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Cemil Bayik: “Una nuova dichiarazione di guerra contro i curdi”

Cemil Bayik è membro fondatore del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) e co-Presidente del Consiglio Esecutivo della Koma Civakên Kurdistan (KCK – Unione delle Comunità del Kurdistan). Nella prima parte dell‘intervista parla del ritiro delle truppe USA dalla Siria, della taglia che gli USA hanno messo su Murat Karayilan, Duran Kalkan e su di lui e dell‘escalation della politica degli USA sull‘Iran.

In primo luogo si impone la domanda su cosa significa il ritiro delle truppe USA dalla Siria per la situazione nella regione. Come valuta questo ritiro? Cambia, come ritengono molti media occidentali, la strategia degli USA per il Medio Oriente?
In effetti dalla crisi del Golfo del 1990/91 e dalla successiva guerra, sono risultati cambiamenti notevoli in tutto il mondo e nel Vicino e nel Medio Oriente. Il crollo dell‘ex-Unione Sovietica e il nuovo ordine mondiale con una nuova strategia degli USA, ne formano il contesto. Gli USA hanno fatto politica a livello globale, ma il Medio Oriente è sempre stato il focus delle loro attività.

Gli USA con la prima guerra del Golfo cercarono di controllare il Medio Oriente. Contemporaneamente con la guerra in Kurdistan del sud, si intendeva fermare il movimento di liberazione curdo lì. Dopo gli attentati dell‘11 settembre da parte di Al-Qaida, con la guerra contro l‘Afghanistan e l‘Iraq iniziò un nuovo attacco contro il Medio Oriente. Qui si tratta di un intervento diretto. L‘obiettivo era di mettere i luoghi maggiormente caratterizzati da contraddizioni e conflitti, come l‘Afghanistan e l‘Iraq, sotto il controllo diretto degli USA. La politica USA negli anni ’90 prevedeva di tenere la lotta di liberazione curda fuori dal Kurdistan del sud e di circoscriverla nel Kurdistan del nord. Così si arrivò al complotto internazionale contro il Presidente Abdullah Öcalan con l‘intenzione di annientare il PKK, il movimento di liberazione curdo, e di completare in questo modo il genocidio.

In questo contesto eravamo confrontati con attacchi intensi. Dato che con questi attacchi ebbero solo un successo limitato e in Medio Oriente erano arrivati a nuovi sviluppi, la strategia USA da questo punto di vista era in stagnazione. Solo con le rivolte popolari del mondo arabo a partire dal 2010 si sviluppò un nuovo processo. Dal Sudan fino all‘Egitto, le insurrezioni si diffusero in un baleno in tutti Paesi arabi e alla fine si concentrarono sulla Siria. Qui si arrivò a un conflitto maggiore. Gli interventi degli USA, della Turchia e di alcuni altri Paesi in Siria, dal 2011 sono rimasti senza successo. Specialmente l‘intervento da parte della Fratellanza Musulmana che si alleò con le forze armate dell‘Esercito Siriano Libero (ESL), non porto un risultato. L‘alleanza si sfasciò nelle sue singole componenti.

Esattamente in quel momento apparve un nuovo gruppo di attacco che si chiamava Stato Islamico. Venne detto che i suoi attacchi avevano l‘obiettivo di dividere l‘Iraq e la Siria in tre parti. Gli attentati iniziarono a Mossul e presto minacciarono Bagdad. In Siria attaccarono Raqqa e diventarono un pericolo per Damasco. Alla fine gli venne impedito di entrare a Bagdad e Damasco, e il loro sguardo si rivolse al Kurdistan. Nel Kurdistan del sud furono Shengal, Machmur, Erbil e Kirkuk. Più tardi IS rivolse le sue armi contro il Rojava, dal 15 settembre 2014 in poi specialmente sulla città di Kobanê. Con IS doveva essere completato il genocidio dei curdi.

Contro questo il movimento di guerriglia guidato dal PKK, nello Shengal e a Machmur oppose una significativa resistenza. Questa resistenza dopo il 15 settembre diventò una campagna di difesa contro gli attacchi a Kobanê, dalla quale più tardi nacque in tutto il Kurdistan una difesa dei curdi e della rivoluzione nel Rojava.

Dopo che il PKK a Shengal e Machmur sconfisse IS e anche a Kobanê – anche se con una certa fatica – riuscì a respingere gli attacchi di IS, gli USA e altre grandi potenze a fronte della nuova situazione decisero di organizzare un‘alleanza comune contro IS per sostenere questa resistenza. Come movimento abbiamo considerato questo significativo e prezioso. Abbiamo considerato questa ampia coalizione, nata in un contesto del genere, come una posizione comune contro il fascismo.

Alle forze di liberazione del Rojava, con una politica cauta è riuscito di trasformare questo in un‘alleanza. La coalizione anti-IS è nata in questo modo. Questa alleanza ha contribuito al salvataggio del centro di Kobanê nel gennaio 2015. Nel maggio vennero liberate anche le zone rurali della città. Il fascismo di IS qui subì la sua prima grande sconfitta. Non rimase limitata a Kobanê, anche in Siria del nord e dell‘est le forze della coalizione colpirono per ottenere una vittoria definitiva su IS. Il 18 ottobre 2017 venne liberata la capitale autoproclamata di IS, Ar-Raqqa. Questo diede a IS il colpo di grazia, perché con la sconfitta nella sua roccaforte perse la sua forza politica e militare. Questa vittoria storica è stata possibile grazie alla coalizione anti-IS e i curdi attribuirono a questa alleanza un significato davvero grande.

Inoltre sopportarono il fardello più pesante in questa battaglia. Mobilitarono ben oltre il Kurdistan i e le loro combattenti per liberare le zone arabe dal fascismo di IS. Non esitarono a veder cadere martiri le loro figlie e i loro figli in questa battaglia. Gli USA dalla fine del 2014 parteciparono alla coalizione anti-IS, ma fecero un doppio gioco. Il 22 luglio 2015 ci fu un accordo tra gli USA e la Turchia che fece della Turchia un presunto membro della coalizione anti-IS. Ma la Turchia in Rojava e nel resto della Siria non prese mai parte alle battaglie contro IS. Si trattava solo di un accordo bilaterale tra gli USA e la Turchia. Non era un‘alleanza contro IS, ma di un accordo per dare alla Turchia il via libera per attacchi contro il PKK. Alla fine, il 24 luglio 2015 jet da combattimento turchi bombardarono postazioni del PKK. Ci furono attacchi aerei contro il Kurdistan e contro forze combattenti che erano impegnate contro IS. Da allora divenne del tutto evidente la simulazione di fatti falsi.

