Gli studenti provenienti da paesi al di fuori dell’Unione Europea dovranno pagare tasse d’iscrizione all’università dieci volte superiori di quelle previste per i loro compagni di classe europei a partire dal prossimo anno accademico, secondo il decreto del Ministero dell’Istruzione Superiore pubblicato il 21 aprile.
La misura non è una sorpresa, ma ora è scritta nera su bianco e incastonata nella pietra. Il decreto che formalizza l’aumento delle tasse universitarie per gli studenti extracomunitari è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale domenica 21 aprile.
Secondo il testo del Ministero dell’Istruzione Superiore, gli studenti provenienti da paesi al di fuori dell’Unione Europea dovranno pagare 2.770 euro per l’iscrizione a un corso di laurea triennale e 3.770 euro per un corso di laurea magistrale. Si tratta di dieci volte in più rispetto a quanto alle tasse di iscrizione per coloro che risiedono nell’Unione Europea.
Anche se alla fine questa misura non si applica ai dottorandi – l’unica concessione acconsentita dalla Ministra dell’Istruzione Superiore e della Ricerca Frédérique Vidal – e prevede esenzioni basate su “circostanze personali” o in ragione di “orientamenti strategici dell’istituto”, questi aumenti senza precedenti rompono con la tradizione francese di accoglienza degli studenti. Ironia della sorte, il piano del governo per rendere il paese attraente per gli studenti stranieri si chiama proprio “Bienvenue en France”.
Dall’inizio dell’anno accademico 2018 e dalla presentazione del progetto del governo, l’opposizione della comunità universitaria e dei sindacati studenteschi è cresciuta costantemente, senza riuscire però, in ultima istanza, a piegare il governo nonostante le varie mobilitazioni.
Questa nuova politica può scoraggiare gli studenti dal venire in Francia per studiare, e quindi ridurre drasticamente il numero degli iscritti. Per questo motivo, diverse università, come Paris-Nanterre, Clermont-Auvergne, Rennes-II, Aix-Marseille, Toulouse-Jean-Jaurès, Lyon-II, Angers, Caen e Le Mans, hanno annunciato pubblicamente che non seguiranno la richiesta ministeriale.
Il presidente dell’Università di Clermont-Auvergne, il primo ad aver formalizzato questo processo di opposizione, aveva spiegato a Mediapart di averlo fatto perché “la decisione annunciata prevede un aumento di proporzioni difficilmente spiegabile con un calendario impossibile”.
Come ha scritto Mediapart nel gennaio 2019, anche la molto poco ribelle CPU (Conferenza dei Presidenti Universitari) ha chiesto nel dicembre 2018 la sospensione di questa disposizione del piano, fino a quando la consultazione non avrebbe potuto avere luogo. Le università sono autonome e, in quanto tali, i refrattari possono ricorrere al decreto del 19 agosto 2013, che prevede che ogni istituzione possa esonerare alcuni dei suoi studenti dalle tasse d’iscrizione. Ognuno dovrà ora creare la propria politica dei prezzi per gli studenti non europei.
Hugo Harari-Kermadec, docente di economia alla ENS Paris-Saclay, co-autore del libro “Arrêtons les frais! Pour un enseignement supérieur gratuit et émancipateur” (Raisons d’agir, 2014) e membro del gruppo di ricerca Acides (Approches critiques et interdisciplinaires des dynamiques de l’enseignement supérieur), aveva denunciato a Mediapart una futura perdita di attrattiva dell’istruzione superiore e “una logica contraria al servizio pubblico”.
“Naturalmente, la principale contro-argomentazione di questo aumento delle tasse universitarie sarà quella di dire che non riguarderà tutta l’istruzione superiore, ma solo alcune istituzioni e alcuni settori. Si può quindi anche presumere che le università più bisognose di finanziamenti, quelle delle periferie delle grandi e medie città, non saranno attraenti e nessuno vorrà pagare per venire qui. Questo alla fine aumenterà le disuguaglianze e le gerarchie”, ha affermato il ricercatore.
Ogni anno la Francia accoglie circa 500.000 studenti provenienti da paesi al di fuori dell’Unione Europea. Questi paesi sono spesso francofoni e hanno una situazione economica e sociale difficile. É il caso, ad esempio, della Tunisia, che fornisce 13.000 studenti negli istituti di istruzione superiore francesi.
Questa riforma delle tasse universitarie, che è stata contestata in molte università, si aggiunge alla vertiginosa caduta del dinaro (la moneta tunisina) e alla limitazione del trasferimento di valuta, che sta già penalizzando le famiglie degli studenti all’estero, come riportato da Mediapart nel dicembre 2018.
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