte di questo processo di unità e le classi popolari non devono essere escluse dalla leadership del movimento, come lo sono state negli ultimi 40 anni».
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