Hanno formato una finta coalizione contro IS. Nessun altro Stato vi si è unito. È nata come alleanza tra gli USA e la Turchia. Quando poi nell‘ottobre 2017 è stata liberata Ar-Raqqa e lì IS è stato sconfitto, si è arrivati man mano a un indebolimento della coalizione che era stata fondata con la lotta contro IS. Invece di rivolgersi verso la coalizione che combatte contro IS e di impegnarsi maggiormente lì, gli USA hanno preferito la coalizione anti-PKK.

Tutte le violenze contro il PKK e i massacri in Kurdistan che il governo turco ha eseguito in questo lasso di tempo, si sono svolti con l‘assenso e il sostegno degli USA. Inoltre la Turchia ha usato le sue relazioni con l‘Iran e la Russia per esercitare ulteriore pressione sugli USA. Il ritiro delle forze statunitensi dalla Siria e dal Rojava sono quindi effettivamente il risultato di un processo che è iniziato già nel 2015.

Gli USA non hanno mai agito in modo unilaterale. Questa alternativa se la sono sempre tenuta aperta. Il ritiro delle truppe USA dalla Siria quindi non è una grande questione. Gli Stati Uniti in effetti sono venuti in Siria per via della resistenza contro IS. La resistenza curda ha portato con sé attività statunitensi in Siria.

Gli USA hanno partecipato alla guerra solo con le loro forze aeree, non avevano una presenza militare degna di nota sul posto, nemmeno truppe di terra effettive. Sono state le Forze Siriane Democratiche quelle che hanno effettuato la difesa del Paese con le loro truppe di terra. Queste erano incarnate dalle YPG/YPJ, i e le cui combattenti della resistenza hanno ottenuto il predominio nel territorio. In questo senso il ritiro dei soldati USA non determina un vuoto che si deve colmare. Il problema effettivo è la questione in quale delle due coalizioni gli USA continueranno ad essere presenti. Sembra che si stiano rivolgendo verso la coalizione sedicente anti-IS con la Turchia.

Gli Stati Uniti nel Medio Oriente sono una forza significativa che non può semplicemente ritirarsi. In particolare il Pentagono è preoccupato che con un simile ritiro, le attività militari in Medio Oriente potrebbero non essere più possibili. Il Presidente USA ha altre priorità, di politica interna. Nelle elezioni di Midterm nel novembre 2018, il Partito Repubblicano che ha designato il Presidente, ha subito una sconfitta nella Casa del Rappresentanti. Le prospettive per le elezioni presidenziali tra due anni sono piuttosto negative, per questo viene rimodellata la politica. La dichiarazione del Presidente Trump che ritirerà le truppe, è rivolta al popolo statunitense. È propaganda elettorale e vuole fare effetto.

Inoltre con il ritiro viene rafforzata l‘alleanza con la Turchia. La Russia ha alimentato il conflitto tra la Turchia e gli Stati Uniti. Gli USA cercano neutralizzare questa tattica della Russia, stabilizzando la loro relazione con la Turchia.

Lei vede nessi tra questa strategia e la taglia che gli USA hanno messo su di Lei, Murat Karayilan e Duran Kalkan?

Con la taglia e l‘embargo rafforzato contro l‘Iran, che sono entrambi il risultato di un colloquio del Ministro degli Esteri USA con il governo turco, gli USA cercano di consolidare la loro relazione con la Turchia, di tirare dalla loro parte l‘Iraq e la Turchia, di aggiungere anche i curdi e con questo di aumentare la pressione sull‘Iran. Per questo sostengono il regime fascista ostile ai curdi dell‘AKP-MHP. Questa è l‘occasione per la Repubblica di Turchia e l‘alleanza Erdoğan-Bahceli attualmente al governo, di mettere in pratica in modo più efficace la loro strategia storicamente anti-curda e genocida.

Da un lato il regime turco intensifica le violenze contro la popolazione curda e i combattenti per la libertà nelle zone di difesa di Medya (Kurdistan del sud). Dall‘altro cerca di rappresentare le Forze Siriane Democratiche (FSD) come terroristi e di eliminarle per fermare la rivoluzione in Rojava. Inoltre come con la guerra di occupazione contro Afrin il 20 gennaio 2018 ora si vogliono mettere in pratica i piani di occupazione per Manbij, Kobanê, Tall Abyad e il Rojava. Quindi non si può dire che gli USA si ritirano dalla Siria o dal Medio Oriente. Piuttosto cambiano la loro tattica e prendono le distanze dalla vittoriosa coalizione anti-IS. Ora si schierano dalla parte del regime AKP-MHP che attacca i curdi che sono stati la punta di lancia nella lotta contro IS.

Paesi europei come Germania, Francia e Regno Unito hanno criticato questa decisione. Anche all‘interno degli Stati Uniti; nel Pentagono, nel Ministero degli Esteri e nel Senato la critica si è fatta sentire. Questo ha messo sotto pressione il governo statunitense e dopo alcuni giorni hanno ammansito con la promessa di proteggere i curdi e di far avvenire il ritiro lentamente. Queste dichiarazioni sono inconsistenti e inconcludenti. Il loro atteggiamento è manipolatorio, pragmatico e contraddittorio. Non si attengono ad alleanze e partnership e prendono decisioni capricciose e non concordate.

L‘accordo con il governo AKP-MHP è come allearsi con IS o con Al-Qaida. Perché IS è stato sostenuto dalla Turchia, Al-Qaida in Siria è un‘organizzazione dell‘AKP-MHP. A Idlib ha preso il controllo il Fronte Al-Nusra. Questo è il braccio siriano di Al-Qaida. Viene protetto e alimentato dall‘AKP-MHP. Lo hanno portato al potere a Idlib. Questi sono gli alleati degli USA. Viene asserito che gli USA in precedenza avrebbero combattuto contro questo tipo di gruppi in alleanza con i curdi. Ora entrano in un‘alleanza con la Turchia. Questo equivale a un sostegno ad Al-Qaida o a IS. Questo equivale a una dichiarazione di guerra contro i curdi che hanno combattuto contro IS. Si dice che gli USA si comportano così per usare la Turchia contro l‘Iran. Come contropartita lo Stato turco vuole usare gli USA nel loro genocidio contro i curdi. Queste sono relazioni di interesse che si basano su uno sfruttamento reciproco. Gli USA sembrano essersi decisi a questo. Questo naturalmente dal punto di vista degli sviluppi in Medio Oriente è sbagliato e pericoloso. Con questo atteggiamento la guerra in Medio Oriente non può finire e il fascismo non può essere sconfitto. Al contrario i genocidi, le guerre, gli scontri e conflitti continueranno invariati. Concludendo il pensiero, si arriva inevitabilmente alla conclusione che gli USA non vogliono mettere fine alla guerra e non vogliono neanche la stabilità. Al contrario: i conflitti devono continuare e diventare più profondi, scontri, guerra e caos devono continuare perché possano continuare il loro dominio.

