Proposta una breve estensione. Nuovo voto parlamentare il 20 Marzo
Londra. Nella giornata di Giovedì, alla Camera dei Comuni si è tenuta un’altra sessione di votazioni sul processo di uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Dopo le due sconfitte parlamentari subite dalla sua proposta d’accordo, e il voto contrario ad una Brexit unilaterale, Theresa May è stata obbligata a concedere al parlamento la possibilità di esprimersi sulla necessità di una ottenere una proroga dell’incombente scadenza del 29 Marzo. I deputati hanno votato, a larghissima maggioranza (con una convergenza di opposizioni e conservatori moderati) per conferire mandato al governo per proporre all’Unione Europea di estendere la deadline.
Su cosa si è votato?
Prima del voto sulla mozione principale, sono stati esaminati alcuni emendamenti. In primis, un testo (proposto dai deputati centristi del neo-costituito Gruppo Indipendente) per l’indizione di un secondo referendum, sconfitto con grosso margine (334 voti contro 85, con l’astensione del Partito Laburista). La direzione del Labour ha motivato la propria scelta sostenendo che non fosse questo il momento per affrontare tale discussione, focalizzata sulla necessità di procurarsi un’estensione; una posizione condivisa anche dai maggiori movimenti d’opinione europeisti (Best for Britain and People’s Vote) che premono per la nuova consultazione.
Un secondo emendamento, anche questo sottoposto da un gruppo interpartitico, proponeva invece di avviare una serie di votazioni parlamentari “indicative”, per consentire alla Camera dei Comuni di plasmare il testo di un nuovo accordo sulla Brexit, largamente condiviso, da sottoporre poi all’Unione Europea. Questo emendamento è risultato sconfitto per soli due voti (314 contrari contro 312).
Il Partito Laburista ha proposto una modifica alla mozione governativa che impegnava, nel quadro di una estensione, il Governo ad adottare il piano sulla Brexit proposto dalla formazione di Jeremy Corbyn; anche questa modifica alla mozione originaria è stata respinta (318 voti a sfavore contro 302).
Dunque, posta ai voti, la mozione originaria del governo sul rinvio della Brexit (senza alcuna revisione), è stata approvata con ampio margine (413 a 202).
La Brexit sarà rimandata?
La mozione del governo decreta che il governo cercherà un accordo con l’UE per un’estensione della procedura di uscita (ai sensi dell’Articolo 50 del Trattato di Lisbona) oltre il 29 marzo. A questo punto, la palla passa al Consiglio d’Europa. Gli stati membri dovranno pronunciarsi in materia, ed accordare, all’unanimità, l’estensione. Qualora anche un solo paese dell’UE dovesse opporsi (cosa che, al momento, appare improbabile), il Regno Unito dovrebbe comunque uscire dall’UE il 29 Marzo.
La partita ora si gioca, prevalentemente, sulla durata della proroga. Theresa May porrà nuovamente ai voti il proprio piano sulla Brexit, in una nuova consultazione da tenersi il 20 Marzo alla Camera dei Comuni. Qualora il Primo Ministro dovesse spuntarla, l’estensione dovrebbe essere molto breve (sino al 30 Giugno) e di natura puramente tecnica. Nel caso in cui la May non dovesse riuscire nel proprio intento, si tratterà di un periodo assai più lungo (sino a due anni). In quest’ultimo caso, il Regno Unito dovrebbe addirittura partecipare alle Elezioni Europee che si terranno tra un paio di mesi. La burocrazia di Sua Maestà è già al lavoro per questa eventualità, che avrebbe il sapore della beffa.
Cosa succede ora?
Theresa May respira; la premier è ora al lavoro per convincere il Partito Unionista Democratico dell’Ulster (determinante per l’appoggio esterno fornito al suo governo) a sostenere la sua proposta di accordo nel prossimo passaggio parlamentare del 20 Marzo. Ma, intanto, la leader conservatrice deve fare i conti con un primo dato significativo. Aveva, infatti, promesso che, in ogni caso, il 29 marzo sarebbe stato il giorno della Brexit.
Lo slittamento della data è comunque un duro colpo politico che rischia di compromettere ulteriormente i suoi rapporti con la destra interna al Partito Conservatore (capeggiata da Boris Johnson e Jacob Rees-Mogg, fautori di una Hard Brexit, e non ostili, in principio, ad una uscita unilaterale) che ha infatti votato contro la mozione di governo (insieme ad alcuni ministri). La tattica della May prevede, a questo punto, di sventolare lo spauracchio dell’annacquamento della Brexit (tramite una lunga estensione) in caso di una sua nuova sconfitta nella votazione del 20 Marzo. “Qualora il mio accordo dovesse essere nuovamente respinto – ha dichiarato – la strada per la nostra uscita dall’Unione Europea potrebbe farsi molto complicata. Potrebbe non esserci alcuna Brexit”.
Una eventualità che potrebbe far scendere a più miti consigli gli ultras della Hard Brexit presenti nel suo partito, e garantirle la maggioranza necessaria a ratificare il suo piano. Tuttavia, le cronache parlamentari di questi mesi consigliano prudenza intellettuale nel formulare previsioni.
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