Salta agli occhi che gli USA con l‘affermazione di ritirarsi dalla Siria, allo stesso tempo adottano toni ancora più aggressivi nei confronti dell‘Iran. Come valuta questo inasprimento? Gli USA si armano per una guerra contro l‘Iran?

Gli USA hanno dichiarato l‘Iran e la Siria l‘asse del male. Per poter combattere l‘asse del male, dal 2006 volevano allearsi con l‘Iraq e la Turchia e avere dalla loro parte anche i curdi. Questa strategia è stata elaborata dopo le elezioni negli USA del 2006 da una commissione di repubblicani e democratici. Poi hanno iniziato a distruggere ogni forza che rappresentava un ostacolo per questa strategia. Una forza era lo stato maggiore della Turchia, la linea di Yaşar Büyükanıt e İlker Başbuğ. Questa linea è stata distrutta lasciando che combattessero contro il PKK. Dall‘altro lato temevano il PKK. Vedevano che il PKK avrebbe impedito che i curdi partecipassero a questa alleanza secondo la loro strategia. Per questo volevano indebolire il PKK, cosa che però non è riuscita. Al contrario, il PKK è uscito rafforzato dalla guerra del 2008. Poi è iniziato il conflitto in Siria e ha dominato gli eventi. All‘inizio sia gli USA sia la Turchia preferivano la Fratellanza Musulmana e cercarono, ognuno per sé, di organizzarla come ESL. Quando tuttavia il braccio egiziano della Fratellanza si è opposto attivamente a questa politica statunitense e per questo voleva usare l‘Egitto come spazio politico, gli USA cambiarono la loro strategia. Il golpe militare contro il governo in Egitto ne fu la conseguenza. Anche la politica in Siria cambiò. Si vedeva che la politica basata sui Fratelli Musulmani contro il regime Baath non avrebbe portato risultati. L‘ideologia di Tayyip Erdoğan è la stessa della Fratellanza Musulmana. Sia come politica, sia come atteggiamento mentale. Tayyip Erdoğan considera Mursi e i Fratelli Musulmani in Siria suoi fratelli. Il suo governo ha sostenuto la Fratellanza Musulmana. Così si è arrivati al conflitto tra gli USA e la Turchia.

Questa contraddizione ha portato alla fine dell‘ESL che è stato letteralmente stritolato. Quando la Fratellanza Musulmana si è indebolita, è apparsa Al-Qaida e come controprogetto è iniziata l‘ascesa di IS. Dopo che il fronte di resistenza curdo è insorto contro IS e Al-Qaida ed è riuscito ad impedire l‘avanzata di questi gruppi, la resistenza curda e gli USA alla fine del 2014 si sono orientati verso un‘alleanza, una coalizione contro il fascismo di IS. Se gli USA ne avessero avuto la possibilità, avrebbero perseguito i loro obiettivi – in questo caso la vittoria su IS – con altri alleati. Ma solo la resistenza curda ha potuto frenare IS e Al-Qaida e agli USA non è rimasta altra possibilità che allearsi con loro.

Poi la situazione in Siria tramtie la Russia e l‘Iran è diventata ancora più complicata, dal punto di vista militare tuttavia al momento la Siria è divisa in tre parti. Ci sono i territori controllati dalle forze armate di Bashar al-Assad, il Rojava controllato dalle forze democratiche e territorio siriano sotto il controllo dell‘esercito turco. Di quest‘ultimo fanno parte Cerablus, al-Bab, Afrin e İdlib, lì si trova l‘esercito IS-AKP-MHP. Questi sono alleati. Anche se ci sono alcune contraddizioni tra loro, verso l‘esterno agiscono come un fronte comune, in cui AKP e MHP formano il centro. Ora, dato che la Siria si trova in questa posizione, la Turchia non vede più via d‘uscita. Volevano lasciare che la guerra si inasprisse per trovare in Siria una soluzione a loro confacente. Tutti i colloqui e negoziati, ad Astana, a Sochi, a Ginevra, hanno continuato a portare in un vicolo cieco. In seguito a questo gli USA si sono rivolti contro l‘Iran per trovare una soluzione. In effetti l‘Iran, in particolare per la sua relazione con la Russia, è un attore importante in Siria. Quindi se in Siria dovesse esserci una soluzione ai sensi degli USA, l‘Iran deve essere respinto. Ma non è solo l‘Iran a essere un freno per la pace in Siria. L‘ostacolo vero e proprio è la Turchia. Gli USA non lo vedono. Gli USA vogliono indebolire l‘Iran puntando sulla Turchia. Come se l‘unica forza che impedisce una soluzione nel conflitto in Siria fosse l‘Iran, insistono su un intervento contro l‘Iran.

Il rafforzamento dell‘embargo contro l‘Iran annunciato il 5 novembre 2018, significa un‘escalation di questa strategia. Gli USA aumenteranno la pressione sull‘Iran. Ma niente si svolgerà come è successo in Siria, Egitto o in altri Paesi. Le condizioni in Iran sono diverse. Attualmente lì gli USA intervengono sopratutto economicamente. In ogni caso aumentano le attività statunitensi di intelligence e in Iran potrebbero delinearsi anche accenni di un golpe. Non sappiamo quali metodi spiccheranno, ma gli USA vogliono rafforzare la lotta contro l‘Iran e vogliono che tutti stiano al loro fianco.

Qual è la posizione del movimento di liberazione nel caso di una guerra statunitense contro l‘Iran?

Una guerra del genere non è nell‘interesse dei curdi. In un caso del genere gli USA punteranno sulla Turchia e faranno altre concessioni. Il governo AKP-MHP, appoggiandosi a questo, vuole continuare a commettere massacri e un genocidio nei confronti dei curdi. Per questo la priorità dei curdi oggi sta nel fatto di distruggere la dittatura fascista dell‘AKP-MHP. Perché questa dittatura tiene in vita IS e Al-Qaida. È nemica della democrazia, nemica dei curdi e minaccia l‘Europa, gli Stati Uniti e tutto il mondo. Il dispotismo AKP-MHP è la potenza più reazionaria e pericolosa del nostro tempo. Questo è vero per i curdi, ma anche per tutta l‘umanità. I politici europei lo sanno fin troppo bene. Hanno visto questo pericolo attraverso gli attacchi di IS e Al-Qaida. La strategia del governo USA di ignorare questo dato di fatto e di mettere invece alla gogna l‘Iran, non è nell‘interesse dei popoli del Vicino Oriente, dei curdi, delle comunità europee e dell‘umanità. Perché una politica del genere rafforza la dittatura fascista del regime AKP-MHP e con questo anche organizzazioni come IS e Al-Qaida. A questo proposito la resistenza curda dice: la minaccia sono ISIS e Al-Qaida e il loro mentore e comandante è la dittatura AKP-MHP. Per questo la coalizione anti-IS dovrebbe essere una coalizione anti-AKP. La lotta contro IS e Al-Qaida dovrebbe essere continuata come lotta contro l‘AKP-MHP. Gli Stati Uniti tuttavia dipendono da Erdoğan e dalla dittatura AKP-MHP per la loro lotta contro l‘Iran.

Conosciamo fin troppo bene l‘atteggiamento dell‘Iran, la sua mentalità, così come la sua strategia, in particolare contro la politica curda e contro i curdi. Noi sappiamo come è stata distrutta la resistenza dei curdi con l‘alleanza ottomano-iraniana e come nel 20° secolo l‘alleanza turco-iraniana ha abbattuto l‘insurrezione curda. Ora il governo turco e quello iraniano si uniscono nella politica anti-curda, anche se non riescono a mettersi d‘accordo su tutti gli altri argomenti. L‘Iran è una minaccia per i curdi e per il Medio Oriente. Ma al momento la minaccia più acuta parte da IS e Al-Qaida, e dalla potenza fascista AKP-MHP che li sostiene. Per questo il primo obiettivo dovrebbe essere quello di abbattere dominio AKP-MHP. Ci sono forze curde che non dispongono di una visione ideologica o strategica. Queste si trovano da qualche parte nel mezzo e si orientano secondo interessi quotidiani. Si mettono sotto l‘influenza degli USA o dell‘Iran. Queste forze sono pericolose. Guardiamo la politica del KDP e del PUK. Non hanno un atteggiamento strategico. Né rispetto all‘esistenza né rispetto alla libertà di curdi né per la democrazia in Medio Oriente. Il PKK dall‘altro lato dispone di un atteggiamento strategico rispetto all‘esistenza e alla libertà del popolo curdo. È convinto che questo sia possibile con un Medio Oriente democratico. Si attiene alle necessità di questa teoria e strategia. Attualmente la dittatura di AKP e MHP rappresenta il pericolo più grande per questa strategia.

Quanto hanno fatto soffrire la società del Kurdistan del nord per i massacri. Non si sono attenuti a nessuna legge. Mettono in carcere deputati e sindaci. Hanno eliminato tutte le amministrazioni curde elette. Decine di migliaia di politici curdi sono in carcere. Ogni giorno ci sono dozzine di assassinii. Contro questo attualmente deputati nelle galere oppongono resistenza con scioperi della fame. Ogni giorno jet da combattimento turchi bombardano regioni del Kurdistan del sud con armi della NATO. Afrin è stata occupata con l‘attacco invasore della Turchia del 20 gennaio 2018, e ora ad Afrin, la cui intera popolazione era curda, non ci sono più curdi. Erdoğan davanti agli occhi del mondo ha commesso un massacro e distrutto l‘esistenza curda ad Afrin. Questo vogliono farlo anche con altre città del Rojava. Posiziona il suo intero esercito ogni giorno minacciosamente sul confine. Bombarda, spara con carri armati e artiglieria pesante e minaccia un‘invasione. In questa situazione come potrebbero i curdi posizionarsi contro l‘Iran, e questo per giunta al fianco della Turchia? Quante volte abbiamo dichiarato un cessate il fuoco e cercato di elaborare una soluzione democratica con la Turchia? L‘attuale amministrazione AKP-MHP si è ripromessa di annientare i curdi. Se gli USA si mettono insieme con questo governo, entrano in una linea ostile ai curdi e questo è un modo di procedere che i curdi non approveranno mai.

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Cemil Bayik: “Definiamo il Kurdistan società e non Stato”

Nella seconda parte dell‘intervista parla della minaccia di invasione del Rojava da parte della Turchia, dello stato dei negoziati tra la Federazione Democratica Siria del Nord e dell’Est e il governo siriano e della trasformazione delle HPG e YJA-Star nella “Guerriglia della Vittoria”.

Le minacce del governo turco contro il movimento di liberazione curdo e concretamente contro il Rojava in effetti non sono una novità, ma diventano più aggressive. Quanto ritiene plausibile la possibilità di un’invasione su ampia scala della Turchia in Rojava?

Ci sono ragioni differenti per le minacce della Turchia contro il Rojava. Iniziamo dal fatto che i curdi nel Kurdistan del sud hanno uno status autonomo e nel nord del Kurdistan da 40 anni resistono contro l’occupazione. Questa resistenza ha richiesto un prezzo elevato, ma non è mai stato possibile distruggerla. Non importa quante volte lo Stato turco abbia massacrato i curdi o quanto li abbia oppressi, non è riuscito a far tacere i curdi nel Kurdistan del nord. Lo sviluppo in Rojava, nel Kurdistan occidentale, è una minaccia aggiuntiva per la Repubblica di Turchia. Se l’esistenza curda ottiene uno status, la Turchia non può più mantenere la politica contro i curdi basata sulla mentalità di negazione e distruzione. In effetti questa mentalità e questa politica non sono rivolte solo contro il Rojava, ma anche contro il Kurdistan del sud. Tayyip Erdogan ha affermato molte volte che ritiene lo status dei curdi nel Kurdistan del sud un errore che vuole recuperare. Questa è la base del suo attacco al Rojava. Se l’esistenza curda raggiunge uno status in Rojava, mentre nel nord continua ad esistere la resistenza e il sud resta invariato, la politica fascista di sfruttamento presente all’interno dei confini della Turchia che ignora i curdi e che vorrebbe sterminarli, non ha più una base per esistere. Per questo Erdogan è dell’opinione che deve prima distruggere gli sviluppi in Rojava per poter mantenere queste mentalità e politica colonialista-genocida anti-curda.

Un altro argomento è che l’assistenza degli USA per queste azioni politiche è un grande sostegno per la Turchia. Ogni volta che questa mentalità e politica fascista, colonialista-genocida inizia a vacillare e si trova a un passo dal crollo, viene ripresa e sostenuta dagli Stati Uniti. Viene rivitalizzata e mantenuta in vita e con questo viene impedito un tracollo. Questo lo ha mostrato anche la recente manovra degli USA. Comportamenti simili li vediamo anche in Germania, Francia e nel Regno Unito. Dal punto di vista economico la Germania ha dato sollievo alla Turchia. L’amministrazione Merkel riteneva che se la Turchia fosse crollata, sarebbe crollata insieme a lei e si è orientata verso una politica pro-fascista. Ma non c’è un crollo della Turchia. Nel caso crolla il fascismo e questo nessuno dovrebbe temerlo. Se cade il fascismo, la Turchia continuerà ad esistere. Nessuno dovrebbe allearsi con la Turchia fascista. Inoltre la politica di sostegno degli USA e la mano di aiuto dell’Europa, forniscono occasione e spunto perché il regime AKP-MHP attacchi i curdi in questa misura. Sa che per quanti massacri e genocidi commetta, gli USA e l’Europa si schiereranno con lui. Quello che è successo a Saddam, a lui non succede. Una delle ragioni principali per cui il regime AKP-MHP è così aggressivo quindi, è la politica di sostegno degli USA, della Germania, della Francia e dell’Inghilterra. Il loro atteggiamento non univoco nei confronti dell’esistenza curda e della sua libertà, così come il non difendere la loro rivendicazione come popolo dei propri diritti democratici, induce lo Stato turco ad attaccare. Per questo minaccia anche il Rojava. La Turchia non è in grado di arrivare a tanto. Solo l’aiuto degli USA e dell’Europa rendono la Turchia un aggressore.

Inoltre c’è sostegno dalla Russia e dall’Iran. Entrambi sono pragmatici e colgono ogni occasione possibile per ottenere in Medio Oriente un vantaggio rispetto agli USA nel quadro delle loro contraddizioni. In particolare l’Iran, in base alla sua posizione di opposizione rispetto ai curdi, può collaborare con la Turchia quasi in ogni ambito. La Russia invece è molto pragmatica e fonda la sua politica sugli eventi attuali. La posizione della Russia nel Medio Oriente, contrariamente a quanto per la maggior parte si ritiene, non è forte ma debole. Per questa ragione la Turchia attraverso concessioni e compromessi, può sempre trattare con la Russia.

La guerra contro il movimento di liberazione curdo e la sua escalation, sono un elemento chiave della politica di potere del Presidente turco. Secondo Lei, fino a che punto intende arrivare Recep Tayyip Erdogan – e fino a che punto la popolazione della Turchia lo sosterrà?

La popolazione della Turchia era antifascista, nella società a lungo non c’è stata ostilità tra i popoli. Se si studia il periodo di 50–100 anni fa, questo risulta estremamente evidente. Perfino andando a guardare gli anni ‘70 si vede bene che la Turchia in molti ambiti della vita aveva un atteggiamento aperto, sociale rispetto alla democrazia. Dopo il golpe militare del 12 marzo 1971 in Turchia è stata seguita una politica speciale. C’era l’intenzione di cambiare la mentalità della società e di sviluppare sciovinismo e razzismo per promuovere l’inimicizia tra i popoli.

Il nazionalismo turco si basa su questo e l’MHP lo rappresenta ancora oggi. Dopo il golpe militare si è inasprito e così è stato introdotto nella società. Al mercato, nella formazione, nella quotidianità. Così nella forma di un metodo di guerra particolare, la mentalità, il pensiero e i sentimenti della società sono stati modificati. La regione sul Mar Nero per esempio era l’area più aperta alla democrazia, ora è la zona più razzista e nazionalista. Anche la regione dell’Egeo e dell’Anatolia centrale. Nella società turca si è imposto un serio cambiamento della mentalità. Per questa ragione la retorica razzista-nazionalista del potere fascista dell’AKP-MHP ha il sostegno di una parte della società in Turchia, perché è stata sottoposta a un lavaggio del cervello. In effetti le persone in Turchia sono state indottrinate con sentimenti e pensieri fascisti, sciovinisti e razzisti.

Inoltre l’AKP compra il favore della popolazione. Da denaro alle persone per conquistarle. Prima hanno affamato la gente e lasciato che si impoverisse. Poi hanno distribuito denaro perché non crepasse e nel farlo si sono presentati come salvatori. Le persone provavano gratitudine. Così la società è stata legata al potere e allo Stato. È nato un nuovo ceto sociale. Anche le voci delle donne sono state comprate per l’AKP, altrimenti probabilmente nessuna donna voterebbe l’AKP che si impegna per la schiavitù delle donne. Eroga assegni famigliari direttamente alle donne. La donna, che in passato non ha mai avuto una simile attenzione di natura materiale, sente un legame con questo potere. L’AKP non ha raggiunto una posizione del genere approvando la libertà delle donne o offrendo loro istruzione. Ha semplicemente comprato i loro voti. Oggi il fascismo AKP-MHP ha una base di massa, Tayyip Erdogan ogni giorno parla per dieci ore per mantenere questa mentalità di massa e il suo sostegno attraverso la sua retorica razzista-sciovinista e anti-curda. Nonostante tutto questo, tutt’ora non supera il 50% dei voti degli elettori. Tutt’ora una gran parte della società turca è antifascista e si impegna per la pace tra i popoli. Questo vale in prevalenza per le donne, i giovani e i lavoratori. Nelle ultime elezioni del 24 giugno 2017, Erdogan non ha vinto la presidenza. Se l’è presa.

Se si fa riferimento al golpe del 12 settembre 1980 e si dice che dal 1980 infuria ininterrottamente una guerra civile lunga 40 anni, questo corrisponde alla realtà. Se si va più indietro, negli anni ‘70, si può parlare di una guerra civile lunga 50 anni. Di certo la società non vuole una guerra, è contraria alla mentalità fascista. Ma il fascismo si appoggia alla sua base, si sviluppa a partire da lei e dal potere statale, e in questo modo perpetua la sua efficacia e sovranità. Impedisce l’organizzazione di un contro-potere sociale e lo sviluppo di un’opposizione organizzata. Per questo l’opposizione sociale non si rispecchia nella politica e non riesce a trasformarsi in un assieme vigoroso. In particolare il CHP, sotto la guida di Kemal Kılıçdaroğlu, in questo modo sostiene il governo AKP-MHP. Spacca e divide il fronte antifascista. È come un gioco. Il CHP a suo dire è contrario al fascismo, in effetti sostiene il fascismo in tempi difficili. In questo modo il fronte democratico antifascista viene ostacolato e indebolito e ne viene impedita l’integrità.

Ormai la situazione ha raggiunto un punto più che critico. Questo vale per gruppi di popolazione sia turchi sia curdi. La guerra lunga 40-50 anni è stata un onere molto pesante per tutti. Tutti gli ambiti della società sono colpiti dalla guerra e dall’oppressione. Noi crediamo che il regime AKP-MHP non sia in grado di sostenere questa situazione ancora a lungo. Serve un partito guida che crei una coscienza democratica, una coesione politica e sociale contro il fascismo. Se questo viene realizzato, la società turca non dovrà sopportare oltre il peso di questa guerra. Se gli Stati Uniti, l’Europa e la Russia non sostenessero l’AKP-MHP, non sarebbe possibile continuare a condurre questa guerra. Tutti devono sapere che il maggiore sostegno economico viene dalla Germania e il sostegno politico-militare dagli Stati Uniti. Francia e Regno Unito propongono il loro sostegno ogni volta che il regime si trova in una crisi e anche la Russia persegue una politica simile.

Torniamo alla Siria. Un ulteriore effetto dell’annuncio del ritiro degli USA, è stato che le trattative tra la Federazione Democratica della Siria del Nord e dell’Est, il governo siriano e la Russia sono diventate di nuovo più intense. Qual è il loro obiettivo? Si tratta di un’alleanza tattica a breve termine contro un nemico comune o c’è una prospettiva a più lungo termine? Qual è la loro visione delle prospettive di futuro dei popoli della Siria e del Vicino Oriente?

Il movimento di liberazione curdo ha un percorso di soluzione chiaro che si basa sul confederalismo democratico e l’autonomia democratica ed è stato delineato dal Presidente Abdullah Öcalan. Se vogliamo formulare un piano generale, chiamiamolo Vicino Oriente democratico–Kurdistan Libero. Come esempio, Turchia Democratica–Kurdistan Libero, Siria Democratica–Kurdistan Libero. Noi definiamo questa libertà come autonomia democratica, quindi non separata dall’integrità degli Stati esistenti come la Turchia o la Siria. In effetti definiamo il Kurdistan come società, non come Stato. Per questo facciamo affidamento sulla soluzione attraverso l’autonomia democratica. È questo il sistema in cui la società si organizza e si amministra liberamente, ma entra in unioni democratiche con altre comunità. I curdi per esempio dovrebbero costruire le loro amministrazioni democratiche in Siria, ma anche essere una parte dell’unità democratica della Siria. Lo stesso vale per la Turchia, l’Iraq e l’Iran. Questa è la soluzione proposta dal movimento di liberazione curdo. Anche le Unità Democratiche della Siria, o meglio, l’Amministrazione Autonoma della Siria del Nord e dell’Est, accetta questa impostazione di soluzione.

Sulla base di questa impostazione sviluppa relazioni con la Siria. Il problema quindi non era la questione di quale regime governi a Damasco. Era una ricerca di una soluzione all’interno dell’unità siriana. Nelle trattative con Damasco i curdi puntavano a risolvere il problema curdo sulla base della democratizzazione della Siria all’interno dell’unità siriana. Avrebbero preso contatti con tutti. Hanno anche cercato di costruire relazioni con l’opposizione, di tanto in tanto ci sono stati anche contatti, ma l’opposizione ha rifiutato contatti con i curdi del Rojava. Per il resto i curdi non hanno evitato contatti con alcun potere siriano. Questa quindi non è un’impostazione tattica, ma strategica. Quale governo ci sarà alla fine, questa è un’altra questione, ma trovare la soluzione con la Siria democratica è un modo di procedere ben ponderato. Naturalmente una soluzione dovrà basarsi anche sul fatto che il popolo curdo abbia il diritto all’autodeterminazione sulla base dell’autonomia democratica.

Su queste fondamenta l’Amministrazione Autonoma Siria del Nord e dell’Est cerca di entrare in collegamento con tutti, cercano di fare alleanze, di incontrarsi, e sono pronti a vivere insieme. Tuttavia resta il fatto che né il governo di Assad né tutte le altre forze con le quali viene costruito un contatto, si trovano all’interno dell’impostazione politica e della mentalità che garantirà l’esistenza e le libertà dei curdi. Per questo questi passi per il momento restano solo tattici e non si trasformano in un’alleanza strategica. Ma i curdi qui cercano un piano orientato a più lungo termine. Il fatto che non si arrivi a una soluzione non è dovuto ai curdi, ma alla politica di altre potenze.

Anche se si dice ai curdi, andate e separatevi da noi, non lo vorrebbero. La volontà di coesistenza con la Siria democratica è strategica. Tutti devono saperlo. Naturalmente una simile coesistenza è possibile solo con coloro che hanno un modo di pensare e una politica democratici, quindi con la Siria democratica. Con tutti gli altri non è possibile entrare in un’alleanza del genere.
Attualmente questi colloqui naturalmente arrivano in primo piano per via dell’annuncio di ritiro degli USA. Ma erano nell’agenda perfino in tempi di combattimenti pesanti. In considerazione delle condizioni attuali, un’accelerazione delle trattative è comprensibile. Sia le forze siriane sia l’Amministrazione Autonoma della Siria del Nord e dell’Est sono state costrette a sviluppare nuovi approcci, costruire piani efficaci e ad accelerare negoziati diplomatici. È naturale cercare soluzioni che si basano sulla propria strategia attuale. Anche durante al guerra di Afrin c’erano colloqui. I curdi volevano portare a un livello strategico queste relazioni con tutte forze siriane che approvano un modo di procedere collaborativo. Ma non sono venute. Una simile volontà democratica non esiste in altre potenze. Non nel regime di Assad e nemmeno nelle altre forze siriane.

Anche la Russia in Siria e nell’area intorno al Mediterraneo orientale, è un attore importante. La Russia prende parte attivamente alla guerra in Siria, è in contraddizione con gli USA e tuttavia ha relazioni con loro. Per questo la Russia sarà la potenza mondiale più attiva nella regione quando le truppe statunitensi si ritireranno. E anche le relazioni con la Russia sono su questa base. Anche queste non esistono solo dal momento in cui gli USA hanno annunciato il loro ritiro. Fin dall’inizio ci si sono sempre state relazioni, alleanze, contraddizioni e conflitti su diversi livelli. Quando gli Stati Uniti hanno detto che si sarebbero ritirati, le relazioni e gli sforzi per alleanze con le forze siriane si sono accelerati per creare l’Unione Siriana Democratica. Dall’altro lato le relazioni con la Russia, che a livello globale rappresenta una potenza efficace, sono andate in primo piano.

Dalla parte russa finora non abbiamo visto spunti molto positivi o risultati progressisti. Troviamo la strategia della Russia troppo a breve termine, tattica e manipolatoria. Vorremmo che fossero capaci di essere un po’ più lungimiranti. Rispetto a tutte le forze e alla lotta del popolo curdo per la sua esistenza, sarebbe meglio essere più corretti e meticolosi. Nella situazione attuale i curdi vivono un grave massacro. È una lotta all’ultimo sangue. Ogni giorno cadono dozzine di martiri. Molte potenze qui giocano intorno ai loro interessi economici, mercanteggiano. Questo è inumano e sbagliato. Se una parte è esposta a un genocidio, voler ottenere semplici guadagni economici non ha alcun lato giuridico, morale o umano. Faccio appello a tutti perché agiscano in modo più morale, più umano.

In questa occasione possiamo esplicitare questo dato di fatto. La modalità della Russia è: politica di relazione e di conflitto con gli USA e semplice mentalità del profitto. Noi supponiamo che la Russia con l’annuncio degli USA, abbia ragionato come come il governo dell’AKP-MHP e abbia visto un’occasione di controllare i curdi. Se è così, questo è un errore enorme. In primo luogo i curdi non sono così in difficoltà. I curdi del Rojava non sono soli, il Rojava-Kurdistan non è solo: tutte le parti del Kurdistan, il popolo curdo e le forze di libertà curde sono al loro fianco.

L’intera umanità e le forze democratiche sono con loro. La coalizione anti-IS, nonostante l’annuncio del ritiro degli USA va avanti. Germania, Francia e Regno Unito hanno dichiarato che continueranno nella coalizione anti-IS come finora. Come movimento di liberazione del Kurdistan abbiamo trovato molto sensato questo atteggiamento. Anche i Paesi arabi hanno fatto dichiarazioni del genere, anche queste molto preziose. Abbiamo visto una struttura e speriamo che sia continuativa e non passeggera. Non sappiamo cosa ci sarà poi, ma questo atteggiamento per noi è stato molto importante. Il comportamento della Russia è stato sbagliato, è pragmatico sfruttare l’occasione. La Siria del Nord e dell’Est non è sola ed ha già vinto una guerra una volta. Hanno una volontà, un potere in Kurdistan e nella regione. Questo non è il risultato della volontà o della posizione degli USA. Le persone che pensano questo, si sbagliano di grosso. Per questo una potenza che ha fatto tanta guerra, trasferirà la sua volontà anche alla politica. Noi speriamo che la Russia mostri più rispetto, veda la volontà dell’altro e mostri un comportamento democratico. Questo significa riconoscere la strategia dell’Amministrazione Autonoma Democratica di creare una Siria democratica e stare al suo fianco. Fondamentalmente le relazioni con la Siria del nord e dell’est allora potranno anche trovare espressione. Solo allora lo sosterremmo e lo troveremmo sensato. Se questo non è il caso, un approccio di vedute limitate non porta a risultati. La Russia non può semplicemente mettere sotto il suo controllo i curdi nel Rojava e l’Amministrazione Autonoma. Il movimento di liberazione del Kurdistan non attribuisce significato a metodi del genere e ha anche la forza di combatterli.

Come ultima cosa voglio chiederLe del discorso per il nuovo anno del partito, in particolare rispetto alla nuova formazione delle unità di guerriglia come “Guerriglia della Vittoria”. Cosa si intende concretamente? E quali dovranno essere le differenze rispetto alla guerriglia attuale? A quale ristrutturazione si aspira con questa dichiarazione?

Questi temi si basano sui metodi della lotta e dell’organizzazione collegata. Questo è il terreno fisico, la condizione della consapevolezza e dell’organizzazione delle dinamiche che sono parte della lotta, il livello tecnico. Il PKK ha esperienza di quasi 40 anni di guerra di guerriglia. Ha tratto vantaggio dalle esperienze di altri popoli, del terreno militare creato dalla guerra Iran-Iraq e ne ha colto le opportunità e le possibilità. Si è appoggiata alle caratteristiche geografiche e combattenti del Kurdistan e della società curda. La guerriglia ha sviluppato le sue tattiche tenendo conto del tradizionale legame della Turchia con la NATO.

Ha intrattenuto relazioni con movimenti di guerriglia in altre parti del mondo; c’erano similitudini ma anche differenze. Per esempio il PKK ha avuto un addestramento alla guerriglia in Palestina e in Libano. Ha imparato dalla guerriglia palestinese. Ma quando il 15 agosto 1984 è arrivata in Kurdistan e ha iniziato la sua lotta, la sua vita, il suo stile, la sua organizzazione e il suo lavoro quotidiano, si distinguevano dalla guerriglia palestinese. Così secondo le condizioni del Kurdistan è risultata una nuova formazione.

Su queste fondamenta negli anni ‘80 e ‘90 ha condotto una guerra significativa. In effetti ha sconfitto l’esercito turco molte volte e quest’ultimo non aveva più efficacia. Se oggi il governo turco e la politica turca sono liberati dal tutoraggio dell’esercito, questa è una conseguenza della vittoria della guerriglia curda sull’esercito turco. Chi avrebbe potuto spingere l’esercito fuori dalle questioni dello Stato se non fosse stato sconfitto dalla guerriglia. Dicevano di essere i fondatori dello Stato. Ora l’esercito nell’apparato statale è stato spinto abbastanza indietro. L’AKP sostiene che questo sia merito suo, cosa non vera. Non c’è stata una lotta del genere da parte dell’AKP contro l’esercito. È stata la guerriglia curda che ha sconfitto questa potenza.

Ma le condizioni 40 anni fa quando erano in corso preparativi, o 30-35 anni fa quando si iniziava a mettere in pratica, differivano dalle condizioni odierne in modo sostanziale. Il mondo è cambiato, la politica turca è diventata diversa. E poi ci sono anche i grandi sviluppi in Kurdistan. In questa fase il Kurdistan del sud ha avuto uno status di autonomia ed è iniziata la rivoluzione nel Rojava Kurdistan. Nel nord si sono sviluppati governi locali democratici che lo Stato turco cerca di distruggere con attacchi fascisti. È avvenuta una rivoluzione nazionale di risurrezione. Le persone sono più consapevoli, più organizzate. È stato un cammino lungo. Durante questo periodo i combattenti si sono formati e sviluppati. Allo stesso modo sono cambiate e si sono sviluppate anche le potenze coloniali fasciste. Per esempio il potere statale con la dichiarazione dello stato di emergenza nel 1987 in Turchia, ha vissuto un cambiamento sostanziale. Negli anni 1991-92 con l’intervento di Doğan Güreş è stato sottoposto a un ulteriore cambiamento. Nel 1997-98 c’è stato un nuovo golpe militare. Negli anni 2007-2008 l’alleanza USA-AKP ha messo in atto una serie tentativi di scalzare in politica l’esercito soccombente di Zap. Lo Stato è cambiato. Il sistema dell’esercito è stato modificato. In tutto il mondo c’è stato un salto tecnologico del quale si è servito anche l’esercito turco. Si è adeguato ai cambiamenti.

Ora è diventato una forza militare che dispone di mezzi intelligenti e tecnologici di informazione e ricognizione. La guerra viene proseguita a questo livello, ossia a un livello completamente tecnologico. Tutto questo richiede che la guerriglia si rinnovi anche su questa base. I metodi e il sistema di organizzazione della guerriglia che sono stati costruiti negli anni ‘80 e ‘90, devono essere adeguati ai tempi attuali. La guerriglia si deve rinnovare in modo adeguato a questa condizione. È questo che si intende. La guerriglia può modificarsi, rinnovare se stessa e adattarsi a nuove condizioni. Anche in queste condizioni la guerriglia può esistere, combattere e condurre la sua lotta di liberazione per garantire la propria esistenza. La guerriglia può essere forza di avanguardia di una simile lotta esistenziale e di liberazione e svolgere un ruolo importante. Se si rinnova in questo e si riarma tecnologicamente, può sconfiggere con successo ogni esercito e ogni Stato che si basa sulla propria potenza militare, insieme a tutta la sua mentalità e politica sfruttatrice e genocida. È questo che si intende con il termine “Guerriglia della Vittoria”. Questo risultato è desiderato e realizzabile.

È importante fare cambiamenti sostanziali. Questo viene discusso internamente. Si tratta della finalità, della modalità della guerra. Quali sono le modifiche necessarie nell’organizzazione, nel movimento e nello stile di vita della guerriglia? Di quale forza motrice abbiamo bisogno per combattere contro la mentalità e politica fascista e genocida delle condizioni attuali? Cosa c’è da fare? Come ci si deve organizzare, quali sono i metodi di combattimento da usare e con quali strumenti dobbiamo essere equipaggiati per questo? La discussione è questa. Noi studiamo, discutiamo, abbiamo scambi tra di noi. Noi sappiamo che è necessario fare cambiamenti radicali a questo proposito. Da questo punto di vista già da diverso tempo ci sono progressi che hanno anche portato con sé dei cambiamenti. Ma sono rimasti abbastanza deboli. Ora si evidenzia che le modifiche devono essere durevoli. La guerriglia ne è consapevole e ha la volontà di compiere cambiamenti radicali. È creativa e dispone di una consapevolezza che è anche in grado di superare atteggiamenti conservatori e limitati. Supererà con successo anche questo cambiamento e svolgerà il suo ruolo significativo nella lotta di liberazione e per l’esistenza dei curdi anche in futuro.

* da http://www.uikionlus.com/

#Intervista: Karl Plumba
#Traduzione dal turco: Mercan Karadag
traduzione dal tedesco a cura di Rete Kurdistan Italia

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3 Commenti


  • marco

    “Questo diede a IS il colpo di grazia, perché con la sconfitta nella sua roccaforte perse la sua forza politica e militare. Questa vittoria storica è stata possibile grazie alla coalizione anti-IS e i curdi attribuirono a questa alleanza un significato davvero grande.” già solo questa dichiarazione che ignora il fatto che l’ISIS ha cominciato la sua crisi con l’entrata effettiva nel conflitto della russia e che il 70% del terrirorio siriano è stato liberato dalle forze di terra regolari del governo legittimo, pone un’altra volta i curdi fuori dalla realtà.
    Dall’intervista sembra che gli USA, poverini, vorrebbero in fondo aiutare i curdi e combattere il fascismo dell’ISIS (creatura loro – hillary clinton dixit), ma è solo la cattiva turchia a non permetterlo.
    Il che da la misura di come si sia ridotta la capacità di analisi politica di quello che una volta era il glorioso PKK.
    Il fatto che poi lamentino che gli USA non possono ritirarsi dal medio oriente quando vogliono, è la cosa più agghiacciante.
    Sostanzialmente auspicano lo smembramento della siria (altro che confederalismo!) e sostengono l’occupazione imperialista del medio oriente.
    Francamente sono sempre più lontano dal dare un sostegno a quel progetto di rojava che rischia sempre di più di essere un avamposto del colonialismo americano.


    • Redazione Contropiano

      le ragioni dei popoli e quelle della geopolitica non vanno quasi mai d’accordo… Nel caso dei curdi questo è ancora più vero, dopo 80 anni di guerra divisi in 4 paesi diversi…
      e alleanze temporanee cui ogni popolo in queste condizioni è costretto sono sempre indigeribili per chi sta fuori dall’orizzonte dell’autodeterminazione di quel popolo. Ma nessuno può essere così stupidamente presuntuoso da porsi nella posizione di chi avrebbe da insegnare a chi combatte (anche da meno tempo dei curdi)
      Un loro detto ormai proverbiale recita: “i curdi hanno per amici soltanto le montagne”; ecco, un popolo senza libertà ha ragione a prescindere, perché lotta per sopravvivere e liberarsi.


  • marco

    non sto contestando il diritto all’autodeterminazione dei curdi.
    Ma la prassi per raggiungerla e l’analisi politica di questo dirigente.
    Probabilmente la loro lotta sta fallendo proprio perchè è fallace l’anailisi politica e la scelta di campo.
    Hanno puntato tutto sull’occidente e (almeno a me pare) non hanno capito che l’unico curdistan che le potenze occidentali sono disposte ad accettare è quello retrogrado e coloniale del modello barzani.
    Probabilmente non sono nella posizione di dare ad un curdo suggerienti di tattica militare, ma come compagno sono ancora in grado di fare un minimo di analisi e nell’ambito della dialettica di muovere una critica che se in buona fede, i compagni curdi dovrebbero comuque (condividendola o meno) ascoltare con gratitudine.
    Non è che le minoranze vanno sostenute sempre e comunque, solo perchè minoranze.
    se no rischiamo di fare le figure grottesche alla franco giordano.
    Che quando i kampas tibetani cominciarono a massacrare la popolazione civile di etnia han, lui si precipitò a protestare contro un paese fratello e a favore di una teocrazia medioevale.
    tutto in nome dell’autodeterminazione

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